Riforma della cooperazione, Cini: "Bene, ma non diminuire le risorse pubbliche"
ROMA - E' grande la soddisfazione dal Cini - Coordinamento Italiano delle Ong Internazionali per la riforma della cooperazione internazionale allo sviluppo diventata definitivamente legge dello Stato italiano. "E’ certamente una bella notizia perché la legge appena approvata è il frutto di un intenso e costante lavoro iniziato diversi anni fa - commenta Maria Egizia Petroccione, portavoce e coordinatrice del Cini – che ci ha coinvolto e che ha visto una qualificata partecipazione e un approfondito confronto fra tutti gli attori". A 27 anni dalla precedente legge, dopo 3 tentativi in sei diverse legislature, sono state recepite molte delle proposte presentate dalle Ong lungo il percorso parlamentare. Tra gli altri, la legge presenta un chiaro e forte riferimento ai principi della coerenza delle politiche e dell’efficacia dello sviluppo, nonché al potenziamento dei poteri d’indirizzo e di controllo del Parlamento sulle strategie, le politiche e le attività di cooperazione. La riforma prevede inoltre la creazione di un Comitato interministeriale (Cics), di un Consiglio nazionale (Cncs) e di un'Agenzia, con compiti diversificati ma in generale volti ad assicurare la programmazione, il coordinamento e l'attuazione delle strategie e dei programmi di cooperazione allo sviluppo. Stabilisce anche la redazione di un documento di programmazione e di indirizzo triennale della politica di cooperazione allo sviluppo e una relazione consuntiva delle attività svolte e della valutazione dei risultati.
Non pochi sono tuttavia i punti che meriteranno molta attenzione nella fase di normazione secondaria, secondo il coordinamento. Sarà infatti necessario stabilire in modo chiaro e stringente i criteri e le modalità per la partecipazione del privato profit, evitando il rischio di utilizzare la cooperazione per finalità improprie; e ancora, distinguere le competenze tra la nascente Agenzia e quel che resterà della Direzione generale per la Cooperazione allo Sviluppo (Dgcs). Potrebbe ridurre l'efficacia innovatrice della riforma anche il fatto che il Consiglio nazionale non abbia un ruolo concertativo ma solo consultivo e non possa autoconvocarsi, depotenziando notevolmente il suo peso e la sua portata; o che l'auspicato Fondo Unico per il raggruppamento di tutte le risorse della cooperazione allo sviluppo, su cui il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale avrebbe dovuto avere potere di indirizzo, coordinamento e definizione delle priorità, è stato sostituito da un semplice “allegato al bilancio”, ovvero uno schema riassuntivo delle risorse disponibili che tuttavia continuano ad essere gestire in sostanziale autonomia dai diversi dicasteri competenti.
Infine, l'auspico della Petroccione è che "l’enfasi sulla necessità di attrarre fondi privati per la cooperazione, tendenza in vero che si sta affermando a livello internazionale, non si dimostri una scusa per non incrementare, o peggio ancora, diminuire le risorse pubbliche per lo sviluppo. Ci sono paesi dove nessun investitore privato andrà mai e ci sono cose che nessuna azienda profit farà, ma che andranno fatte comunque".