Rom, "lo sgombero da un campo comunale equivale a uno sfratto"
MILANO - Lo sgombero da un campo rom comunale è equivalente a uno sfratto? Ruota intorno a questa domanda la battaglia giudiziaria intrapresa da Nadia H., ex residente nel campo di via Idro, chiuso nel 2015 dalla Giunta Pisapia. Nadia ha infatti presentato una domanda per ottenere una casa popolare e ritiene di aver diritto al punteggio massimo, quello che spetta a chi è stato sfrattato. Il Comune non le vuole riconoscere questo punteggio e per questo Nadia ha fatto ricorso al Tar della Lombardia che però le ha dato torto il 26 giugno scorso, accogliendo invece la tesi dell'amministrazione. Ma la questione non finisce qui. Nadia, supportata dalla Casa della Carità, dal Sicet e dall'European Roma Rights Centre, potrebbe fare ricorso al Consiglio di Stato. Per Casa della carità e Sicet si tratta di "una battaglia giudiziaria da continuare, per sostenere il diritto dei rom alla casa". E i legali stanno valutando quale possano essere i prossimi passi da compiere.
Non solo. Secondo Sicet e Casa della Carità "la sentenza rappresenta uno stop all’effettivo superamento dei campi e a una reale inclusione sociale e abitativa dei rom, sancita anche dalle Linee guida Rom, Sinti e Caminanti approvate nel 2012 dall’allora Giunta Pisapia". Il Comune, ai fini della graduatoria per la casa popolare, ha riconosciuto a Nadia solo il punteggio di “sistemazione abitativa impropria”. "Invece, equiparare lo sgombero di un campo a un provvedimento amministrativo diretto al rilascio dell’alloggio non è illegittimo, visto che le famiglie di via Idro sono state forzosamente allontanate dalle loro abitazioni in base a una ordinanza sindacale”, è la posizione del Sicet.
La chiusura di via Idro, un campo comunale autorizzato, dove dal 1989 erano regolarmente residenti decine di famiglie, era stata decisa alla fine del 2015 proprio in attuazione di quelle linee guida che, tra le altre cose, prevedevano “l’accesso ordinario all’edilizia residenziale pubblica, secondo le regole in vigore” per raggiungere l’obiettivo di superare “i campi come soluzione abitativa a tempo indeterminato, attraverso percorsi di inclusione e convivenza”. Proprio in virtù di questi principi e dal momento che le famiglie sgomberate dal campo di via Idro non erano lì abusivamente, ma erano regolarmente residenti, Casa della carità e Sicet hanno ritenuto legittimo il ricorso di Nadia, scegliendo di sostenerla insieme all'European Roma Rights Centre. “Il superamento dei campi, sostenuto sia a livello comunale che nazionale, non è in discussione. Esso però richiede un accompagnamento delle famiglie verso soluzioni abitative stabili, altrimenti la chiusura dei campi significa far diventare nomadi persone che non lo erano o rendere permanenti soluzioni che invece dovrebbero essere temporanee”, dice in proposito don Virginio Colmegna, presidente della Casa della carità. (dp)