Sardegna/10. I bisogni di salute integrale del territorio
IGLESIAS - Uno dei rischi della professione giornalistica è quello di parcellizzare i problemi, di raccontare cioè fatti e notizie, anche con dovizia di particolari, ma senza riuscire a legarli l’uno all’altro: quando si trattano invece i fenomeni sociali, e nello specifico il mondo della sanità e della salute, occorre essere consapevoli che esiste un panorama complessivo che spiega e dà senso ai singoli fatti. Il giornalista chiamato a fare buona informazione non deve limitarsi quindi a raccontare puntualmente i singoli casi, ma deve inquadrare questi fatti in modo organico, dentro il loro contesto di riferimento. Spiegare non solo il cosa, ma anche il perché. Questa riflessione sul ruolo del giornalista di fronte ai bisogni di salute della cittadinanza è stata al centro, lo scorso 18 ottobre a Iglesias, del quinto seminario di formazione per giornalisti della nuova edizione di “Raccontare il territorio”, organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna, dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, dall’UCSI Sardegna e dalla FISC (Federazione Italiana settimanali cattolici), insieme a Redattore Sociale.
In apertura il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna, Francesco Birocchi, ha ricordato la preziosa presenza, sul territorio di Iglesias, fino a non tanti anni fa, di importanti strutture sanitarie di riferimento: oltre all’ospedale Santa Barbara, anche un grande e stimato ospedale pediatrico e una struttura ortopedica specializzata. Realtà, queste ultime, volatilizzatesi nel corso degli anni, tanto da rendere quello del Sulcis Iglesiente uno dei territori dove la crisi della sanità è più forte nell’intera regione. Di una Sardegna che, non a caso, a livello nazionale ha l’incidenza più alta in termini di rinuncia alle cure.
Demografia, punto di partenza per la programmazione
Dopo i saluti di Roberto Comparetti, delegato Fisc Sardegna, e del direttore della Caritas diocesana di Iglesias, Raffaele Callia, il dibattito è stato moderato da Giampaolo Atzei, direttore del settimanale Sulcis Iglesiente Oggi.
Nel successivo intervento, il direttore di Redattore Sociale, Stefano Caredda, ha sottolineato come la prima scienza a dover essere chiamata in causa quando si cercano di comprendere le tendenze sociali sia la demografia, tramite la quale è possibile capire le caratteristiche di una popolazione presente su un dato territorio, punto di partenza per definire le politiche da mettere in campo. La Sardegna, nella quale la dimensione migratoria incide molto meno che altrove in Italia, è una regione – è stato rimarcato - che negli ultimi venti anni ha vissuto in misura massiccia l’invecchiamento demografico: un quarto dei suoi abitanti oggi è over 65.
Il quadro generale racconto di una popolazione sarda che, seppur in discesa, è numericamente stabile, con una densità media abitativa abbastanza bassa, con un impatto migratorio non elevato e un andamento dell’invecchiamento ampiamente previsto e prevedibile: sulla carta – ha affermato Caredda - l’isola è nelle condizioni migliori quindi per poter essere oggetto di un’attenta programmazione degli interventi di politica pubblica. Che però non sempre c’è stata, in particolare nel delicato comparto della sanità.
Il direttore di Redattore Sociale ha ricordato il principio costituzionale (art. 32) della tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e come interesse della collettività; i principi di universalità, uniformità, uguaglianza, equità, solidarietà; la divisione dei compiti fra Stato e Regione, i vari livelli di offerta di salute (prevenzione, assistenza territoriale, assistenza ospedaliera) e gli interventi finanziati con il Pnrr (case di comunità, ospedali di comunità, centrali operative territoriali), per poi sottolineare i temi della carenza dei medici (in particolare quelli di base e quelli impegnati nei servizi di urgenza) e delle falle del sistema di istruzione e di specializzazione universitaria e post-universitaria. In un contesto – ha ricordato - che porta il 13,7% dei residenti in Sardegna ad affermare di aver rinunciato a visite specialistiche ed esami diagnostici (escluse le visite dentistiche) per problemi economici o di accesso al servizio: è il dato più alto in Italia (Rapporto BES Istat 2023).
