Rifugiati, un lavoro dopo l'accoglienza? "Si potrebbe creare una cooperativa"
BOLOGNA – Sono circa 300 i profughi attesi all’hub di accoglienza di via Mattei in queste ore: uomini, donne e tantissimi bambini. Per fare loro posto, la struttura è stata svuotata, le persone che accoglieva fino a pochi giorni fa sono state spostate in altre strutture: una cinquantina sono al dormitorio Zaccarelli di via del Lazzaretto, un altro centinaio è stato diviso in diversi centri in regione. Negli ultimi 7 mesi, l’hub ha accolto oltre 3 mila persone, soprattutto eritrei, somali e libici. Il sindaco di Bologna Virginio Merola ha chiesto un cambio di passo: “Serve una risposta utile agli arrivi di profughi nel nostro Paese; servono più risorse, c’è in gioco la convivenza civile. Questa situazione richiede strumenti eccezionali: l’Italia non può essere lasciata sola dall’Europa”.
Un cambio di passo che a San Lazzaro, alle porte di Bologna, è nelle intenzioni dell’Opera Padre Marella: “Li salviamo dai barconi, diamo loro un documento. E dopo? Che prospettive hanno – si chiede Massimo Battisti, responsabile della Padre Marella – ? Tanti vogliono andarsene dall’Italia, ma qualcuno vuole rimanere. E tra chi sceglie di restare, ci sono giovani di talento, un talento che aspetta solo di potersi esprimere”. L’Opera Padre Marella, a San Lazzaro, partecipa ai progetti legati a Mare Nostrum e, insieme con l’amministrazione e altre realtà del terzo settore, è impegnato – al momento – nella gestione dell’accoglienza di una trentina di giovani migranti: “È una gioia vederli andare a teatro, o addirittura esibirsi sul palcoscenico con le compagnie del Teatro dell’Argine: in fondo, sono semplicemente ragazzi di 20 anni che vogliono fare cose belle. Con loro portiamo avanti un laboratorio di artigianato, facciamo accessori, lavoriamo sulla manualità. E se alla fine di questa prima accoglienza qualcuno volesse fare formazione-lavoro, impegnarsi per aiutare la comunità?”. E racconta di come, il giorno della nevicata in paese, si fossero messi a totale disposizione: la prima ora hanno spalato neve negli spazi comuni. La seconda, l’hanno fotografata: non l’avevano mai vista. Poi, sono andati da chiunque ne avesse bisogno: anziani, vicini di casa, negozi.
“Attenzione: io per loro non penso a un percorso privilegiato, sull’onda emotiva di questi giorni. Non voglio scatenare una cosiddetta guerra tra poveri. Sono moltissime le persone che stanno aspettando la propria occasione. Non ci deve essere competizione, e io mi chiedo solo una cosa: perché no? Perché non provare ad aiutare anche loro? Bisognerebbe creare qualcosa in grado di dar loro la possibilità di impegnarsi a livello lavorativo. Magari si potrebbe creare una cooperativa, ma i tempi non sono clementi per quel tipo di realtà. Ma il problema non è quello: il problema è creare lavoro”. Lavoro, l’urgenza numero uno, come dice Battisti. Lavoro per le mamme, per i giovani, per gli esodati, per i migranti: “Se non si crea occupazione, non se ne esce: il succo è questo. E la politica dovrebbe concentrarsi proprio su questo aspetto”.
Politica sui migranti alimentata quotidianamente dalle dichiarazioni anche del leader della Lega Nord Matteo Salvini: “Bisogna togliergli ogni arma demagogica, ma non pensare che tutto quello che dice sia sbagliato a prescindere. Per esempio, servirebbe impegnarsi davvero molto di più per la massima trasparenza: i soldi che si impegnano per l’accoglienza vanno gestiti adeguatamente. Alla base di tutto ci deve essere un principio umanitario molto forte: per arrivare sin qui hanno rischiato di morire. Che tipo di vita possiamo offrire loro?”. Offrire casa e lavoro, oggi, non è più possibile, spiega Battisti: “Non li abbiamo. E allora che fare? Mettere in moto un meccanismo d’orientamento che non si limiti al reperire cibo e un letto, ma al realizzare prospettive. Di questo argomento non ce ne stiamo occupando abbastanza, e dovremmo tutti cominciare a farlo seriamente”. (Ambra Notari)