Rifugiati, Ue alla disperata ricerca di una soluzione comune
Mediterraneo. Soccorso in mare. Foto: Francesco Zizola/NOOR/Medici Senza Frontiere (MSF)
BRUXELLES - L'Austria non ha alternative alla reintroduzione dei controlli alle proprie frontiere visto il “caos disorganizzato” che caratterizza l'approccio Ue alla crisi dei rifugiati. Nelle parole del cancelliere austriaco, Werner Faymann, c’è tutto quello che sta spaccando l’Europa. C’è la scarsa fiducia degli Stati membri in una soluzione europea ad una situazione senza precedenti e c’è l’estremo tentativo di provare a salvaguardarsi come si può, a scapito di tutto, a partire dalla stessa idea di Europa. Idea minacciata, ogni giorno di più, da nuove chiusure, nuove tensioni. Si è arrivati addirittura allo scontro aperto tra migranti e forze dell’ordine, ai feriti, al lancio di lacrimogeni. Succede a Calais, dove profughi disperati non accettano lo sgombero di baracche in mezzo al fango, per non dovere definitivamente rinunciare al sogno di riuscire, in qualche modo, ad attraversare la Manica e iniziare una nuova vita in Gran Bretagna. Succede al confine settentrionale di una Grecia che esplode e che deve fare i conti con paesi della rotta balcanica sempre meno disposti a lasciare transitare i migranti verso nord. Così sta facendo la Macedonia, che ha limitato gli ingressi a pochi rifugiati al giorno, bloccando migliaia di persone al confine greco-macedone, mentre gli arrivi continuano ancora e ancora. Situazioni insostenibili, che devono essere risolte nel giro di pochi giorni, pena, ha avvertito la stessa Commissione europea, il collasso dell’intero sistema. “Siamo molto preoccupati dalle immagini viste”, ammette il portavoce della Commissione europea, secondo cui scene di questo tipo “ci ricordano ancora una volta che la sola soluzione”, alla crisi dei rifugiati, “deve essere collettiva e europea”, altrimenti “tutte le misure prese non saranno mai all’altezza delle nostre ambizione”.
E l’ultimo tentativo per provare a evitare il peggio e recuperare una strategia europea, è affidato al presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk che da oggi è in viaggio a partire da Vienna, e poi giù, passando da Lubiana, Zagabria, Skopje, Atene e infine Ankara e Istanbul. Una sorta di percorso al contrario lungo la rotta che migliaia di migranti tentano di percorrere ogni giorno. Un viaggio per provare a ricucire gli strappi e convincere tutti a collaborare alla ricerca di una soluzione comune. “Stiamo aprendo un nuovo capitolo della nostra lotta con la crisi dei rifugiati che si chiama 'ritorno a Schengen'”, ha annunciato Tusk da Vienna, insistendo che “dobbiamo tornare ad una situazione in cui tutti gli Stati membri, senza eccezioni, applicano pienamente le regole comuni”. Un richiamo, seppure indiretto, contro la linea dura che Vienna ha deciso di mettere in atto, imponendo un tetto massimo ai richiedenti asilo che saranno accolti o anche soltanto lasciati transitare nel Paese e prevedendo nuove barriere ai confini, Brennero incluso. Ma Faymann non sembra disposto a cedere: l'Austria non è “una sala d'aspetto per la Germania” e non accetterà “la politica di lasciare passare i migranti”, ha tagliato corto Faymann, per nulla persuaso dalla discussione di Tusk.
Come in Austria, così anche nel corso delle prossime tappe, il presidente del Consiglio europeo tenterà di strappare la promessa di una rinuncia a misure unilaterali, per provare a mettere in atto una soluzione congiunta. Il momento della verità, per capire se ci si possa in qualche modo arrivare, sarà l’ennesimo vertice straordinario sull’immigrazione in programma per lunedì, quando a Bruxelles arriveranno anche i rappresentanti del governo turco. L’Ue resta infatti convinta che un vero cambio di passo nella gestione della crisi dei rifugiati possa arrivare soltanto grazie alla collaborazione di Ankara che dovrebbe, secondo gli accordi presi, limitare le partenze dalle sue coste verso la Grecia. Fino ad ora i risultati non sono stati soddisfacenti: Bruxelles vuole chiedere al governo turco di fare di più, ma deve essere pronta, in cambio, ad offrire collaborazione su un programma di reinsediamenti di una parte dei rifugiati direttamente dalla Turchia a paesi europei. Il problema è che non tutti gli Stati sono disposti a collaborare.