21 agosto 2013 ore: 12:40
Immigrazione

Sbarchi: quei ''mercanti di morte'' che innalzano la soglia di allarme

L’analisi del sociologo Maurizio Ambrosini, che a proposito degli scafisti preferisce parlare di “mercanti di speranza” e invita a ripensare il sistema. “L’accoglienza non è un optional ma un obbligo internazionale. E i mercanti non si sconfiggono con le cannonate”
Immigrazione, barcone pieno di immigrati, sbarchi

ROMA – “L’accoglienza umanitaria non è un optional!”. Ne è convinto Maurizio Ambrosini, docente di sociologia dei processi migratori e sociologia urbana presso l’università di Milano, nonché responsabile scientifico del Centro studi Medì-Migrazioni nel Mediterraneo, a Genova, e direttore della rivista “Mondi migranti”. Su la voce.info, Ambrosini si sofferma sulla vicenda degli sbarchi sulle coste italiane e analizza due dei temi più ricorrenti: quello dei mercanti di morte, “evocati per esempio dal ministro Alfano”, e quello ancor più diffuso dell’appello all’Europa perché si faccia carico del problema.

Mercanti di morte o mercanti di speranza? Quanto alla prima questione, per il sociologo “l’etichettatura degli scafisti come pericolosi criminali, responsabili della morte in mare di molti passeggeri, collega il favoreggiamento dell’immigrazione non autorizzata con il traffico di esseri umani: un termine che a sua volta evoca scenari drammatici, di tratta, sfruttamento, sopraffazione. Questo legame è servito a innalzare la soglia di allarme, a giustificare l’impiego di ingenti mezzi nella sorveglianza delle coste e a inasprire le sanzioni nei confronti dei passatori”.
Per Ambrosini, invece, le due questioni del favoreggiamento dell’immigrazione e del traffico di esseri umaniandrebbero invece disgiunte. “E’ un dato certo che gli organizzatori dei viaggi e gli eventuali traghettatori traggono profitto dalla loro attività: in altri termini si fanno pagare dai migranti che desiderano raggiungere le agognate sponde europee. E’ anche vero che l’accresciuta sorveglianza ha provocato un innalzamento dei livelli di organizzazione illegale del trasporto e soprattutto l’imposizione di maggiori rischi a carico delle persone trasportate. Ma per l’appunto i loro passeggeri, pressati dalle situazioni che hanno alle spalle, si imbarcano volontariamente e pagano per il servizio di trasporto. Una volta sbarcati, molti di essi presentano domanda di asilo e ricevono una qualche forma di protezione dalle nostre autorità: 10.288, pari al 40,1% dei richiedenti nel 2011”.
Quindi, continua, “l’etichettatura come ‘mercanti di morte’ entra quindi in contraddizione con lo status di rifugiati riconosciuto a molti dei passeggeri trasportati. Benché il paragone possa apparire provocatorio, l’attività svolta dagli scafisti non è molto diversa da quella dei contrabbandieri che durante l’ultima guerra aiutavano dietro compenso ebrei e altri perseguitati a raggiungere la Svizzera attraverso i valichi alpini.  Bisognerebbe quindi parlare di ‘mercanti di speranza’, anziché di ‘mercanti di morte’”.

La politica europea. Infine, la seconda questione: le scelte europee. Ambrosini ricorda che “l’Ue non lesina risorse per il controllo delle frontiere, con incrementi molto maggiori di quelli registrati da altri capitoli di spesa”. Quanto al numero di rifugiati accolti, il sociologo snocciola i numeri dei vari Paesi membri e rileva che “l’Italia, come il resto dell’Europa meridionale, si è finora tenuta abbastanza al riparo dai flussi internazionali di persone in cerca di asilo. I nostri partner europei, senza dirlo apertamente, a partire dalle convenzioni di Dublino (in particolare quella del 2003) stanno cercando di riequilibrare la situazione, obbligando i richiedenti asilo a presentare domanda nel primo paese dell’Unione in cui approdano”.

Serve un’accoglienza seria e trasparente. Infine, l’analisi lancia qualche idea su come affrontare la questione. Per Ambrosini “andrebbe superato anzitutto il principio di una gestione nazionale del problema internazionale delle cosiddette migrazioni forzate: servirebbe una disciplina unica e una gestione comunitaria del dossier, affidata ad un’Autorità comunitaria”. In secondo luogo, “l’accoglienza andrebbe organizzata vicino ai luoghi di origine dei flussi, scongiurando il più possibile pericolosi viaggi per terra e per mare e tagliando per davvero le fonti dei profitti dei mercanti di speranza. Una volta accolti e assistiti i profughi in luoghi sicuri e dignitosi, le domande di asilo potrebbero essere istruite e vagliate con la cura necessaria. Se venissero accettate, i paesi dell’Unione Europea e possibilmente anche altri, dovrebbero accogliere i richiedenti secondo quote concordate e sulla base di idonei programmi di integrazione”.
”L’accoglienza umanitaria non è un optional, ma un preciso obbligo internazionale – conclude -. I mercanti non si sconfiggono con le cannonate, e neppure con le manette, ma organizzando un’accoglienza alternativa, seria, rigorosa e trasparente”. (da.iac)

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