Rifugiati siriani in Giordania: il 41% non va a scuola, aumentano le spose bambine
Foto Unicef
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ROMA - A sette anni dalla crisi in Siria, il numero dei profughi in Giordania non diminuisce: sono 660.582 i rifugiati siriani registrati (51%), di cui 337.557 hanno meno di 18 anni e 102.390 meno di cinque anni. A dirlo è l’Unicef che questa mattina ha presentato a Roma i dati sulle attività svolte in favore dei più piccoli nel Paese giordano.
“La Giordania è lo Stato che accoglie più rifugiati in rapporto alla sua popolazione. Sulle sue spalle grava un enorme onere”, ha spiegato Robert Jenkins, rappresentante Unicef in Giordania. “In questi anni molti bambini sono cresciuti nei campi profughi e man mano che passa il tempo le famiglie sono sempre più vulnerabili. In una situazione di crescente difficoltà, sono i bambini a farne le spese. Abbiamo registrato un aumento del lavoro minorile e un aumento del numero di matrimonio precoci. Attualmente il 36 per cento dei nuovi matrimoni registrati tra i siriani coinvolge una ragazza minorenne che non ha compiuto ancora i 18 anni”. Nel 2011 la percentuale era del 12 per cento, nel 2012 del 18 per cento, nel 2013 del 25 per cento e nel 2014 del 32 per cento.
Nel 2016 l’Unicef ha intercettato circa 670 bambini costretti a matrimonio infantile, attraverso servizi specializzati nella gestione di questi casi. In Giordania il 3,7 per cento delle ragazze tra i 13 e i 17 anni sono sposate. Poco più del 13 per cento di tutti i matrimoni registrati coinvolgono bambini. Di tutti i bambini che si sposano precocemente in Giordania, il 96 per cento sono bambine.
“La strategia che abbiamo messo in piedi per cercare di prevenire il fenomeno delle spose bambine è quella di dare sostegno alle famiglie e aumentare le opportunità di scolarizzazione. Per i soggetti più a rischio vi è un meccanismo di protezione sociale: vengono offerti 27 euro al mese per permettere ai bambini di andare a scuola. Il ministero dell’istruzione ha stabilito che tutti i bambini devono avere accesso all’istruzione, indipendentemente dalla loro nazionalità. Noi incoraggiamo questa iniziativa. Siamo consapevoli che questo impegno comporta un aumento dei docenti e un miglioramento delle strutture. Attualmente ci sono 212.000 bambini siriani in età scolastica e il 41 per cento non frequenta regolarmente le lezioni. Abbiamo avviato iniziative porta a porta per assicurare che tutti abbiano accesso ad una scuola”, ha continuato Jenkins.
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L’impegno di Unicef mira anche ad assicurare a tutti i rifugiati l’accesso ad una fonte idrica. “La Giordania è al secondo posto nel mondo per mancanza d’acqua, ha un clima desertico. Si sta lavorando per assicurare che vi sia una maggiore attenzione verso questo aspetto. Con il governo stiamo cercando di potenziare le attività di manutenzione delle reti idriche. Non vogliamo che questa sia una generazione perduta. Se non si danno risposte adeguate i ragazzi di domani non potranno sfruttare al meglio il pieno potenziale delle loro capacità”.
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Jenkins ha ringraziato il governo italiano per l’impegno in Giordania a favore dei rifugiati. Nel 2013 l’Italia ha donato 3,1 milioni di euro per l’iniziativa “No Lost Generation”, contribuendo ai programmi di protezione e istruzione dell’Unicef in Giordania. Un nuovo contributo di 1,5 milioni è stato recentemente impegnato per supportare la protezione sociale integrata (sussidi in denaro) e i servizi formativi per i bambini più vulnerabili, che aiuterà migliaia di minori siriani rifugiati che non seguono un percorso formativo a tornare a scuola a settembre quest’anno.
Jenkins ha, infine, fatto un appello alla comunità internazionale: “L’attenzione del mondo deve restare desta e continuare a sostenere il governo giordano che non può farcela da solo”.