7 febbraio 2023 ore: 15:00
Salute

Sardegna/1. "Raccontare il territorio: oltre la sanità"

A Tempio Pausania il 1 febbraio 2023 la prima tappa del ciclo di seminari organizzati da Ordine dei Giornalisti della Sardegna, Caritas Sardegna, Ucsi Sardegna e Redattore Sociale. Sul tavolo le problematiche sociali legate alla difficile situazione dell’organizzazione sanitaria nell'isola
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Un momento del seminario di Tempio Pausania: da sinistra, mons. Sebastiano Sanguinetti, Francesco Birocchi, Anna Paola Aisoni e Stefano Caredda

TEMPIO PAUSANIA - L’assistenza sanitaria costituisce uno dei servizi primari per il territorio. Ospedali, ambulatori, medici di base e specialistici sono presidi indispensabili che in alcune aree particolarmente disagiate rappresentano elementi fondamentali per evitare il fenomeno dello spopolamento e dell’impoverimento sociale. Situazioni, queste ultime che, si verificano anche in misura preoccupante in varie aree della Sardegna. Affrontare questi temi richiede da parte dei giornalisti una sensibilità particolare ed una raccolta di dati, di testimonianze e di storie che consente di rappresentare in maniera corretta situazioni difficili di disagio, soprattutto per i soggetti più deboli (anziani, disabili, minori, ecc). E’ necessaria da parte di chi affronta giornalisticamente questi problemi non solo la conoscenza degli stessi ma anche la sensibilità di individuare le necessità e le situazioni sociali che le determinano.

Di questo si è parlato il 1° febbraio 2023 presso il Municipio di Tempio Pausania nel primo degli appuntamenti di “Raccontare il territorio”, ciclo di seminari organizzati da Ordine dei Giornalisti della Sardegna, Caritas Sardegna, Ucsi Sardegna e Redattore Sociale.

Il racconto giornalistico del territorio e la sua importanza

“Nel pensare questo seminario – ha affermato Francesco Birocchi, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Sardegna - siamo partiti dalla presenza sul territorio degli ambulatori della Caritas: perché in un paese dove la sanità è un fatto pubblico, sulla carta garantito a tutti allo stesso modo e con lo stesso livello di qualità, esistono degli ambulatori nei quali dei medici volontari prestano servizio? Accade perché, evidentemente, non è vero che il Servizio sanitario nazionale copre tutte le esigenze sanitarie della popolazione: ci sono spazi che non vengono coperti e che richiedono interventi come quello della Caritas”.

“Vorremmo – ha auspicato Birocchi - che i giornalisti, che hanno una funzione pubblica (come ente di diritto pubblico è anche l’Ordine dei giornalisti), si occupassero dei temi legati al territorio, e in tema di sanità c’è molto da raccontare, dalla medicina di base fino agli ospedali. In questa regione ne sono stati costruiti molti negli anni ’70, con l’intenzione di servire anche la periferia, e poi pian piano su di essi c’è stato un ripensamento fino al fatto che oggi, invece di pensare a come utilizzare al meglio queste strutture al servizio del territorio si pensa di chiuderle, di tagliarle”. “E’ chiaro – ha ammonito il presidente dell’OdG Sardegna - che il problema non è questo, che il punto di fondo è come garantire lo stesso livello di servizio sanitario ovunque si viva, tanto più in un contesto che a livello regionale vede un progressivo spostamento della popolazione sulle coste e uno spopolamento dell’interno, con infiniti problemi di natura non solo sanitaria, ma sociale, economica, urbanistica, edilizia, e così via. E’ importante che noi giornalisti ci occupiamo di questi temi vivendo e raccontando il territorio.

