Sara, Noemi e il “braccio di ferro” per l'assistenza domiciliare
Sara e Noemi
ROMA – Si è mostrata in un video, mettendo a nudo le proprie difficoltà e il dolore delle sue due figlie. “Speravo che far vedere come viviamo, quello che passiamo ogni giorno, servisse a farci finalmente giustizia. Invece, a distanza di quasi un anno, le cose sono perfino peggiorate”, ci riferisce Barbara Di Marco, mamma di Sara e Noemi, con una grave disabilità, di cui poco meno di un anno fa abbiamo raccontato la storia anche in un video. Qualche giorno fa, Barbara ci ha nuovamente contattati, per metterci al corrente delle ultime novità. “Sono stata di nuovo in tribunale, a difendere i diritti delle mie figlie e a reclamare un'assistenza domiciliare che ci è dovuta. Il giudice mi ha dato ragione, ma la Asl ha fatto ricorso, continuando un vero e proprio braccio di ferro sulla pelle dei più deboli”. In breve, ecco i fatti: “A marzo Noemi ha avuto una grave crisi respiratoria: è stata ricoverata per un mese e mezzo in rianimazione e per riportarla a casa ho dovuto lottare. Ora è tracheostomizzata e ventilata”.
Dall'infermiera alla badante
Anche le condizioni di Sara continuano a peggiorare, “è alimentata con il sondino, deve fare la macchina della tosse più volte al giorno e ha bisogno di continua assistenza. Durante il periodo di ricovero di Noemi, io naturalmente sono rimasta tutto il tempo in ospedale: a Sara la Asl ha quindi concesso, in quella circostanza, l'assistenza domiciliare h24, trasferendo praticamente su di lei quella di Noemi. Quando finalmente sono rientrata a casa, però, mi aspettava una sorpresa: non soltanto l'assistenza per Sara si è ridotta a sei misere ore, del tutto insufficienti per rispondere alle sue tante esigenze, ma anche Noemi ha perso le 24 ore di assistenza giornaliera. Perché? Perché il municipio ci versa un contributo per la badante. Il problema è – spiega Barbara – che la badante non è un'infermiera professionista e, per legge, può svolgere solo mansioni alberghiere e di supporto all'assistenza infermieristica: è una figura completamente impreparata a rispondere alle esigenze di questo tipo di pazienti. Eppure, mi chiedono di affidare a queste persone la salute e la vita delle mie figlie, pur di risparmiare. E' una condizione che non posso accettare, un'ingiustizia per la quale non posso smettere di lottare”.
Il “braccio di ferro”
Barbara si è rivolta al suo avvocato e ha presentato denuncia contro la Asl: "Il giudice mi ha dato ragione – riferisce – riconoscendo l'incongruenza della decisione della Asl, che di conseguenza ha dovuto riattivare l'assistenza h24 per Noemi. Ha però fatto ricorso, la Asl, impugnando la decisione del giudice, senza alcuna considerazione per le nostre difficoltà e la nostra fatica. Continuano a dirmi, i funzionari della Asl: 'Signora, se non ce la fate, potete affidare le vostre figlie a un istituto'. Ma io questa possibilità non la considero proprio: la legge, ma soprattutto il mio cuore, suggeriscono che le mie figlie devono rimanere a casa: ci sono studi che hanno dimostrato che il paziente in struttura muore prima. Mi viene il dubbio che proprio questo sia lo scopo: spendere di più, ma per meno tempo... Vivo questa ipotesi del ricovero come una minaccia: se non accetto le condizioni che mi vengono proposte, mi portano via le mie figlie. Mi fa pensare ai recenti scandali di Bibbiano: lì i bambini, qui i malati, ma il ricatto è lo stesso: questi malati vivono con la paura di essere tolti alla famiglie perché costano troppo. Il mio scopo è quello di una mamma forse iperprotettiva, ma che ama la giustizia. Non voglio privilegi, chiedo quello che mi spetta: poter assicurare alle mie figlie la miglior vita possibile, nella loro casa e accanto a chi le ama. E vorrei che le istituzioni ci supportassero in questa scelta, anziché costringerci a una lotta esasperante e umiliante. Ora abbiamo un nuovo governo: accolga questa mia richiesta come il grido di tanti genitori che, occupandosi ogni giorno della sofferenza dei propri figli, chiedono gli strumenti e i supporti per poter continuare a farlo, fino alla fine”. (cl)