Scuole occupate, disabili fuori dal cancello: la denuncia di una mamma
boxROMA – “Una lotta per l’inclusione e per i diritti che diventa luogo di esclusione e discriminazione”: Fabiana Gianni, è mamma di tre figlie di cui una, Diletta, con grave disabilità, iscritta al primo anno di liceo. A pochi mesi dall’inizio di questa “nuova faticosa avventura”, Fabiana proprio non sopporta che sua figlia, da tre giorni, sia lasciata fuori dalla scuola, occupata da martedì da un gruppo di studenti. “Accade tutte le volte che c’è un’occupazione, cioè regolarmente una volta l’anno: le famiglie dei ragazzi disabili vengono chiamate perché vadano a riprendersi i figli. Solo le famiglie dei disabili: non è discriminazione, questa?”.
Il diritto all’inclusione e all’integrazione scolastica, che impegna famiglie e insegnanti in un lavoro spesso molto faticoso, tra risorse insufficienti e bisogni crescenti, viene di fatto “sospeso” nel momento in cui si interrompe la didattica. Quel che è accaduto due giorni fa a Diletta e a una sua compagna di scuola, disabile anche lei, ne è la prova vivente. “Martedì mattina presto mi chiama la mamma di una compagna disabile di Diletta: mi dice che è stata appena chiamata dall’assistente che aveva accompagnato la figlia a scuola con il solito pulmino. Doveva andare subito a riprendere la ragazza, perché la scuola era occupata: fuori i professori, fuori tutto il personale scolastico, compresi insegnanti di sostegno e assistenti. Di conseguenza, fuori anche gli studenti disabili, almeno quelli che non sono autonomi, come mia figlia e la sua compagna”.
Fabiana però non è restata a casa, ma è andata comunque a scuola, insieme a Diletta: “Volevo capire cosa stava succedendo e speravo anche che per mia figlia esistesse un’alternativa: magari quella di entrare in un altro plesso dello stesso istituto, insieme all’assistente e all’insegnante di sostegno. Invece, niente da fare: mi è stato detto che dovevo solo riportarla a casa. Intanto, nessuno aveva chiamato la polizia, per segnalare l’occupazione: l’ho chiamata io. Allo stesso modo, nessun altro genitore era stato chiamato, se non le famiglie degli studenti disabili: almeno 5, quelli che frequentano il plesso occupato, ma oltre 30 in tutto l’istituto. Tutti ragazzi con gravi disabilità, che durante l’occupazione sono costretti a rimanere a casa. Esclusi, di fatto, dalle attività dei loro compagni”. Gli assistenti dei ragazzi erano lì, fuori dal cancello, insieme agli insegnanti di sostegno: “Allora ho proposto che accompagnassero comunque i nostri ragazzi, in un’attività al di fuori della scuola occupata: in una casa, oppure in giro per la città. Una proposta che è stata fermamente rifiutata e respinta come un’assurdità”.
Tanto assurda, invece, pare che la proposta non sia: “Non mi sono arresa – riferisce Fabiana – e mi sono messa in contatto con il Miur e con l’Ufficio scolastico regionale. Mi è stato detto che la proposta di un’attività alternativa per gli studenti disabili, per tutto il periodo dell’occupazione, è praticabile sia dal punto di vista economico che contrattuale, vista l’ampia copertura di cui godono gli assistenti specialistici. Abbiamo quindi iniziato a studiare l’idea di un progetto specifico, una sorta di piano di emergenza, che possa attivarsi ogni volta che accade una situazione del genere, garantendo che continui ad essere rispettato il diritto allo studio, all’inclusione e alla socializzazione di questi ragazzi. Intanto però – conclude Fabiana – resta l’amarezza della contrapposizione che si è creata tra studenti disabili e non: una contrapposizione che ha violentato la parola ‘inclusione’. Ora speriamo di dar vita a una nuova buona prassi, che permetta ai nostri ragazzi di non restare a casa mentre i loro compagni occupano la scuola”. (cl)