Roma, l'imbarazzo di Legacoopsociali: "Non potevamo controllare"
ROMA - “In questa vicenda ci sentiamo parte lesa e agiremo di conseguenza, l’operato di quella cooperativa ci ha solo arrecato un danno”. Pino Bongiorno, presidente di Legacoopsociali Lazio commenta lapidario a Redattore sociale i fatti dell’inchiesta Mafia Capitale, che vede tra i protagonisti Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno, legata a Legacoopsociali. Dopo aver appreso i gravi illeciti commessi da Buzzi, ieri in una nota congiunta, Paola Menetti, presidente di Legacoopsociali nazionale e Bongiorno, presidente dell’organismo nel Lazio, hanno annunciato la sospensione di Buzzi e degli altri indagati nell’inchiesta portata avanti dal procuratore Giuseppe Pignatone.
Ma in queste ore è forte l’imbarazzo all’interno del mondo delle cooperative sociali, perché l’indagine “Mondo di mezzo” parla di un giro di affari di milioni sull’accoglienza ai migranti, la gestione dei campi rom e di tutte le altre attività legate al sociale. Un business portato avanti proprio grazie all’intercessione di Buzzi, che faceva da tramite con le istituzioni per conto di Massimo Carminati, ex Nar, e a capo di quella che gli inquirenti definiscono una vera e propria “cupola”.
Possibile, dunque, che all’interno del mondo delle cooperative non ci si sia mai accorti di niente? “Noi siamo un organismo di rappresentanza che associa imprese private, cooperative– spiega Bongiorno- non siamo un organo giudiziario che ha poteri di controllo. In questa vicenda siamo parte lesa, lo ripeto”. Secondo il responsabile di Legacoopsociali Lazio, dunque, non era possibile monitorare dall’interno l’operato di questa cooperativa che secondo quanto emerge dalle indagini aveva un fatturato di 60 milioni di euro. Ma alla domanda se c’erano mai stati dei sospetti su Buzzi e la sua cooperativa, con una scusa, Bongiorno ci chiude il telefono in faccia. (ec)