Uno sguardo su Tempio: la vulnerabilità delle famiglie e delle persone

In rappresentanza dell’amministrazione comunale, la vicesindaco di Tempio Pausania, Anna Paola Aisoni ha messo in evidenza tutte le difficoltà che il post-pandemia ha lasciato sul campo: “Attraversiamo un periodo per certi versi più complesso del precedente, perché dobbiamo affrontare quelle conseguenze che durante l'emergenza erano state accantonate, problemi che sono rimasti in un cantuccio per lungo tempo e che sono enormi. Questo territorio non ha avuto solo un isolamento sociale, ma un vero e proprio isolamento sanitario: pazienti oncologici o con patologie neuropsichiatriche che non hanno più avuto qualcuno che si occupasse di loro. Il sistema sanitario ci ha lasciato soli. Chi era povero si è trovato poverissimo, chi era solo si è trovato solissimo, chi era malato si è trovato disperatamente malato”. “In molte nostre famiglie – afferma Aisoni, che è anche assessore ai Servizi sociali – la situazione di vulnerabilità esistente si è accentuata a dismisura, tanto che abbiamo avuto un’impennata delle richieste di intervento della procura della Repubblica sui minori: chi aveva un contesto sociale sul filo del rasoio è precipitato nel baratro perché non ha potuto contare su una rete di protezione, cura e accoglienza”. “Dal punto di vista sanitario viene continuamente paventata la chiusura del nostro ospedale, le difficoltà a volte sembrano insormontabili: certo, ci dicono che il nuovo modello sanitario si baserà su servizi territoriali che parlano in rete, metterà al centro la persona per curarla in tutti i suoi aspetti, che il tema della cronicità sarà affrontato. Ma perché tutto ciò sia reale – ha detto Aisoni - c’è bisogno di professionalità, di specialisti, serve la presenza reale di medici e sanitari sul territorio”.  “In questo contesto difficile – ha continuato la vicesindaco - è una fortuna per l'amministrazione avere la possibilità di operare sul territorio e di lavorare insieme a tante realtà del terzo settore per accogliere quelle fragilità e dare una risposta. La collaborazione con la Caritas è preziosa, abbiamo una collaborazione proficua, quotidiana, costante e appassionata, perché ci unisce un'unità di intenti non così comune, una condivisione di strategie e di modi di operare sul territorio.

La Sardegna: una terra in cui si rinuncia troppo spesso alle cure

Per poter raccogliere notizie e storie, e ancor più per raccontare un fenomeno sociale, è necessario che il giornalista indaghi e comprenda almeno i contorni di fondo,  la cornice all’interno della quale si realizzano i fatti narrati. Per questo l’analisi del contesto, anche quando parliamo di sanità, non può che partire dallo stato della popolazione che abita un determinato territorio: è infatti sempre dalle persone che i fenomeni sociali prendono forma ed essenza. L’intervento di Stefano Caredda, direttore di Redattore Sociale, ha trattato anzitutto il tema del mutamento demografico, caratterizzato da un forte invecchiamento della popolazione che ha portato la Sardegna ad avere il più basso tasso di natalità d’Italia e il terzo più alto indice di vecchiaia (231 anziani over 65 ogni 100 bambini e ragazzi under 15). Una fotografia netta ma anche alquanto stabile, che lascia aperta la possibilità di una precisa programmazione e pianificazione sanitaria, consapevoli del fatto che di fronte ad una popolazione che vive più a lungo la sfida di una sanità funzionante ed equa diventa cruciale.

Sono stati sintetizzati i punti basilari dell'offerta di salute: i principi fondanti, l'assistenza territoriale e ospedaliera, lo stato dell'organizzazione del sistema, gli investimenti previsti dal Pnrr che porteranno alla realizzazione di 50 case di comunità, 16 centrali operative territoriali e 13 ospedali di comunità. E’ stata evidenziata l'importanza che il giornalista abbia piena consapevolezza del contesto su entrambi i lati del medico e del paziente: sul primo lato, dunque, i risvolti dell'organizzazione sanitaria, con la carenza di figure specialistiche qualificate, le cause del problema, le dinamiche collegate relative all'istruzione e alla professionalizzazione e inserimento di nuovi medici, le difficoltà concrete che si riscontrano soprattutto nelle zone disagiate; sul lato del paziente/cittadino, invece, l'esistenza di un fenomeno di "povertà sanitaria", regolarmente monitorato a livello nazionale, e la fondamentale consapevolezza del fenomeno della rinuncia alle cure: i dati Istat più recenti (Rapporto Bes Istat 2022) dicono che a livello nazionale l’11,0% delle persone che avevano bisogno di visite specialistiche o esami diagnostici (escluse visite dentistiche) ha dichiarato di averci rinunciato per problemi economici o legati alle difficoltà di accesso al servizio. Al primo posto per rinunce c’è proprio la Sardegna con il 18,3% della popolazione.

Tutte informazioni utili perché il giornalista, nel trattare una tematica ampia e delicata come quella della salute, possa assolvere al suo compito di fornire informazioni nel rispetto della verità sostanziale dei fatti, come indicato dalla legge istitutiva dell'Ordine (legge 69/1963)che proprio in questi giorni compie i sessant'anni di vita.

