Sanità, in Italia il 34% degli aborti è praticato a un'immigrata
ROMA - All'interno del nostro sistema sanitario nazionale c'e' una mancata integrazione che preoccupa. Solo il 20% delle under 20 d'origine straniera che risiede in Italia, infatti, e' andata almeno una volta dal ginecologo. Il 70% delle loro coetanee italiane, invece, si e' sottoposta alla visita con lo specialista. Non solo: il 34% degli aborti nel nostro Paese e' praticato a un'immigrata. Negli ospedali italiani, inoltre, un parto su cinque e' svolto da una donna di origine straniera. Nello specifico, il 26% proviene dall'Unione Europea e il 25% dall'Africa. Seguono Asia (18%) e Sud-America (8%). L'eta' media delle madri, infine, e' di 29 anni contro i 32 delle italiane. Sono alcuni dei dati presentati oggi dalla Sigo (Societa' italiana di Ginecologia e Ostetricia), nel corso di una conferenza stampa a Roma per la presentazione del 91° Congresso della societa' scientifica dal titolo 'La salute al femminile tra sostenibilita' e societa' multietnica', che si svolgera' nella Capitale dal 2 al 5 ottobre 2016.
"Sul territorio nazionale- ha detto Paolo Scollo, presidente nazionale Sigo- vivono piu' di 1 milione e 700mila straniere in eta' fertile e oltre 155mila hanno meno di 20 anni. Nella stragrande maggioranza dei casi queste ragazze si rivolgono a noi quando e' gia' troppo tardi, per esempio per chiederci la 'pillola del giorno dopo' o altri contraccettivi d'emergenza. Alla base, dunque, manca una corretta cultura della prevenzione". Le giovani straniere, ha proseguito Giovanni Scambia, direttore del Dipartimento tutela della Salute della Donna della Cattolica di Roma, sono una delle categorie "piu' esposte al rischio di comportamenti sessuali non responsabili: il loro tasso di abortivita', infatti, e' piu' del doppio di quello registrato tra le italiane di pari eta'. Per invertire questa pericolosa tendenza, allora, bisogna aumentare il livello di informazione avviando corsi specifici di educazione alla sessualita' ed affettivita'".
Le differenze culturali, intanto, non favoriscono l'afflusso di donne nei nostri ambulatori e il primo problema e' rappresentato dalla lingua. "Il 13% degli stranieri. ha spiegato Enrico Vizza, segretario nazionale Sigo e presidente del prossimo congresso della societa'- afferma di avere difficolta' nello spiegare correttamente in italiano i propri disturbi ad un medico. Per avvicinare a noi questi strati della popolazione, allora, dobbiamo puntare sulle 'seconde e terze generazioni' di immigrati: sono infatti cittadini a tutti gli effetti, nati e cresciuti nel nostro Paese, che parlano correttamente la nostra lingua. Spesso e volentieri fanno da tramite per la traduzione, la comunicazione e l'informazione e non solo in ambito medico-sanitario. Sono dunque un'importante risorsa insostituibile".
Secondo gli esperti, l'Italia e' un Paese "sempre piu' multietnico perche'- hanno sottolineato-i cittadini d'origine straniera rappresentano ormai piu' dell'8% di tutta la popolazione. Noi ginecologi dobbiamo percio' aggiornare le nostre conoscenze, soprattutto alla luce di questi fenomeni. È per questo che la nostra societa' scientifica ha deciso di mettere al centro del suo prossimo congresso nazionale proprio il benessere e la salute delle immigrate". Ma da dove puo' cominciare l'integrazione dei nuovi cittadini? "Nei reparti materno-infantili- rispondono ancora gli esperti- dove sempre piu' neonati vengono al mondo con nomi e cognomi non italiani". Il 48% delle straniere che partorisce in Italia ha una scolarita' medio-bassa: "Una su due- ha fatto sapere Nicola Colacurci, presidente nazionale Agui (Associazione ginecologi universitari italiani)- e' una casalinga che non lavora. Si tratta dunque di pazienti molto diverse rispetto alle neo-madri italiane, che nel 25% dei casi ha una laurea. L'approccio che diamo a queste pazienti deve per forza essere diverso al di la' della provenienza geografica".
Ha infine concluso il presidente nazionale Sigo: "In alcune regioni il personale medico e' chiamato ad assistere donne in cerca di asilo politico nel nostro Paese, che spesso arrivano in Italia dopo tremendi e pericolosi viaggi su barconi fatiscenti. Molte di loro sono in gravidanza, altre ancora dovranno trascorrere molti mesi nei centri di identificazione. All'interno di queste strutture, oltre alla normale assistenza sanitaria, potremmo allora iniziare un lavoro di educazione alla salute. La Societa' italiana di Ginecologia e Ostetricia e' pronta a fare la sua parte e noi ad offrire le nostre competenze alle istituzioni". (DIRE)