Rifugiati, Scalabriniane: “Non ci sono popoli migliori di altri, serve integrazione”
ROMA - “Non ci sono popoli migliori o peggiori di altri. Ci sono ricchezze e povertà distribuite male, e ci sono Paesi ricchi economicamente ma che devono ancora crescere di cuore. Gli oltre 50 milioni di rifugiati che nel mondo cercano rifugio, sono una grande opportunità perché fanno crescere le nazioni che li ricevono, che li accolgono e li includono sotto un punto di vista culturale, sociale ed economico. Chi è vissuto in guerra vuole solo la pace”. Lo sottolinea in una nota suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane, che invita a seguire l’esempio di madre Assunta Marchetti in Brasile (dove la suora oggi beata operò per dare supporto alla popolazione italiana che viveva lì) nelle politiche di accoglienza ai migranti.
“Possiamo dubitare che i rifugiati non siano capaci di volere la pace? Assolutamente no, perché la sognano ogni notte e ogni giorno. Sono loro gli artefici del dialogo pacifista nel pianeta: per loro le frontiere non esistono – continua suor Neusa -. Fanno migliaia di km nel deserto prima di arrivare su una costa e poi fare altri chilometri in mare superando tutti gli ostacoli che il mondo gli frappone. Una donna, ormai più di un secolo fa, partì dall'Italia verso il Brasile: si chiamava Assunta Marchetti, seguiva un illuminato vescovo italiano che ha vissuto fedelmente il carisma del Beato, Giovanni Battista Scalabrini. Lei andò lì, ad aiutare gli italiani che cercavano sviluppo con speranza. Loro partivano dalle coste italiane con le valigie di cartone e stavano sotto le stive delle navi, oggi arrivano sulle coste italiane con un in mano un misero sacchetto di plastica”. Per Suor Neusa, dunque, quello deve essere il modello per la Chiesa e per la società. “Per capirlo basta guardare in questo caso qualche sterile risultato economico: il Brasile è oggi uno dei Paesi del Brics, cioè di quelle nazioni (insieme a Cina, India, Sudafrica e Russia) che maggiormente si stanno sviluppando – conclude - Un po' lo dobbiamo anche a loro, che senza saperlo hanno contribuito a creare modelli di integrazione che fecero di quei migranti che oggi hanno figli la nuova classe dirigente nella società brasiliana”.