“Viviamo un sentimento di frustrazione, ma i mutamenti vanno accettati e governati”
Nel successivo intervento Emilio Gariazzo, medico chirurgo della Asl Sulcis Iglesiente, ha ribadito la centralità dell’aspetto demografico e la necessità di mantenere ferma la sostenibilità generale del sistema sanitario nazionale, soggetto alla fiscalità generale, richiamando anche la necessaria responsabilità del singolo cittadino. Fornendo un quadro storico della presenza sanitaria nel territorio, Gariazzo ha mostrato come – già dalla seconda metà dell’Ottocento nell’era d’oro dell’estrazione mineraria, quando la zona aveva una valenza industriale internazionale – i presidi sanitari e gli ospedali (all’avanguardia quello di Monteponi) hanno dato risposte di salute ai cittadini. Strutture poi modificatesi nel tempo (il Centro traumatologico, l’ospedale pediatrico “Fratelli Crobu” erede della struttura antitubercolare) in risposta alle mutate esigenze del territorio. “In questi anni – ha detto Gariazzo, che di Iglesias è stato anche sindaco fra il 2013 e il 2018 - abbiamo vissuto un sentimento di frustrazione per la perdita di uno status, pensando a ciò che non è più, ed è mancata una carica di programmazione che ri-trasformasse questi servizi di base”.
Gariazzo ha spiegato che l’evoluzione della scienza medica e la trasformazione enorme (ed iper-specialistica) delle branche della medicina ha conseguenze importantissime sulle realtà: la specializzazione presuppone maggiori costi, una maggiore curva di apprendimento degli operatori, una casistica ampia, tanto che in questo nuovo mondo appare evidente e va accettato che a livello di servizi sanitari “non si può fare tutto dappertutto”. E’ normale che procedure cliniche complesse abbiano specifici centri di riferimento ed è inevitabile che i progressi medici determinino un mutamento notevole dell’approccio all’assistenza. Un mutamento che va governato. In un contesto, purtroppo, di gravi difficoltà: “Non credo si sia ancora compreso in tutta la sua gravità il fatto della mancanza di medici: il fatto che dei colleghi si licenzino dal sistema sanitario pubblico per transitare al privato o andare all’estero è qualcosa che fino a poco tempo fa sarebbe stata inconcepibile”.
Serve dunque una capacità programmatoria e organizzativa maggiore di quella attuale, una maggiore integrazione delle strutture territoriali con la medicina generale dei medici di base, e la consapevolezza di fondo che serve una continuità di fondo e che il comparto sanitario non possa sopportare continue riforme ad ogni cambio di legislatura politica. In tutto questo, anche una preoccupazione aggiuntiva: che la riforma nazionale dell’autonomia differenziata “continui a perpetrare una competitività fra le regioni invece di una solidarietà, con il risultato in Sardegna di una forte emorragia di colleghi spinti ad andare a lavorare altrove con contratti più favorevoli”.
Il peso dei disturbi mentali: presa in carico e lotta allo stigma
Il tema della salute mentale e del funzionamento del sistema di supporto è stato affrontato da Gesuina Intilla, direttrice del Centro di salute mentale (Csm) dell’Asl Sulcis Iglesiente, che ha illustrato come il Csm abbia un ruolo centrale come punto di coordinamento territoriale dell'attività di prevenzione, cura, riabilitazione e reinserimento sociale del paziente che viene seguito nel tempo (continuità terapeutica). A ciò si affianca un lavoro di promozione della salute mentale attraverso contenuti culturali e divulgativi nelle scuole o negli altri luoghi di aggregazione. Il tutto all’interno di un territorio servito che comprende i 23 comuni della Asl Sulcis Iglesiente, con due sedi principali a Iglesias e Carbonia e tre ambulatori periferici a Giba, Sant’Antioco e Carloforte.
“Il peso globale dei disturbi mentali – ha affermato Intilla - continua a crescere con un impatto significativo sulla salute, sui diritti umani e sociali e con anche conseguenze economiche nei paesi di tutto il mondo. Tra i disturbi mentali, quelli più noti sono i disturbi del neurosviluppo con anzitutto lo spettro dell'autismo, disturbi dell'umore, depressione, disturbo bipolare, disturbi dello spettro della schizofrenia, disturbi d'ansia e disturbi della nutrizione e dell'alimentazione. Gli interventi terapeutici, oltre a quelli farmacologici, sono la psicoterapia, la psico-educazione, la riabilitazione.
Intilla ha anche rimarcato come sia importante superare lo stigma in psichiatria, cioè il pregiudizio nei confronti di chi soffre di un disturbo psichico, che porta ad etichettare il malato in modo negativo, provando verso di lui diffidenza, rabbia, fastidio, paura: “Chi soffre di un disturbo psichico viene spesso isolato e l'isolamento non porta alcun beneficio, anzi aggrava la patologia. Superare lo stigma – sottolinea la direttrice del Centro di Salute mentale - permetterebbe a chi soffre di un disturbo di accedere prima e meglio alle cure: a trarne giovamento sarebbe l'intera società”.
