3 marzo 2014 ore: 12:01
Immigrazione

Rom, l’associazione 21 luglio boccia Marino: ''Riproposto lo stile emergenziale''

Presentato il rapporto sulle politiche messe in campo dal comune di Roma a favore dell’inclusione di rom e sinti. Ma il primo giudizio è negativo: “Nessuna programmazione e in pochi mesi effettuati 17 sgomberi senza consultazioni”
Alessandra Quadri Bambino corre in un campo rom.

boxROMA - Nessuna indicazione chiara sulle politiche per i rom, ma lo stile è quello degli ultimi 30 anni: si va avanti con gli sgomberi e con un’impostazione generale improntata sull’emergenza. Primi voti negativi per il sindaco di Roma Ignazio Marino e la sua giunta dall’associazione 21 luglio che questa mattina presenta il rapporto “Senza Luce” presso la sede nazionale dell’Ordine dei giornalisti, in via Parigi a Roma. A 8 mesi dall’insediamento della giunta Marino, l’associazione denuncia la mancanza di un progetto definito e soprattutto la distanza delle azioni messe in campo da quella che dovrebbe essere la Strategia di inclusione di rom, sinti e caminanti che l’Italia ha promesso di rispettare davanti alla Commissione europea. “Al di là di estemporanee espressioni di impegno – spiega il rapporto -, le autorità locali non hanno ancora delineato una programmazione a medio e lungo periodo riferita alle politiche rivolte alle comunità rom e sinte”. Secondo l’associazione “manca l’elaborazione di efficaci politiche abitative, non si conosce quale reale e sostenibile risposta intenda offrire il Comune di Roma alle problematiche che riguardano i rom e i sinti in emergenza abitativa”, favorendo “un approccio che per molti versi continua a restare, nei fatti, emergenziale”.

Malgrado non manchino i buoni propositi, spiega la 21 luglio, “le azioni sinora attuate dal Comune di Roma sembrano riproporre un piano sociale non dissimile a quelli che si sono succeduti a Roma negli ultimi 30 anni”. Scelte che hanno portato a investire “ingenti risorse pubbliche per potenziare l’utilizzo di nuovi spazi, come il “Best House Rom” di via Visso o il futuro villaggio attrezzato di via della Cesarina, aventi carattere segregante, fondati su base etnica, e discriminatori”. Strutture nelle quali l’associazione ha evidenziato “gravi violazioni dei diritti umani e dei diritti dell’infanzia”. Ma non sono solo queste le azioni incriminate nel rapporto. Alla giunta Marino, l’associazione rimprovera l’aver condotto ben 17 sgomberi forzati dal suo insediamento. “Un numero inferiore a quello registrato sotto la passata amministrazione ma comunque ancora alto”. A preoccupare, la mancanza di “consultazioni reali e genuine con le comunità rom destinatarie di provvedimenti di sgombero o trasferimento, optando per trasferimenti coatti”, nonostante i tempi per effettuare tali consultazioni “fossero disponibili”.

Una “cecità”, da parte del Comune di Roma, che si è tradotta non solo in una “violazione del diritto a un alloggio adeguato, ma in uno sperpero di risorse economiche indirizzate verso soluzioni tampone inadeguate ed estremamente onerose, sprecando l’opportunità di voltare pagina attraverso l’avvio di percorsi sociali di inclusione efficaci, caratterizzati da costi decisamente minori”. Secondo il rapporto, infatti, “includere costa 5 volte meno che discriminare”. Come fatto, per esempio a Messina, dove secondo la 21 luglio “per formare al lavoro e assegnare un'abitazione in affitto a una famiglia rom di 5 persone il Comune di Messina ha speso una cifra di 12.500 euro”, mentre a Roma “una famiglia rom di 5 persone nel nuovo villaggio attrezzato di via della Cesarina il Comune di Roma spenderà, dopo un'accoglienza di 6 mesi presso "Best House Rom", una cifra stimata di 61.000 euro, con la prospettiva di dover individuare nuove voci di spesa per la gestione e l'assistenza dei rom nel nuovo insediamento per un periodo di tempo indeterminato”.

Al Comune, l’associazione chiede in primo luogo la formulazione di un piano sociale a breve, medio e lungo periodo in linea con la Strategia nazionale, ma non solo. Nelle richieste anche quella della sospensione degli sgomberi forzati, un equo accesso all’edilizia residenziale pubblica, l’avvio di una consultazione reale con le comunità rom e sinti presenti nella capitale ed infine il superamento dell’utilizzo del termine “nomade”, troppo spesso presente sia nei discorsi e nelle interviste del primo cittadino di Roma, “riscontrato anche negli atti pubblici”, e anche nelle denominazioni degli uffici comunali dove resiste ancora l’indicazione “Ufficio nomadi”. Tutto questo, spiega l’associazione, quando la Strategia Nazionale reputi “ormai superata la vecchia concezione, che associava a tali comunità, l’esclusiva connotazione del nomadismo, termine superato sia da un punto di vista linguistico che culturale e che peraltro non fotografa correttamente la situazione attuale”. (ga)

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