Rom e rifugiati, nelle periferie di Torino cittadini sull'orlo della rivolta
TORINO - Con un po’ d’immaginazione, è lecito supporre che sabato, in tarda serata, il sindaco Fassino abbia tirato un sospiro di sollievo. Perché stavolta le carte in tavola per un pomeriggio di guerriglia urbana c’erano tutte: da una parte l’Anpi provinciale con un blocco di attivisti del movimento antagonista; dall’altra i comitati di quartiere, che continuano a professarsi spontanei e apolitici, ma sono, per così dire, “organizzati” da Forza nuova, una delle principali sigle dell’estrema destra italiana. In mezzo - presidiata dai reparti antisommossa - via Emanuele Artom, zona Mirafiori, il più grande agglomerato popolare di Torino. Anni fa, prima della riqualificazione del 2006, era questo il vero bronx della città, feudo dei catanesi e di altre bande della criminalità organizzata. A guardare le statistiche, oggi parrebbe diventato uno dei quartieri più tranquilli: ma è proprio ultimamente che quella parola, che da settimane rimbalza per le periferie di mezza Italia, ha iniziato a risuonare anche qui.
A portare il “degrado” a Mirafiori, secondo Tiziana Bertinetti e Marina Battistella, promotrici del comitato “Riprendiamoci il quartiere”, sarebbero stati i rom dell’insediamento di via Artom: una quindicina di famiglie fuggite dalla Bosnia nel ’92, che qualche anno fa hanno parcheggiato le loro roulotte nella zona di parco Colonnetti. È certo che qualche problema lo hanno creato, perché da anni vivono in un accampamento spontaneo, tra falò a cielo aperto e senza servizi igienici. “E quindi - spiega Antonio, anziano residente del quartiere - i loro bisogni li fanno in strada e vivono in condizioni di igiene precaria. Ma sono qui da dieci anni e nessuno ha mai pensato di costruirgli almeno un bagno chimico”. Per il resto, nel quartiere le voci sembrano discordanti: si parla di furti, scippi, prepotenze; “si sente spesso ripetere che sarebbero entrati in alcuni appartamenti - continua Antonio - ma non c’è mai nessuno che riesca a dire dove, o a casa di chi”.
Da giorni, comunque, di loro non c’è più traccia: lo scorso 7 novembre una prima fiaccolata con duecento manifestanti deve averli convinti che fosse meglio andar via. Sabato pomeriggio i comitati erano comunque intenzionati a fare il bis: ma nella rotonda di strada Castello di Mirafiori i manifestanti arrivavano a una cinquantina appena; costretti a un presidio stanziale dall’intervento della questura, che ha chiesto loro di spostarsi di qualche centinaio di metri per evitare il contatto tra i due schieramenti. A più riprese, Battistella e Bertinetti hanno ribadito l’estraneità del comitato rispetto a qualsivoglia bandiera politica; ma il presidente di circoscrizione, Marco Novello (Sel), parla apertamente di “un tentativo di strumentalizzazione dei cittadini da parte dell’estrema destra”. Quel che è certo è che a mettere a disposizione camion, impianto audio e gazebo è stata la sezione locale di Forza nuova; che su facebook rivendica la paternità del presidio, ma solo per quanto riguarda l’organizzazione “tecnica”.
Qualcosa di simile, dieci giorni fa, era già accaduto con i rifugiati dell’ex Moi (ancora una volta in zona Mirafiori), il complesso residenziale allestito per gli atleti delle Olimpiadi del 2006 e occupato nel 2013 da circa 400 profughi. Il 17 novembre, su proposta del gruppo consiliare di Fratelli d’Italia, la giunta cittadina ha autorizzato un’ispezione della struttura. Subito dopo, però, qualcuno in comune deve essersi accorto che la tempistica non era delle migliori, dal momento che a Roma la guerriglia contro i rifugiati di Tor Sapienza stentava ancora a fermarsi: e così, all’ultimo momento, non se n’è fatto più nulla. Ma il capogruppo FdI, Maurizio Marrone, non ha voluto starci; e davanti alla struttura ha portato comunque una delegazione di militanti leghisti e dell’estrema destra. Anche stavolta, ad attenderli, assieme ai rifugiati c’erano gli attivisti dei centri sociali; tra i due schieramenti sono volati insulti e spintoni, ma a separarli c’era la polizia e ancora una volta il peggio è stato scongiurato.
