11 marzo 2016 ore: 13:05
Non profit

Riforma, il Terzo settore avrà un Codice e un Registro unico

Confermati anche in Commissione al Senato i punti salienti della revisione organica di tutte le disposizioni vigenti in materia e della nascita di un Registro unico. Più attenzione alle attività che garantiranno benefici fiscali. Non passa la proposta di un obbligo generalizzato del certificato antimafia
Riforma terzo settore. Mani colorate e scritta

ROMA – Ci sarà una revisione organica della disciplina in materia di enti del Terzo settore, con la redazione di un vero e proprio Codice che conterrà tutte le disposizioni vigenti indicando tutte quelle dell'attuale normativa che si riterranno abrogate. La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha dato il suo via libera anche all'articolo 4 del disegno di legge delega che riforma il terzo settore, aggiungendo così un nuovo tassello all'opera di completamento del testo che la prossima settimana dovrebbe arrivare in Aula. Con questo, infatti, salgono a otto (sugli undici approvati alla Camera nell'aprile 2015) gli articoli la cui discussione in Commissione è ormai conclusa: di rilevante resta da affrontare ormai solamente il capitolo delle misure fiscali (art.9), al quale si è aggiunta in extremis la proposta del governo di istituire la Fondazione Italia Sociale per accelerare l'innovazione del settore (art. 9-bis). Sui due temi si discuterà nella seduta di martedì prossimo, 15 marzo.

Il testo passato in Commissione conferma non solo la nascita di un Registro unico nel quale compariranno tutti gli enti di Terzo settore, ma conferma anche il riordino e la revisione della disciplina del Terzo settore con la nascita del Codice del Terzo settore. Su quest'ultimo punto però, il testo - rispetto a quello approvato a Montecitorio - specifica meglio la richiesta al governo di individuare nei decreti attuativi quelle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, e il cui svolgimento costituisce requisito per l'accesso alle agevolazioni previste dalla normativa. Il testo prescrive che tali “attività di interesse generale” sono “individuate secondo criteri che tengano conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale nonché sulla base dei settori di attività”. E si introduce in aggiunta anche la delega ad “individuare criteri e condizioni in base ai quali differenziare lo svolgimento delle attività di interesse generale tra i diversi enti del Terzo settore”.

Viene precisato meglio anche il mandato al governo sui criteri per effettuare controlli sugli enti che svolgono una saltuaria attività d'impresa: secondo il testo dovranno essere individuati i “criteri che consentano di distinguere, nella tenuta della contabilità e dei rendiconti, la diversa natura delle poste contabili in relazione al perseguimento dell'oggetto sociale” e andranno inoltre definiti “criteri e vincoli in base ai quali l'attività d'impresa svolta dall'ente in forma non prevalente e non stabile risulta finalizzata alla realizzazione degli scopi istituzionali”.

Non sono stati approvati, avendo ricevuto parere negativo da parte del governo, gli emendamenti targati Area Popolare e Forza Italia, sottoscritti anche dal Movimento 5 Stelle, che puntavano a introdurre un sistema di controlli con particolare riguardo alle regole in materia di appalti e di rapporti di lavoro. D'Alì (Forza Italia) ha argomentato che fosse “indispensabile introdurre un accurato sistema di controlli sulle associazioni senza scopo di lucro, per evitare che enti solo apparentemente dediti a iniziative di carattere sociale traggano vantaggio dalle agevolazioni fiscali e contributive previste per il Terzo settore”. E anche Crimi (M5S) ha sottolineato la necessità di controllo visti gli “abusi da parte di associazioni che solo in apparenza non hanno scopo di lucro e che però traggono vantaggio dalla flessibilità consentita agli enti no profit in materia di appalti e rapporti di lavoro”. In risposta il sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali, Luigi Bobba, ha sottolineato che la nuova disciplina “consentirà di svolgere controlli particolarmente accurati, attraverso l'iscrizione degli enti del Terzo settore nel nuovo registro unico” e che “solo agli enti registrati, e che quindi soddisfino i requisiti previsti per l'iscrizione, sarà possibile godere della normativa di maggior favore prevista per gli enti no profit”. Bobba ha anche fatto notare che in ogni caso “agli enti del Terzo settore che partecipino alle gare d'appalto si applicano le stesse regole previste in tema di appalti e rapporti di lavoro vigenti per tutte le attività imprenditoriali”.

E' stato altresì respinto un emendamento (presentato dalla senatrice Pd Granaiola e peraltro già bocciata dalla Commissione Bilancio) che puntava ad introdurre l'obbligo di acquisire la certificazione antimafia nel momento in cui gli enti provvedono alla registrazione al nuovo Registro unico del Terzo settore. Il testo approvato alla Camera, e finora confermato anche al Senato, prevede che ciò avvenga solamente in alcuni casi, casi che il governo è chiamato a definire nei decreti delegati. Bobba ha sottolineato al riguardo di ritenere “irragionevole richiedere la certificazione antimafia, addirittura all'atto della registrazione, anche ad associazioni di volontari di piccole dimensioni”, anche considerando che “in questo modo si determinerebbe un notevole aggravio per le amministrazioni incaricate di rilasciare la certificazione”. Di parere opposto, oltre ad una parte del Pd (la senatrice Lo Moro indicava l'obiettivo di ridurre sensibilmente i rischi di infiltrazioni criminali), erano anche il M5S (con Crimi) e Forza Italia, che con D'Alì aveva proposto di stabilire una soglia di capacità economica e finanziaria, oltre la quale gli enti siano tenuti a presentare la certificazione antimafia per richiedere l'iscrizione al Registro unico. (ska)

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