Sbarchi, “cosa ci impedisce di aprire un canale umanitario?”
ROMA – E’ di ieri l’ennesima tragedia dell’immigrazione: sono 13 le persone morte nei pressi di Scicli, nel ragusano. Secondo la ricostruzione erano partite dalla Libia e arrivate a bordo di un barcone insieme ad altre 200, spinte in acqua a colpi di cinghia dagli scafisti. Che fare per evitare altri drammi? “Aprire un canale umanitario” è la soluzione sostenuta da padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli: “L’Ue già contempla la possibilità del reinsediamento. Allora si tratterebbe di andare nei campi profughi e portare le persone nei paesi europei con aerei militari, facendole viaggiare in sicurezza e togliendole dalle mani dei trafficanti di uomini”. “Che cosa ci impedisce di andare lì con un progetto di accoglienza? – prosegue La Manna - Cosa ci impedisce di comportarci da paese civile? I paesi europei non possono stare a guardare e commuoversi”.
“L’Italia spende soldi per le politiche di respingimento, per il controllo delle frontiere in Libia, per impedire che partano le imbarcazioni, perché quei soldi non vengono spesi invece per la sicurezza dei migranti? Noi dovremmo avere l’autorevolezza di far muovere l’Ue, che non sta facendo nulla”. “Non possiamo indignarci per le armi chimiche in Siria – incalza La Manna - ma non scandalizzarci per 2 anni di morti”.
Ma, conclude il presidente del Centro Astalli, “il clamore per questi 13 fratelli morti durerà poco, saranno dimenticati dopo il cordoglio della politica. Mentre abbiamo un governo preoccupato solo di sopravvivere e con l’alibi della crisi economica che ci fa occupare solo di economia e non delle persone”.
Una proposta rilanciata dal portale Melting pot Europa: “Ancora più con forza si impone l’apertura di un canale umanitario verso la costa Nord africana. L’Europa che esternalizza le frontiere, quella che finanzia i centri libici, i sistemi di controllo nel Sahara, quella che impegna le forze nel pattugliamento delle acque, solo ed esclusivamente con il fine di respingere e rifiutare, davvero non riesce ad esternalizzare i diritti imponendo la ricezione delle richieste d’asilo nei confronti dell’Europa, da parte di autorità europee ed internazionali direttamente nel continente africano?
L’Unhcr parla invece di “idea affascinante ma di difficile realizzazione”: “Ci sono pochi esempi storici, come ad esempio la Bosnia, in cui i corridoi umanitari sono stati attuati, ma ci vogliono condizioni particolari come il consenso delle parti in lotta”. Per l’Unhcr, si deve invece proseguire su 3 livelli: “Tutta la comunità internazionale si deve adoperare di più affinché le persone non siano costrette a fuggire dai loro paesi, puntare sull’assistenza nei paesi di transito, e continuare il lavoro della Guardia costiera”. (ab)