Scuola, in Lombardia rientro a rischio per 5 mila studenti disabili
MILANO - Per le famiglie la situazione è angosciante. Non hanno la certezza che i loro figli con disabilità possano tornare in classe il 9 gennaio. Sono circa 5 mila gli adolescenti disabili che frequentano le scuole superiori e che hanno bisogno di un supporto per il trasporto casa-scuola o della presenza in classe di un assistente. Per loro, però, non ci sono più fondi. Il loro diritto allo studio e ad andare a scuola, previsto dalla Costituzione, è minato da un sistema di competenze che Regione, Province o città metropolitana e Comuni si rimpallano e di soldi che non vengono stanziati. Una storia che dura da almeno 15 anni e che sembra ora arrivata al capolinea. Finora il sistema, che ha sempre mal funzionato, prevedeva che la competenza nelle gestione di questi servizi fosse in capo alle Province e che i fondi dovessero arrivare sia dallo Stato che dalla Regione. E all'inizio di ogni anno scolastico c'era l'incertezza sui fondi. Il 12 dicembre, però, il Consiglio regionale ha approvato una mozione, presentata dal Movimento 5 Stelle, che impegnava la Giunta Maroni ad assumere in proprio la delega sui servizi agli alunni disabili. Un passaggio, quest'ultimo, accolto con favore anche dalle associazioni, perché poteva preludere ad una soluzione definitiva del rimpallo di responsabilità tra Regione e Province. Il problema è che solo una settimana dopo, approvando il Bilancio regionale, la Giunta Maroni ha stabilito che si occuperà direttamente di questo tema solo a partire dal prossimo anno scolastico (2017/2018). Per i prossimi sei mesi tocca quindi ancora alle Province (e alla Città metropolitana di Milano), ma queste ultime non hanno più risorse, perché la Regione non ha stabilito alcun finanziamento. Da qui il dramma per le famiglie e per i loro figli che non sanno se potranno continuare ad andare a scuola.
"Abbiamo cercato in tutti i modi un dialogo costruttivo con la Regione -spiega Arianna Censi, vicesindaco della Città metropolitana di Milano, che ha convocato una conferenza stampa di protesta contro il Pirellone-. Ma ora il tempo è scaduto. Chiedo a Maroni che convochi d'urgenza la sua Giunta per deliberare lo stanziamento delle risorse necessarie a garantire i servizi per i prossimi sei mesi". Solo per la Città metropolitana gli studenti interessati sono 2.400 e fino a giugno servono 6,5 milioni di euro. Non solo. Comuni, centri di formazione professionale e istituti scolastici aspettano ancora il rimborso per le spese sostenute nel periodo gennaio/giugno 2016, pari a 6,3 milioni di euro. La Provincia di Pavia ha bisogno di 1,1 milioni di euro (per tutto l'anno scolastico). Quella di Como per l'anno solare 2016 ha speso 1,5 milioni di euro e ha potuto usufruire solo dei contributi dello Stato (pari a 644mila euro): il resto, per ora, li ha anticipati la stessa provincia anche se spetta per legge alla Regione provvedere.
In realtà i fondi la Regione potrebbe trovarli. Potrebbe infatti attingere a quelli del Piano Emergo: quest'ultimo è finalizzato all'inserimento lavorativo dei disabili ed è costituito dalle "multe" che le imprese pagano se non assumo lavoratori disabili. È un fondo che cresce sempre di più, perché sono sempre più numerose le aziende che preferiscono pagare piuttosto che assumere. In via transitoria e temporaneamente si potrebbe quindi accedere a questo fondo. È però una questione di volontà politica, che non sembra esserci nella sede della Regione Lombardia.
Intanto le famiglie annunciano proteste clamorose e sul piede di guerra ci sono anche le associazioni. "I genitori possono fare ricorso al tribunale ordinario per discriminazione nel momento in cui viene loro negato un servizio di cui hanno diritto -ricorda Marco Rasconi, presidente di Ledha Milano-. Già molte famiglie l'hanno fatto negli anni scorsi e hanno sempre vinto, ottenendo il riconoscimento di un diritto fondamentale. Noi mettiamo a disposizione la competenza dei nostri avvocati del Centro antidiscriminazioni Franco Bomprezzi. Spesso nell'immediato sono i Comuni o il terzo settore a metterci una pezza e a garantire comunque i servizi. Ma certo non possono farlo per i prossimi sei mesi". (dp)