Rifugiati e dialogo, la via emiliana per gestire il malcontento
BOLOGNA - Dopo gli scontri a Tor Sapienza a Roma, il presidente del locale municipio ha chiesto l’apertura di un tavolo con residenti e immigrati, poi ha aggiunto: “Di certo non siamo disposti a trattare con chi dice ‘bruciamoli’ o ‘mandiamoli via’”. “La crisi economica acuisce questa guerra tra poveri”, commenta a proposito la cooperativa Lai Momo, che nel bolognese gestisce alcune strutture che accolgono migranti, tra cui Villa Angeli a Sasso Marconi.
Lai Momo racconta delle realtà molto diverse, tra quelle di cui si occupa: ce ne sono alcune molto seguite, che a livello d’integrazione possono dare ottimi risultati, e altre che, anche numericamente, non sono gestibili: “Chi ha ottenuto lo status di rifugiato ha la possibilità di rientrare in progetti o nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), quelli arrivati con Mare Nostrum sono abbandonati a loro stessi. A Bologna sono arrivate 3 mila persone in 6 mesi: numeri impressionanti. Non ci sono le condizioni per lavorare per l’integrazione”. Non solo: secondo la cooperativa ai grandi numeri si aggiungono i pochi fondi a disposizione che fanno il paio con i bandi al massimo ribasso. “Facciamo quello che possiamo, diamo vitto, alloggio e assistenza sanitaria, ma non programmi specifici di accompagnamento che per dare buoni risultati avrebbero bisogno di condizioni ben diverse. Davanti a uno Stato in enorme difficoltà, con un tasso di disoccupazione così elevato, cosa possiamo pretendere?”.
L’analisi, però, è affiancata da dati parzialmente confortanti, perché gli ospiti delle strutture di Lai Momo non sono mai stati vittime di razzismo o intolleranza: “Questo è un territorio più accogliente di altri, abituato a gestire le vicende in maniera più appropriata. Ma c’è comunque un grandissimo malcontento, che speriamo non sfoci in nulla di più grave. In ogni caso, i rischi più grossi si corrono nelle strutture più grandi, come Villa Angeli, Villa Aldini o l’ex Cie: più i centri sono piccoli, più sono facili da gestire. L’integrazione è un tema serio che va gestito bene, dove conta soprattutto quello che tu riesci a dare: oggi lo Stato ha problemi seri, questa materia va maneggiata con attenzione”.
E nelle altre province della Regione? A Reggio Emilia i cittadini stranieri residenti sono il 18,2 per cento del totale. “Sul territorio provinciale sono arrivate 240 persone attraverso il programma d’accoglienza legato agli sbarchi di Mare Nostrum. Non è semplice tenere tutto insieme, ma i risultati li definirei positivi”, spiega Luigi Codeluppi della cooperativa reggiana Dimora D’Abramo. “Quando arrivano, per le prime settimane vengono ospitati in albergo, poi cerchiamo appartamenti sul territorio. Insomma, vogliamo per loro una soluzione il più personalizzata possibile”.
Dimora d’Abramo è molto legata allo Sprar: “Facciamo il possibile per mettere i profughi in contatto con il territorio e viceversa”. Come? Attraverso percorsi d’orientamento e formazione, corsi di alfabetizzazione, spesso chiedendo la collaborazione di strutture già esistenti, per chiedere a tutti di contribuire al buon risultato finale. “Quando indirizziamo un migrante magari in un paesino piccolo, chiediamo subito all’amministrazione di indicarci le associazioni attive sul territorio. Così i ragazzi – nella maggior parte dei casi molto giovani – fanno un po’ di volontariato, partecipano ad attività culturali, o fanno lavoretti di pubblica utilità. Spesso li aiutiamo a inserirsi in realtà sportive, con ottimi risultati. Insomma, cerchiamo di tenerli impegnati”.
Codeluppi racconta di varie iniziative: corsi sulla raccolta differenziata con la multiutility Iren; corsi di prevenzione all’abuso di sostanze alcoliche o all’uso di stupefacenti con la Croce Rossa, l’Asl e l’unità di prevenzione; corsi di conoscenza del mondo del lavoro con i sindacati. “Certo, all’inizio i cittadini sono un po’ preoccupati, ma lavoriamo molto anche con loro. Organizziamo momenti pubblici per presentare i nuovi arrivati, per mettere tutti a conoscenza di quello che sta succedendo. Questo aiuta a comprendere di più. Poi, capita che appena diamo un appartamento a un profugo, il vicino di casa ci chiami per sapere chi è, che fa, da dove viene. Noi glielo spieghiamo, e nella maggior parte dei casi tutto va a posto. Soprattutto, spieghiamo sempre a tutti come vengono impegnate le risorse, che a oggi è fondamentale. Dovessi fare un bilancio, sarebbe positivo: il timore per quello che ci riserva il futuro è condiviso, ma in fin dei conti la nostra gestione è civile e tranquilla. E anche un piccolo problema può trasformarsi in una grande opportunità”. (Ambra Notari)