Rifugiato o migrante? L’importanza di scegliere le parole giuste
- BOLOGNA – “Definendo una persona ‘migrante’ oppure ‘rifugiata’ stai facendo una distinzione legale, le parole non sono intercambiabili”. È quanto si legge sul profilo Facebook di #TheWordisRefugee (La parola è rifugiato), la campagna che ha come obiettivo quello di sensibilizzare i media sull’uso di termini corretti quando parlano di rifugiati. “Un rifugiato è una persona che si trova fuori dal proprio Paese di origine e che non può rientrarvi perché c’è il rischio fondato che venga perseguita per motivi etnici, religiosi, opinioni politiche”, si legge sulla pagina della campagna. Ma come distinguerlo da un migrante? Lo spiega, nell’intervista pubblicata sul sito della campagna, Barry Andrews, direttore di Goal, un’organizzazione internazionale con base in Irlanda (e sedi nel Regno Unito e negli Usa) coinvolta nell’assistenza sul territorio in Siria: “Il modo migliore per capire la differenza tra rifugiati e migranti è verificare se stanno scappando da qualcosa o se ci sono altri fattori, economici ad esempio, che li invogliano a spostarsi verso Paesi più attraenti”. Andrews riporta l’esempio della Siria dove “gli abitanti vivono in condizioni scioccanti che continuano a peggiorare, subiscono torture, vivono nella paura e rischiano costantemente la morte”. Secondo Andrews “i media hanno un ruolo vitale nel rappresentare queste persone mentre spesso utilizzano questi due termini come se fossero sinonimi”. Ma usare la parola ‘migrante’ quando si parla di una persona in fuga “significa screditare la terribile situazione da cui sta scappando e spesso i media utilizzano migrante al posto di rifugiato”. Con evidenti effetti sull’opinione pubblica, “che viene influenzata in modo negativo se si usa la parola ‘migrante’ al posto di ‘rifugiato’”.
Qualche mese fa anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha lanciato una campagna sull’uso corretto delle parole. “Con quasi 60 milioni di persone che, nel mondo, sono costrette a lasciare la propria casa e le traversate del Mediterraneo in prima pagina quasi ogni giorno, è sempre più comune vedere i termini ‘rifugiato’ e ‘migrante’ usati in maniera intercambiabile, sia sui media che nei dibattiti”. Ma tra le due parole c’è differenza? “La differenza c’è ed è importante: i due termini hanno significati diversi – spiega l’Unhcr – I rifugiati fuggono da guerre e persecuzioni, da situazioni pericolose e intollerabili e cercano protezione nei Paesi vicini, i migranti scelgono di spostarsi per migliorare la propria vita attraverso il lavoro, per l’istruzione, per ricongiungersi con la propria famiglia o per altri motivi”. I rifugiati sono definiti e protetti dal diritto internazionale e se riconosciuti tali hanno diritto all’assistenza da parte degli Stati, dell’Unhcr e di altre organizzazioni. Per loro sarebbe troppo pericoloso tornare a casa e il rifiuto della richiesta di asilo ha conseguenze potenzialmente mortali. I migranti, invece, non corrono rischi a ritornare nel loro Paese, se scelgono di tornare a casa continueranno a ricevere la protezione del loro governo.
Rispetto alle persone che sono arrivate nel 2015 via mare in Grecia, in Italia e in altri Paesi, l’Unhcr ritiene che “la maggioranza provenga da Paesi in guerra o considerati origine di grandi flussi di rifugiati e per i quali è necessaria la protezione internazionale, ma c’è una percentuale più piccola che arriva da altri Paesi che potrebbero essere definiti migranti”. L’Alto Commissariato utilizza quindi l’espressione ‘rifugiati e migranti’ in riferimento agli spostamenti via mare o in altre circostanze in cui si ritiene che vi possano essere entrambi i gruppi, usa ‘rifugiati’ per chi fugge da guerre o persecuzioni attraversando un confine internazionale e ‘migranti’ per chi si sposta per motivi non compresi nella definizione giuridica di rifugiato. “La speranza è che gli altri riflettano sul fare lo stesso. Scegliere le parole è importante”. (lp)