4 agosto 2017 ore: 09:04
Società

Scambio e socialità nei condomini, "uno dei pochi luoghi di aggregazione rimasti”

La proposta (e l'analisi) di di Filippio Diaco, presidente provinciale Acli Bologna: “Sono spazi di confronto e convivenza ma il loro ruolo non è sufficientemente valorizzato”. E propone percorsi di socialità e accoglienza a livello di condominio
Case famiglia. Casa tra le mani - SITO NUOVO

BOLOGNA – “Oggi, uno dei pochi luoghi di aggregazione rimasti sono i condomini”. Lo dice Filippo Diaco, presidente provinciale Acli Bologna, nell’editoriale di “L’Apricittà”, rivista dell’associazione, in cui si affronta il tema dell’abitare in un mondo che cambia, in una società in evoluzione. “Noi cristiani – scrive Diaco – siamo chiamati ad abitare la città con fede, come ricorda l’arcivescovo Zuppi, dobbiamo avere uno sguardo compassionevole, attento e di servizio nei confronti del prossimo e degli ultimi in particolare. Abbiamo il compito di prenderci cura del bene comune, radicati nella Chiesa locale, ma anche nella politica nel senso più nobile del termine, perché è nostro dovere aiutare a far crescere anche la città degli uomini”. Il presidente provinciale Acli sottolinea come, “nell’anno del Congresso eucaristico diocesano siamo chiamati a riflettere sull’evoluzione sociale di cui siamo protagonisti. La paura ha creato barriere vecchie e nuove, alcune delle quali potremo scardinare solo con il tempo, altre più alla nostra portata nell’immediato”.

Prima fra tutte, c’è quella dell’isolamento sociale e della solitudine, con cui il tema dell’abitare ha molto a che fare. “Nonostante siano un luogo di confronto e convivenza civile, il ruolo strategico dei condomini non è sufficientemente valorizzato”. E propone percorsi di socialità, accoglienza e scambio su contesti limitati, come appunto i condomini, per “contrastare gli aspetti negativi che porta con sé la dimensione sempre più ampia e globalizzata del nostro contesto sociale”. Secondo Diaco, infatti, “la globalizzazione ha il limite della spersonalizzazione e della dispersione, la città ha una dimensione intermedia sempre più difficile da gestire, mentre nuclei di collettività più ristretti possono farsi comunità, fare emergere capacità di accoglienza, di mutuo aiuto, di sostegno intergenerazionale e interculturale”.

Bisogna però trovare nuovi strumenti di condivisione degli spazi, “esperienze che partano dal basso e che vengano supportate in primo luogo dal Terzo settore e poi dalle istituzioni, affinché gli anziani soli lo siano un po’ meno, perché le persone e le famiglie in difficoltà possano trovare soluzioni abitative adeguate, perché i bisogni reciproci si incontrino e possano essere superati dall’unione delle forze”. E fa gli esempi delle esperienze di badante o babysitter di condominio, dei “nonni in affitto”, della stireria di condominio, del car sharing o pooling gestiti a livello condominiale. “La vastità della globalizzazione si contrasta partendo dalle minime comunità precostituite – conclude – Solo da piccoli possiamo sognare in grande, come dice il titolo del Congresso eucaristico diocesano, “Voi stessi date loro da mangiare”. Senza partire dal nulla e nemmeno dal tutto, ma dai “cinque pani e due pesci” che abbiamo a disposizione”. (lp)

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