11 novembre 2014 ore: 18:12
Giustizia

Salute in carcere: epatite prima emergenza. Stranieri, 50% positivi test tubercolosi

I dati di Società italiana di medicina e sanità penitenziaria e Società italiana di malattie infettive e tropicali, che domani a Roma presentano la nuova edizione della campagna di informazione e sensibilizzazione
Immigrato in carcere dietro sbarre

- ROMA - La Società italiana di medicina e sanità Penitenziaria (SIMSPe) e la Società italiana di malattie infettive e tropicali (SIMIT) presentano domani la nuova edizione 2015 de “La Salute non conosce confini”, campagna d’informazione e sensibilizzazione sulle patologie infettive croniche negli istituti penitenziari italiani. Per l’importanza sia epidemiologica che sociale di questi argomenti, SIMSPe e SIMIT hanno deciso di lanciare il nuovo programma 2015 con un evento che si terrà a Roma, presso la Sala degli Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato.
Il progetto, sostenuto da quattro anni da un contributo incondizionato di Gilead Sciences Italia, ha permesso la produzione dei dati più recenti ed attualmente disponibili sulla diffusione delle malattie infettive all’interno del Sistema penitenziario italiano.

I dati. Dopo il transito delle competenze sulla sanità penitenziaria dal ministero della Giustizia al S.S.N., le uniche stime oggi a disposizione di chi amministra sulla diffusione di virus epatitici B e C, Tubercolosi, Hiv/Aids, malattie sessualmente trasmesse, psoriasi e rischio infettivo nelle persone detenute sia italiane che straniere, derivano quasi esclusivamente dai dati prodotti da esperti iscritti e coordinati dalle due Società.
In particolare, si afferma, "l’importante diffusione stimata tra il 30 ed il 40% dei residenti, dell’infezione da Hcv (virus che causa l'Epatite C) e l’epatite cronica attiva con evoluzione in cirrosi epatica che ne consegue, appaiono oggi come la prima emergenza sanitaria da affrontare in questo ambito. Ma i dati dimostrano in modo inoppugnabile come anche per le altre patologie infettive la diffusione risulti preoccupante".
Oltre la metà delle persone detenute risulta venuta a contatto con il virus dell’epatite B, anche se coloro che risultano portatori attivi di malattia si attestano intorno al 5-6% dei presenti.

I test di screening cutanei sulla tubercolosi, che non rilevano la malattia attiva ma permettono d’identificare i portatori dell’infezione che, notoriamente, la manifestano solo in caso di riduzione delle difese immunitarie, risultano 15-20 volte superiori alla popolazione generale e, tra i detenuti stranieri, oltre la metà risultano positivi.
L’infezione da Hiv è ancora oggi ampiamente diffusa tra le persone detenute tossicodipendenti, con prevalenze in questi maggiori del 20%, e del 5-7% sulla popolazione generale residente.
Infine, "le malattie a trasmissione sessuale appaiono di frequente riscontro in tale ambito e, segnatamente, la sifilide pur interessando non più del 2-3% dei presenti, mostra un tasso di inconsapevolezza elevatissimo (85%)".
La prossima introduzione di nuovi farmaci per il controllo di alcune di queste infezioni, potrebbe permettere una loro cura durante il periodo detentivo, restituendo alla società uomini liberi sia dalla propria pena che da un’infezione oramai non più trasmissibile.

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