Per quanto ancora, però, non è dato saperlo: perché è evidente che anche nelle periferie sabaude il malessere ha preso a covare sotto la cenere; e già ci sono attori politici che se ne contendono la regia. “Come in tutte le grandi città - spiega Ilda Curti, assessore alla Rigenerazione urbana - anche Torino esistono fenomeni sociali complessi, che in tempo di crisi rischiano di sfociare in aperto conflitto. E come nel resto d’Italia, anche qui ci sono piromani che non vedono l’ora che questo accada. Nella zona dell’ex Moi, per il momento, non hanno trovato alcun appoggio da parte dei residenti; ma in via Artom la situazione è più complessa”. Secondo Curti, “dati alla mano, in quella zona l’arrivo dei rom non è coinciso in alcun modo con un aumento di denunce per furto o altri reati. Ma è chiaro che dei problemi ci sono: il fatto che accendano dei fuochi a poche decine di metri dai palazzi o facciano i bisogni in strada crea disagio ai residenti. Il punto è che non saranno le fiaccolate e i presidi a far sì che questo possa cambiare: tutto ciò che hanno ottenuto è di metterli in fuga per qualche giorno. Con il presidente di circoscrizione, Marco Novelli, e grazie all’aiuto di una mediatrice culturale rom, noi abbiamo scelto di dialogare con queste persone, creando percorsi di integrazione e garantendo che almeno i bambini andassero a scuola. E abbiamo già convinto alcune famiglie a spostarsi da lì, dal momento che quell’insediamento è del tutto improvvisato”.
Prevedibilmente, sono proprio i dirigenti locali i più preoccupati. Due settimane fa, Giorgio Rizzuto, presidente della nona circoscrizione, lamentava apertamente che nessuno lo avesse avvisato dell’ispezione in arrivo all’ex Moi. “Io non voglio insegnare il mestiere alla Giunta - aveva dichiarato - ma qui si rischia una rivolta. Noi stiamo facendo di tutto per favorire l’integrazione tra rifugiati e residenti, e abbiamo avuto dei concreti esempi di solidarietà in questo senso. Di certo non può farci piacere che qualcuno venga qui ad agitare gli animi”. Dello stesso avviso è anche Marco Novello, presidente della decima. “Se un problema esiste - spiega - è stato comunque gonfiato ad arte da chi, in tutto il paese, sta cercando di strumentalizzare la questione a fini politici. Del resto, basta guardare la composizione del presidio di sabato per rendersene conto: su cinquanta manifestanti, i residenti del quartiere saranno stati meno di venti. Per il resto si trattava di picchiatori di Forza nuova”.
“I dati - conclude Novello - dicono chiaramente che negli ultimi anni la criminalità a Mirafiori è crollata. Il problema è che parliamo comunque di un quartiere popolare, di quelli che più di tutti stanno accusando la crisi. Qui in ogni casa c’è una storia di disoccupazione, e la rabbia inizia a montare sul serio: qualcuno sta semplicemente cercando di indirizzarla verso zingari, immigrati e stranieri in generale. Per questo, vorrebbero farci credere che il quartiere sia tenuto in scacco da una cinquantina di rom, metà dei quali sono minori. Noi queste persone le conosciamo una ad una: e se anche avessero creato dei disagi, è paradossale parlare di criminalità. Negli anni ’70, su questo quartiere ci avevano perfino girato un film, ‘La ragazza delle mille lire”. E mi sembra davvero incredibile che si inizi ora a parlare di degrado”. (ams)