Salute mentale, lettera ai candidati: "Troppi diritti negati in Lombardia"
MILANO - "I grandi manicomi non ci sono più, ma di fatto ora ci sono tanti piccoli manicomi chiamati comunità. Strutture con al massimo 20 posti, nelle quali le persone con problemi di salute mentale rimangono anni, senza una vera inclusione sociale o lavorativa". È questa la situazione in Lombardia, fotografata nella lettera aperta inviata ai candidati alle elezioni regionale da un gruppo di associazioni: "Urasam Lombardia”, “Rete utenti Lombardia” e “Campagna per la salute mentale”. La Lombardia stanzia ogni anno circa 500 milioni di euro: "rappresentano meno del 3% del costo della Sanità lombarda -scrivono le associazioni -, percentuale quasi dimezzata rispetto al 5% raccomandato dal Ministero. Alla già scarsa quantità delle risorse si aggiunge il loro utilizzo inappropriato che impedisce la realizzazione dell’auspicata inclusione sociale delle persone". Il 70% delle risorse viene infatti destinato alle strutture residenziali. C'è, infine, il problema di una cronica mancanza di personale (circa la metà di quelli necessari), a cui si aggiunge "la precarietà dei nuovi contratti di assunzione, a tempo parziale e determinato e a bassi salari" con "conseguenze deleterie sulla maturazione professionale degli operatori a causa dell’elevato turnover". Per le associazioni, quindi, lo stato dei servizi di salute mentale in Lombardia, non è "coincidente con la vulgata comune che li qualifica servizi di eccellenza".
In Lombardia troppe persone con problemi di salute mentale sono costrette a vivere in strutture residenziali. "Non ci sono più grandi contenitori di mille e più posti letto ma residenze di 100, 200, 400 e più posti letto definite però Comunità, perché suddivise in palazzine di 20 posti ciascuna per “rispettare” le indicazioni di legge che ne delimitano la dimensione - denunciano le associazioni -. A questi grandi contenitori si aggiungono tante singole Comunità di 20 posti letto distribuite in Lombardia per un totale di oltre 4 mila posti. Tutte queste residenze, insieme ai posti letto in Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura, assorbono più del 70 per cento delle risorse previste da Regione Lombardia. Cosa rimane per la vita indipendente, dei progetti di vita, per l’inclusione sociale?".
Drammatica la situazione delle famiglie. "La famiglia rimane abbandonata a se stessa e confinata ad un compito gravoso superiore alle proprie capacità e possibilità. Il neologismo 'terricomio' coniato dopo la chiusura dei manicomi esprime bene, ancora oggi, il quadro della situazione a causa di una mancata reale e continuativa presa in carico della persona nel territorio e di un carente sostegno alla persona stessa e alla famiglia".
In Lombardia non sono quindi rispettati i diritti dei malati, dei loro famigliari e dei lavoratori. “Esemplificativo di questa situazione ne sono l’abnorme uso dei Trattamenti sanitari obbligatori: obbligatori, per l’incapacità/impossibilità di prevenire e lavorare sulla dimensione relazionale e sulla continuità di cura di fronte a particolari situazioni di gravità. Cui si sommano i tassi ancora troppo elevati delle contenzioni negli ospedali psichiatrici". (dp)