Salute e sicurezza sul lavoro, Anmil: "Superare i limiti dell'attuale normativa"
ROMA - Sono precise e puntuali le rivendicazioni di Anmil in tema di sicurezza sul lavoro, e sono state ribadite in occasione della 66ma Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro promossa dall’organizzazione, che ha visto a Venezia le celebrazioni nazionali mentre iniziative di informazione e sensibilizzazione si sono svolte in molte province italiane. “L’Anmil si è imposta in questi anni il non facile compito di sviluppare strategie in grado di tutelare in modo adeguato i diritti dei lavoratori vittime di infortuni e malattie professionali, a fronte del crollo quasi verticale degli altri sistemi di tutela sociale – spiega l’associazione -. L’obiettivo è quello di garantire la piena efficacia della tutela prevista dal nostro ordinamento a fronte delle criticità esistenti, che rendono ormai necessari alcuni interventi di adeguamento dell’attuale normativa”. Tra gli interventi di adeguamento c’è innanzitutto l’assicurazione infortuni: “Il D.P.R. 1124/1965, Testo Unico infortuni ha oltre 50 anni – stigmatizza Anmil -, nel tempo è stato modificato da diversi interventi parziali, opera in un contesto in cui sono intervenuti sostanziali cambiamenti sociali ed è inadeguato all’attuale mercato del lavoro improntato sulla flessibilità”. Da qui le proposte di Anmil: rendere universale la platea dei lavoratori assicurati (estenderla ad esempio i lavoratori con partita Iva, gli studenti ecc., oggi non coperti da assicurazione); fare specifici su prevenzione e assicurazione del lavoro femminile, poco considerato nel testo unico del 1965 e che è ormai una realtà consolidata; mettere in atto la tutela globale, della prima esposizione al rischio fino al reinserimento sociale e lavorativo dopo l’infortunio; adeguare il sistema degli indennizzi.
Altro importante punto è il diritto al lavoro e quello dell’infortunato e tecnopatico a rientrare nel mercato del lavoro dopo l’evento lesivo. Criticità specifiche: “Si tratta di soggetti spesso anziani “lavorativamente” (l’età media degli infortunati sul lavoro è 43 anni) costretti a riconsiderare il proprio ruolo lavorativo; superare la comune concezione del disabile visto come “imposizione” e non come risorsa da inserire”. Nella tutela del diritto al lavoro si staglia la “forte sollecitazione dell’Anmil” per definire nuove competenze di Inail: “La legge di stabilità ha riconosciuto piena competenza dell’Inail sul reinserimento lavorativo degli invalidi del lavoro e di tecnopatici. L’Inail ha da poco iniziato a dare attuazione a questa norma, con interventi diretti alla conservazione del posto di lavoro nell’azienda di provenienza”.
Azioni mancanti. Mancano specifici interventi per ricollocare il lavoratore in un contesto aziendale o settore produttivo diverso (specialmente nelle aziende di piccole dimensioni diventa difficile mantenere in attività un lavoratore che sia divenuto inidoneo a svolgere determinate mansioni). Manca il “recupero” degli invalidi del lavoro già iscritti nelle liste del collocamento obbligatorio.
La proposta di Anmil è questa: “Se il rientro in azienda non fosse possibile, l’Inail potrebbe finanziare percorsi di reinserimento da realizzare in convenzione con enti accreditati, affidando ad essi in tutto o in parte il processo di ricollocazione, mantenendo governo e controllo”.
Inoltre, “la presa in carico delle esigenze di reinserimento non può essere affidata unicamente al sistema pubblico, ma potrebbe essere integrata attraverso la contrattazione collettiva e il sistema della bilateralità”. Prosegue l’organizzazione: “Occorre inserire nei Contratti Collettivi Nazionali specifiche disposizioni che attribuiscano a un ente bilaterale, trasversale ai vari comparti contrattuali, la specifica funzione di assistenza e ricollocazione professionale dei lavoratori infortunati”.
Anmil sintetizza in alcune priorità la propria mission per la sicurezza sul lavoro: azioni per migliorare la normativa in materia di prevenzione con proposte di legge, audizioni parlamentari e ingresso in Commissione Consultiva Permanente per la sicurezza sul lavoro nel 2015; sensibilizzazione culturale con progetti specifici nelle scuole, produzione di materiali divulgativi e articoli per i media; formazione efficace che si basa anche sul coinvolgimento degli invalidi del lavoro quali testimonial e docenti; elaborazione di studi e ricerche sui rischi emergenti e sulle malattie professionali in chiave nazionale, internazionale e comparata. A questo proposito si chiede di riattivare fondi pubblici: “Serve riattivare studi scientifici su quei profili problematici nel riconoscimento delle malattie professionali e sulle conseguenti tutele da apprestare ai lavoratori colpiti; vi è scarsa operatività - denuncia Anmil - dei fondi istituiti presso il ministero del Lavoro, il ministero della Salute e l’Inail con questo scopo”.
Infine, Anmil chiede di “superare i limiti della attuale normativa su salute e sicurezza”. Come? “Serve completare l’attuazione del Testo Unico Sicurezza: ad oggi, ci sono più di 20 decreti da attuare ancora e alcuni riguardano materie anche di grande rilievo; il Decreto del Fare (D.L. n. 69/2013) non ha dato un contributo significativo all’innalzamento del livello di efficacia delle tutele e all’auspicato processo di semplificazione; Jobs Act è stato una occasione persa per completare la disciplina sulla sicurezza, il suo intervento è stato molto ristretto nonostante le ampie deleghe per la razionalizzazione e la semplificazione della materia; servono qualificazione delle imprese, sorveglianza sanitaria, sviluppo della pariteticità, attuazione di politiche di gestione del rischio che tengano conto effettivamente della presenza di lavoratori con disabilità, malattie e patologie professionali nei luoghi di lavoro; occorre accelerare i tempi di attivazione della Commissione Consultiva Permanente per la Sicurezza nella sua nuova composizione”. (ep)