Il bilancio prima del bisogno: ecco la causa di tutti i mali

Ad essere “sviliti e colpestati quotidianamente” sono i fondamenti stessi del sistema sanitario nazionale ed è questo fatto ad essere alla base delle tante problematiche che il territorio sardo vive. A metterlo in evidenza è Giuseppe Satta, medico di medicina generale a Tempio, che sottolinea come fondanti i dettati dell’art. 32 della Costituzione (che riconosce e tutela il diritto alla salute di tutti i cittadini e garantisce “le cure agli indigenti”) e la legge 883/1978 istitutiva del Sistema sanitario nazionale basta sui cardini dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità.

“Questa legge – ha ricordato - mira ad ottenere un risultato: che tutte le persone devono essere considerate uguali di fronte alla malattia, indipendentemente dal censo, dalla professione, dal livello di istruzione, dal luogo di nascita. Significa uguaglianza di accesso garantita per tutti ed equità nell’erogazione delle cure. In Sardegna la realtà invece è che oltre il 18% della popolazione rinuncia spontaneamente a sottoporsi a visite ed esami ed è evidente che non lo fa per puro masochismo ma perché non ne ha la possibilità per tante ragioni, e non solo economiche. Sarà banale ma nel concreto succede che un anziano ottantenne magari li ha anche i soldi per fare una visita specialistica che è riuscito a prenotare a Oristano, ma poi non ha nessuno che lo accompagni per farla.

Andando alla radice della questione, “tutto questo accade – ha detto Satta - perché da una trentina d’anni a questa parte lo Stato ha preso la decisione di anteporre i bilanci ai bisogni: se ogni mia determinazione è basata sul principio per cui il pareggio di bilancio prevale nell’importanza rispetto ai bisogni di salute delle persone, i risultati sono quelli che vediamo, ancor di più in una regione come la Sardegna in cui a causa della denatalità da una parte e dell'invecchiamento della popolazione dall’altra, il problema principale è quello della cronicità”.

“Si è deciso – ha continuato Satta - che l'organizzazione del Sistema Sanitario dovesse basarsi su tre pilastri: le strutture pubbliche, il privato convenzionato e il privato-privato. E’ giusto, io devo avere la possibilità anche di scegliere di farmi curare da uno specialista privato pagando, ma deve essere una mia scelta e non una necessità, come invece sempre più spesso succede. Ora, tutti capiamo che un tavolino che poggia su tre gambe crolla se una di queste tre gambe viene segata, ed è esattamente quello che negli ultimi decenni è successo per il servizio sanitario pubblico, al punto tale - e questo è veramente paradossale – che la parte privata non riesce a rispondere a tutte le richieste che vengono dalla popolazione perché non ha più il supporto e il sostegno della parte pubblica. La spesa sanitaria privata negli anni in Italia sta aumentando e questa è al tempo stesso causa ed effetto della povertà sanitaria”.

“Abbiamo assistito ad una aziendalizzazione della sanità (la legge 883 parlava non di aziende ma di unità socio sanitarie, legando sociale e sanitario, due facce della stessa medaglia) e ad uno spezzettamento (con la riforma del titolo V della Costituzione) del sistema sanitario nazionale in 21 sistemi sanitari regionali, il che ha inferto una ferita inguaribile ai principi di universalità, uguaglianza ed equità del sistema. E ora abbiamo fra capo e collo la spada di Damocle dell’autonomia differenziata, in seguito alla quale le diseguaglianze verranno esaltate, allargate, ulteriormente amplificate”.

“Sentiamo parlare da anni – ha rimarcato Satta - di centralità della persona, di razionalizzazione della rete ospedaliera, della centralità della figura del medico di assistenza primaria ma ogni proposta e ogni tentativo di riforma dell'organizzazione dei servizi sanitari si scontrano contro un dato che è oggettivo e a quanto pare invalicabile: i bilanci vengono prima dei bisogni. Fintanto che – ha concluso - non si opererà questa rivoluzione copernicana e non si ritornerà all'origine, per cui i bisogni della persona vengono prima del pareggio di bilancio, qualunque riforma non porterà a nessun risultato concreto in termini di servizi erogati alla persona”.