La salute mentale dei minori: livelli di sofferenza psichica in tanti ragazzi
Valeria Deplano, direttrice dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ASL Sulcis Iglesiente, ha trattato il tema del bisogno di salute mentale dei minori, sottolineando come il servizio sanitario sia fortemente integrato con i servizi sociali degli enti locali e il sistema scolastico: “Abbiamo osservato negli ultimi anni, a partire da un anno dopo l’insorgenza della pandemia, livelli di sofferenza psichica in tanti minori. Si sta anche abbassando sempre di più la fascia di età di insorgenza del disturbo dell’alimentazione, che sta colpendo sempre più anche il sesso maschile (abbiamo casi di ragazzini di 12-13 anni).
In molti casi, come ad esempio con diagnosi di autismo, è importante attivare interventi riabilitativi nella quotidianità del bambino: diventa quindi importante costruire dei progetti abilitativi personalizzati, concordando degli obiettivi con tutta la rete assistenziale sociale e sanitaria che lavora per perseguirli (a scuola, in famiglia, nel tempo libero). La Asl segue circa 350 alunni con disabilità, fra cui 75 con autismo. La criticità attuale è quella relativa ai disturbi dell’umore, ai disturbi d’ansia e a comportamenti autolesionistici, oltre che ai disturbi da dipendenza, acuiti questi ultimi dalla facile disponibilità di sostanze.
Il volontariato in ospedale: l’esperienza di Abio Iglesias
Da Annalisa Atzei, presidente di Abio Iglesias e consigliera nazionale di Fondazione Abio (Associazione bambino in ospedale), è arrivato lo sguardo di una realtà che da oltre 40 anni a livello nazionale (53 sedi) e da venti anche nel sud Sardegna si occupa di accogliere il bambino, l'adolescente e la sua famiglia nel momento in cui entrano in ospedale, in modo da attenuare l’impatto che l’ospedalizzazione provoca inevitabilmente in loro. Ambienti accoglienti e colorati, con volontari adeguatamente formati capaci di ascoltare e di esserci.
“Abbiamo vissuto venti anni sulle montagne russe, fra alti e bassi, seguendo le vicissitudini del sistema sanitario locale che ci ha ospitato in più strutture riconoscendo il servizio che i nostri volontari offrono quotidianamente nei reparti di pediatria. Tutti loro seguono un corso di formazione di base che permette di offrire davvero un servizio di qualità e in un certo senso professionalizzato, per quanto volontario: abbiamo inoltre dato il nostro contributo alla creazione di ambienti a misura di bambino e compiuto un’azione di sensibilizzazione e di promozione sul territorio per affermare i diritti del bambino e dell’adolescente in ospedale (sanciti nei dieci articoli di un’apposita Carta). Con la recente conclusione di un corso di formazione siamo pronti per rafforzare nuovamente la nostra presenza negli ospedali del Sulcis Iglesiente”.
Carenza di medici? Ci vuole anche un po’ di scouting
L’intervento finale è stato compiuto da Anna Carla Loche, direttrice del Servizio Psichiatria dell’ospedale Sirai di Carbonia, la quale ha sottolineato come nella gestione del personale e nella difficile attività quotidiana contino molte le idee nuove, la motivazione e l’energia che spingono a lavorare in un territorio come questo. La carenza di medici specialisti è stata avvertita anche in questa Asl, con evidenti difficoltà a gestire turni ospedalieri in presenza di pochi medici a ruotare su turni nell’arco delle 24 ore giornaliere. “Per un breve periodo siamo rimasti solamente in tre, e non abbiamo mai chiuso. E poi abbiamo fatto ‘scouting’, cercato di attirare nuovi colleghi sottolineando agli specializzandi i vantaggi del lavorare in un ambiente più tranquillo e meno competitivo di quello di una grande città. Anche grazie ad alcune opzioni normative, che hanno permesso di assumere con una particolare formula gli specializzandi del terzo e quarto anno, il cui contratto si trasformerà automaticamente in un contratto a tempo indeterminato nel momento in cui conseguiranno la loro specializzazione, a breve potremo contare su sette specialisti strutturati in reparto. E altri due hanno risposto ad una manifestazione di interesse per specialisti psichiatri con contratto libero professionale. Sono opzioni che ci consentono di rendere un buon servizio al territorio”.