Scuola, il 67,5% degli studenti stranieri iscritti nelle nostre scuole è nato in Italia ma non può considerarsi italiano
ROMA – Il 67,5% degli studenti stranieri iscritti nelle nostre scuole è nato in Italia: lo mette in luce il Rapporto annuale di Save the Children “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”, diffuso questa mattina. Secondo il Rapporto dall’anno scolastico 2017/18 al 2021/22 il numero è cresciuto del 10,8%, passando da 531.467 a 588.986 alunni, con un incremento di oltre 57 mila minori. Nella scuola dell’infanzia, su 100 alunni con background migratorio circa 83 sono nati in Italia; nella scuola primaria quasi tre minori su quattro (73,6%); nella scuola secondaria di I grado sono il 67% e nella scuola secondaria di II grado il 48,3%, quasi uno su due. Il 65,5% degli studenti stranieri presenti in Italia si concentra nelle regioni del Nord, seguite, a distanza, dal Centro (21,9%), Sud e Isole (12,6%).
Per comprendere la relazione tra educazione e cittadinanza, ovvero quanto i percorsi dei minori con background migratorio si differenzino in base al possesso dello status di cittadina o cittadino italiano, il Rapporto presenta i risultati di un’indagine quantitativa realizzata da Save the Children, che ha coinvolto 6.059 studenti tra i 10 e i 17 anni, che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado in cinque città (Catania, Milano, Napoli, Roma e Torino. La ricerca approfondisce il senso di appartenenza alla scuola, le relazioni sociali, il sostegno dei docenti e della comunità educante, le aspirazioni future degli alunni stranieri. L’indagine fa parte del più ampio progetto di ricerca europeo IMMERSE - Integration Mapping of Refugee and Migrant children in Schools and other Experiential environments in Europe, che si propone di individuare una nuova generazione di indicatori per studiare lo stato dell’inclusione sociale e scolastica dei minorenni rifugiati e migranti in Europa.
L’11% degli alunni con background migratorio ha dichiarato di aver avuto periodi di interruzione della scuola di sei mesi o più – assenze prolungate che rappresentano uno dei campanelli d’allarme della dispersione scolastica – contro il 5,9% degli studenti con genitori italiani. Tra i minori con background migratorio che hanno risposto di aver smesso di frequentare la scuola per periodi prolungati e che non hanno cittadinanza italiana, l’8,3% indica tra le motivazioni principali il fatto che non ci fossero posti disponibili a scuola, il 3,2% la conoscenza limitata della lingua italiana, il 2,2% la necessità di aiutare i genitori a casa e il 2,5% il fatto che la scuola non sia utile. Queste percentuali scendono nettamente tra i minori con background migratorio che hanno la cittadinanza italiana: solo l’1,5% afferma di non aver trovato posto a scuola, mentre quasi nessuno sostiene di non conoscere la lingua italiana o di dover restare a casa per aiutare la famiglia, o ancora ritiene che frequentare la scuola sia inutile.
La cittadinanza italiana sembra influire positivamente sul livello di istruzione più alto che gli studenti si aspettano di raggiungere. Il 45,5% degli studenti italiani (43,2% per quelli con background migratorio) intervistati ritiene di poter ottenere un diploma di laurea, un master o un dottorato, dato che scende al 35,7% per gli studenti con background migratorio senza cittadinanza. Questi risultati mostrano come i minori con background migratorio, se cittadini del Paese ospitante, tendono a maturare aspettative e aspirazioni equivalenti a quelle dei coetanei nati in Italia.
Nel processo di integrazione, di crescita e formazione di questi studenti è fondamentale anche il grado di fiducia degli insegnanti nelle loro capacità e potenzialità, che può influenzare negativamente le aspirazioni future di bambini, bambine e adolescenti. Se per il 64,5% degli studenti italiani intervistati i docenti manifestano sempre o quasi sempre fiducia nelle loro capacità, nel caso degli studenti con background migratorio solo il 53,4% afferma che gli insegnanti dimostrano fiducia nelle loro capacità di proseguire gli studi, mentre in un caso su 10 (10,8%) questo non avviene mai o quasi mai. Anche nella scelta degli indirizzi di studio il luogo di nascita svolge un ruolo determinante: mentre gli studenti con cittadinanza non italiana nati nel nostro Paese si orientano verso gli istituti tecnici (39,7%) e i licei (23,8%), gli studenti nati all’estero si iscrivono prevalentemente agli istituti tecnici (37,8%) e ai professionali (34,9%).
L’indagine ha permesso infine di tracciare un quadro più generale circa le difficoltà degli studenti in Italia e il loro senso di appartenenza alla scuola, al quartiere e al Paese. Gli studenti intervistati, di qualsiasi origine siano, incontrano ostacoli e difficoltà legate alla mancanza o scarsità delle opportunità offerte nel territorio: solo il 22% degli intervistati, poco più di 1 su 5, dichiara di vivere in aree dove sono presenti attività di sostegno, di apprendimento o di supporto linguistico (aiuto per fare i compiti, corsi di lingua, ecc.), organizzate nel tempo extrascolastico e solo il 38,9% dichiara di partecipare a qualche attività nel dopo scuola, come attività sportive, corsi di arte o musica.
Il 17,9% degli studenti con background migratorio senza cittadinanza italiana afferma di non sentirsi mai o quasi mai parte della scuola. Tale percentuale scende al 13,8% per gli studenti con background migratorio e con cittadinanza italiana e al 10,6% per i coetanei con entrambi i genitori italiani. I minori che dichiarano di provare un forte senso di appartenenza verso l’Italia, il proprio quartiere e la propria città sono pochi, sia tra chi ha origini italiane, sia tra i minori con background migratorio. Tra i primi, solo il 26,2% si sente “vicino” all’Italia, il 30% al quartiere e il 24% alla propria città. Tra i minori con background migratorio, coloro che hanno ottenuto la cittadinanza italiana si sentono più vicini all’Italia (18,5%) e più vicini al loro quartiere (26%) e città (18%) rispetto ai minori stranieri senza cittadinanza italiana (rispettivamente 14%; 21,5%; 13%).
L’indagine fa emergere dunque un senso di estraneità tra la maggioranza degli studenti interpellati, indipendentemente dalle loro origini, rispetto al territorio in cui crescono, mentre il senso di appartenenza più forte è quello che li lega al gruppo dei pari, agli amici. Che siano italiani, oppure nati e/o cresciuti in Italia, oppure arrivati da poco, i legami di amicizia abbattono differenze e stereotipi. La maggioranza dei minori con background migratorio (51,5%), così come quelli di origine italiana (64,2%) hanno degli amici provenienti da un Paese diverso rispetto a quello in cui sono nati. Meno di uno studente italiano su quattro (22,6%) afferma di non avere alcun amico di origine straniera. Le relazioni tra pari possono rappresentare una chiave su cui far leva per strategie di coesione che mettano al centro il protagonismo delle giovani generazioni, di ogni provenienza.