L’Ambulatorio solidale: un aiuto verso un pieno percorso sanitario

In questo contesto opera l’Ambulatorio solidale della Caritas di Tempio: “Il nostro obiettivo – ha spiegato il coordinatore, Giampiero Deiana – è quello di dare risposte concrete alla povertà e a chi si trova ad avere difficoltà ad accedere al diritto alla salute: supportiamo tutti, italiani, residenti e non, stranieri, con o senza permesso soggiorno, iscritti o non iscritti al Servizio sanitario nazionale, purché in condizioni di necessità”. E’ un servizio grazie al quale è possibile fare visite di base e specialistiche gratuite e dove, soprattutto, si cerca di favorire una presa in carico della persona dal punto di vista sanitario. “Abbiamo aperto nell’aprile 2020, abbiamo medici volontari (di medicina generale ma anche specialisti, dal cardiologo all'urologo) che visitano e prendono in carico le persone che ci vengono segnalate dal Centro d’Ascolto della Caritas o dagli stessi medici di base sul territorio. Aiutiamo anche quanti per la loro condizione di solitudine non riescono ad effettuare le prenotazioni delle visite né hanno una rete parentale o amicale di supporto per le prenotazioni telefoniche o telematiche. Spesso siamo noi volontari a prendere gli appuntamenti per loro, o ad accompagnarli fisicamente nelle strutture dove le visite vengono erogate, anche molto distanti da Tempio. Diamo il nostro supporto umano e materiale a tutti, vivendo le situazioni concrete di ogni giorno”.

Il racconto della vita reale e il senso profondo del dono

Anche il vescovo di Tempio – Ampurias, mons. Sebastiano Sanguinetti, ha proposto una riflessione sul tema del racconto, mettendo in evidenza la responsabilità importante della stampa: “Abbiamo bisogno – in un contesto professionale che porta sempre più davanti ad un computer e sempre meno sulla strada - di gente che racconti il territorio perché farlo significa percepire ciò che di reale c’è e quindi la vita concreta delle persone”. Il vescovo ha anche sottolineato che il volontariato, che spesso supplisce alle carenze dello Stato, ha anche la funzione di affermare un modo di essere del professionista che agisce con uno spirito volontaristico, in un’ottica di attenzione ai bisogni delle persone che ha vicino. Un valore aggiunto – ha detto – anche a livello istituzionale. “Il senso profondo del dono è ancora presente nella nostra società, e lo dimostra l’azione della Caritas che distribuisce ciò che le viene messo a disposizione e che ha potuto aumentare le proprie attività proprio perché sono aumentate le donazioni”.

L’impegno di chi offre servizi sul territorio

A proposito di impegno delle realtà sul territorio, sono state presentate le esperienze del Centro Polispecialistico "Forma la Mente" e dell'Associazione "Shalom". La prima è un centro attivo con due sedi a Sassari e a Bulzi (e con l’obiettivo di aprirne una terza a Tempio) e che si occupa di bambini con diversi tipi di difficoltà: disabilità cognitive, autismo, iperattività, dislessia, disturbi dell’apprendimento. “Tante persone – ha spiegato la psicoterapeuta Liana Serafino - ci richiedono supporto diagnostico e/o supporto psicologico, cui rispondiamo con 35 operatori di varie professionalità (neuropsichiatri, psicologi, psicoterapeuti, educatori, logopedisti)”. Una situazione segnata dai due anni della pandemia in cui l’impatto sui bambini, in particolare con autismo, è stato fortissimo: la solitudine, la difficoltà nella condivisione, la necessità di avere una rete sociale sono ricordi che lasciano ora spazio a nuove consapevolezze e all’importanza della conoscenza di altre realtà che sul territorio operano fornendo servizi ai quali il servizio sanitario, con i servizi di neuropsichiatria, non riesce a rispondere in modo compiuto.

“Ci occupiamo di disabilità – ha affermato Luciana Brundu di “Shalom” – con un centro diurno attivo dalle 9,30 alle 15,00 per persone in età extrascolare da 20 a 65 anni e con un servizio personale rivolto a chi invece è in età scolare: il nostro obiettivo principale è lavorare sull’autonomia”. Il pensiero è a quando i loro genitori o parenti non ci saranno più, e al tentativo quindi di rendere i ragazzi il più autonomi possibile. “Per fare questo – ha sottolineato Brundu – è importante lo sport, che è inclusione, che non ti fa star solo, che non ti fa deprimere, e sono importanti la musica e lo spettacolo, che prevengono solitudine e depressione”.

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