14 ottobre 2014 ore: 15:58
Non profit

Riforma terzo settore, avanti piano: sull’impresa sociale “delega troppo aperta”

Va avanti, nei ritagli di tempo, in commissione Affari sociali a Montecitorio, la discussione generale del ddl delega di riforma del terzo settore. Dopo la relazione introduttiva, gli interventi del sottosegretario Bobba e dei deputati Patriarca e Beni. Con una sfilza di punti “da chiarire”

ROMA – Primi timidi passi, e qualche indicazione sulle parti del testo da chiarire e da modificare, per la legge delega di riforma del terzo settore: nei ritagli di tempo, con tre brevissime sedute nel giro di una settimana, la Commissione Affari sociali ha avviato la discussione generale del provvedimento: alla relazione introduttiva di Donata Lenzi, la capogruppo del Pd in commissione scelta come relatrice del testo, che era già intervenuta il 1° ottobre, sono seguiti l’intervento del sottosegretario al ministero del Lavoro e Politiche sociali, Luigi Bobba, e quelli di due dei parlamentari che hanno seguito più da vicino l’iter della riforma, Edoardo Patriarca e Paolo Beni.(Pd). Si tratta di interventi dal carattere generale, che non scendono nei dettagli ma che danno già qualche indicazione di massima su ciò che ci aspetta nei prossimi mesi. Una discussione generale alla quale parteciperanno anche gli altri componenti della Commissione e che sarà poi seguita da una serie di audizioni che si preannuncia particolarmente folta: tante sono infatti le organizzazioni del terzo settore, e non solo, che hanno chiesto di essere sentiti all’inizio dell’iter legislativo della legge delega di riforma. Il cammino del testo potrà pure essere celere e veloce – come gli stessi Bobba e Patriarca hanno auspicato – ma non sarà certamente un cammino lampo.

Abbinamenti
Tanto per iniziare, su proposta del presidente della Commissione, Pierpaolo Vargiu, all’esame del testo di legge delega (2617) sono state abbinate altre due proposte di legge, le numero 2071 e 2095. Si tratta di provvedimenti incentrati sulle stesse materie oggetto della delega: la prima (dei deputati Maestri ed altri) riguarda le modifiche al testo unico delle imposte sui redditi in materia di “rimborsi di spesa erogati dalle organizzazioni di volontariato ai propri membri”, mentre la seconda (Bobba ed altri) contiene disposizioni sulla disciplina dell'impresa sociale, le agevolazioni fiscali, la redistribuzione degli utili e misure per il suo sviluppo”. Si tratta di un abbinamento in qualche modo obbligato, previsto espressamente dall’articolo 77 del regolamento, che non dovrebbe comportare alcun ulteriore aggravio dal punto di vista dei tempi di discussione.

Bobba
Nel suo intervento in apertura di discussione generale, il sottosegretario Bobba ha richiamato i punti essenziali del provvedimento, rimandando ad un nuovo intervento – al termine del dibattito – l’analisi dei singoli punti. Nel suo breve discorso chiarisce che lo scopo del ddl delega è quello di dare una disciplina omogenea agli enti che operano nel terzo settore, attraverso un riordino normativo che affronti anche la complessa disciplina fiscale di riferimento, il tutto secondo il dettato dell’articolo 118 della Costituzione, e che insieme a questo si è scelto di affrontare i temi dell’impresa sociale e del servizio civile. L’auspicio espresso è che la Commissione possa procedere celermente nell'esame del provvedimento e che vi sia la più ampia convergenza sui contenuti essenziali.

Patriarca
Giudizio complessivamente positivo sul ddl delega arriva da Edoardo Patriarca, che parla però di “testo migliorabile in alcuni passaggi”. In particolare, il deputato del Pd si sofferma sull’importanza della sfida di individuare con esattezza quali siano i soggetti realmente facenti parte del terzo settore e pertanto meritevoli di usufruire di eventuali facilitazioni. Sul servizio civile chiede la reintroduzione della possibilità che esso sia svolto anche da giovani stranieri residenti in Italia e sull’impresa sociale – la “seconda gamba”, accanto al volontariato, delle attività del terzo settore – sottolinea i possibili risvolti occupazionali di un loro rilancio. Anche da lui, un auspicio di “tempi rapidi” per un esame “approfondito” del testo e numerosi accenni alla necessità di uno stanziamento adeguato di risorse.

Beni
Nei suoi dieci minuti di intervento, anche Paolo Beni (Pd) valuta positivamente il provvedimento, dicendo però chiaramente che “può essere ulteriormente migliorato eliminando alcuni punti critici” che potrebbero avere conseguenze negative al momento dell'adozione dei decreti legislativi di attuazione. Beni vorrebbe una delega “più stringente”, sottolinea l’importanza di una definizione puntuale dei soggetti interessati (anche perché su questa base vi saranno misure di sostegno economico) e ipotizza la possibilità di graduare obblighi e vincoli sulla base delle dimensioni degli stessi. Il tutto mantenendo però un “corretto equilibrio tra la costitutiva e l'attività svolta dei soggetti operanti nel terzo settore”. Per il deputato del Pd andrebbero meglio definiti gli strumenti normativi con cui procedere al riordino della legislazione sul terzo settore: si è infatti ipotizzato – fa notare – sia un aggiornamento della normativa esistente, sia una riscrittura del libro primo del Codice civile, sino ad arrivare alla possibile elaborazione di un testo unico sulla materia. Una indicazione definitiva, fa intendere l’ex presidente dell’Arci, sarebbe la benvenuta. Qualche appunto Beni lo fa anche sull’impresa sociale, affermando che la delega appare “troppo aperta”, a partire dalla definizione stessa di impresa sociale, eccessivamente ampia e dai confini labili. E sulla revisione dell'attuale disciplina dell'attribuzione facoltativa della qualifica di impresa sociale, evidenzia come non è chiaro se il governo intende mutare il regime di accesso da opzionale ad automatico e, in quest’ultimo caso, sulla base di quali parametri ciò possa avvenire. Sempre sul tema, chiede anche una definizione più puntuale dei limiti entro i quali possa avvenire la remunerazione del capitale e alla ripartizione degli utili prevista dalla delega. Dall’impresa sociale al servizio civile per chiedere “coerenza”: il servizio è supporto alla comunità, dice Beni, e va evitato il suo utilizzo improprio per sopperire alla mancanza di lavoro per i più giovani. Il rapporto giuridico dei giovani deve rimanere allo Stato e il servizio civile può essere esteso anche agli stranieri residenti. In ogni caso, osserva, su tutti gli aspetti del provvedimento serve uno stanziamento di risorse adeguato, capace di garantire attuazione ed efficacia. E quanto ai compiti di coordinamento e vigilanza, bisogna chiedersi – conclude – se la struttura di missione prevista dall’attuale testo sia in grado di effettuare il proprio compito o se essa non risulti troppo debole rispetto a quella di una possibile Autorità che si occupi del terzo settore.  (ska)

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