1 aprile 2009 ore: 15:16
Immigrazione

Salvatore Cancemi: così il TwentyTwo salvò 300 emigrati a Lampedusa

Era la notte del 28 novembre 2008. Fu la Guardia costiera a chiedere al capitano di intervenire. Il mare in burrasca era troppo pericoloso per i mezzi della Capitaneria di porto. Ecco la sua storia

MAZARA DEL VALLO - Cancemi Salvatore, detto Schillaci, è il comandante del motopesca TwentyTwo. Una nave di 34 metri, con undici uomini di equipaggio, su cui si è imbarcato nel 2007. Fa il pescatore da quando aveva 15 anni, dal 1972. Il 28 novembre 2008 guidò le operazioni di soccorso, in notturna, di 300 migranti, comprese 21 donne, stipati su un barcone di 12 metri bloccato nel mare in tempesta sotto costa lampedusana. “Siamo stati contattati dalla Guardia costiera. Il mare era forza 7 e con quelle raffiche di vento da  grecale non potevano uscire dal porto con i mezzi che avevano. Così ci hanno chiesto di intervenire. Noi eravamo fermi in porto a causa del maltempo. Abbiamo preso a bordo cinque ufficiali e alle 18:00 siamo usciti. I soccorsi sono finiti l’indomani mattina alle 6:00. C’erano onde di 7 metri d’altezza e raffiche di vento a 70 km orari. Con quelle condizioni, manovrare è difficile e pericoloso anche per noi”.

 

L’ultimo avvistamento del barcone era avvenuto a 15 miglia, vicino all’isola di Lampione. Cancemi era in contatto radio con i primi pescherecci giunti sul posto. Una volta arrivati, il mare era troppo grosso per un abbordaggio, ma anche per il rimorchio, il cavo si poteva spezzare. C’era troppa risacca. Così decisero di scortarli. I pescherecci allineati facevano da muro contro il vento, fino all'arrivo alla punta occidentale di Lampedusa: Pozzo Ponente.

 

“Era l’unico tratto riparato dal vento, che soffiava da est. Ci siamo avvicinati il più possibile alla riva per trovare riparo dal vento e soprattutto dalla risacca. Eravamo a pochi metri dagli scogli. Avanzavo con cautela, seguendo l’eco scandaglio. Finalmente abbiamo buttato l’ancora. A bordo c’erano nigeriani e arabi. Si parlava in inglese e in arabo, grazie ai tunisini del mio equipaggio. Una volta affiancate le barche, la risacca ci sbalzava di tre o quattro metri ogni onda. Ma siamo riusciti a tirarli a bordo uno a uno. Nessuno è finito in acqua. Ringraziamo Dio che è andato tutto bene, e lo dico io che sono ateo”.

 

“Le donne le ho fatte salire in coperta, le ho messe nella mia cabina, perché stessero al riparo. Erano tutti giovanissimi: 25, 26 anni. Una ragazza l’ho fatta telefonare a casa sua col mio telefonino. Alla fine, quando ho visto che era andato tutto per il meglio, sono esploso in un pianto liberatorio. Questa è gente come noi. Nel dopoguerra, quanti italiani se ne sono andati e sono stati umiliati all’estero?” (gdg)

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