Sentenza Cucchi, Arci: "Urgente introdurre il reato di tortura"
Stefano Cucchi - morto in carcere
ROMA - Non si placano le polemiche sulla sentenza della Corte d'appello di Roma che nei giorni scorsi ha assolto tutti gli imputati nel processo per la morte di Stefano Cucchi. A due giorni dalla sentenza, i familiari della vittima annunciano la volontà di ricorrere in Cassazione e alla Corte europea, mentre cresce il numero di associazioni che chiedono verità e giustizia sulla vicenda. A chiedere una l'immediata introduzione del reato di tortura è l'Arci che in una nota commenta la sentenza. "Non si può morire così nelle mani dello Stato - spiega la nota -. E uno stato democratico non può consentire impunità". Secondo l'Arci, le perizie parlano chiaro. "Stefano è stato pestato e poi lasciato morire senza cure - si legge nella nota -: esponenti delle forze dell’ordine e medici ne sono dunque responsabili. A meno di non credere che il giovane si sia suicidato adottando uno insolito modo per farlo, procurandosi da solo evidenti segni di percosse che l’hanno sfigurato. Una vicenda, quella di Stefano, che tra l’altro dimostra una volta di più quanto sarebbe urgente introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura".
L'Arci, inoltre, commenta anche le dichiarazioni del senatore Carlo Giovanardi che in un comunicato stampa ha difeso la sentenza. "Un certo giornalismo totalmente disinformato o in malafede - scrive Giovanardi in una nota diffusa ieri - continua a ripetere a pappagallo il luogo comune che Stefano Cucchi sia stato ucciso due volte dallo stato con la sentenza di assoluzione della Corte di Assise di Appello di Roma. Questa volta molto più semplicemente l'avvocato Anselmo si è trovato di fronte ad una giuria, composta da magistrati e da rappresentanti del popolo, cittadini comuni, non lo stato, che hanno deciso secondo gli elementi di verità emersi nel processo e non in base a pregiudizi ideologici o pressioni mediatiche, come avremo modo di approfondire meglio una volta rese note le motivazioni della sentenza". Per l'Arci, "le dichiarazioni di Giovanardi e del rappresentante del Sap che affermano che 'epilettici o tossicodipendenti non hanno diritto al rispetto e alla vita', dimostrano quanto degrado si annidi all'interno delle nostre istituzioni e nei loro rappresentanti".
Intervistato dal quotidiano Avvenire, anche il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, non risparmia critiche alla sentenza della Corte d'appello. "L’assoluzione completa attuale tace il cuore della questione - afferma Manconi -. Stefano Cucchi è morto mentre era nella custodia dello Stato, mentre era affidato alle istituzioni". Per il senatore, si tratta di una sconfitta. "Stefano Cucchi, mentre era agli arresti, è stato oggetto di un pestaggio - spiega Manconi -, e poi non è stato assistito adeguatamente, come ha stabilito la sentenza di primo grado, quindi lo Stato ha fallito nel suo compito principale". Sulla questione è intervenuto anche il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che prima di guidare la giunta capitolina si era interessato al caso cucchi con un'indagine condotta dalla Commissione d'inchiesta del Senato sul Servizio sanitario nazionale da lui guidato negli anni scorsi. Per il primo cittadino di Roma, si tratta di una sentenza "dissonante rispetto alle conclusioni formulate dalla Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del Senato. La Commissione d'inchiesta si è trovata di fronte alla drammatica vicenda di un ragazzo che ha perso dieci chili in sei giorni: i consulenti della Commissione hanno documentato che, oltre alla disidratazione, il corpo di Stefano riportava alcune lesioni anche vertebrali. Nell'analizzare quanto accaduto, la sensazione forte della Commissione è che nei confronti di Stefano Cucchi abbiano prevalso le esigenze legate agli aspetti cautelativi rispetto a quelli sanitari".
Sulla sentenza, nei giorni scorsi si erano già pronunciate altre associazioni. "Aspettiamo di sapere perché la Corte abbia deciso di mandare tutti assolti – sottolinea in una nota Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia - Quel che è certo è che, a cinque anni di distanza dalla morte di Stefano Cucchi, la verità processuale non sembra dirci nulla di quel che è accaduto davvero. E non accerta alcuna responsabilità per un decesso che tutto appare meno che accidentale o auto procurato. Verità e giustizia sono dunque ancora più lontane". Anche il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella contesta la sentenza. “La sua vita è stata nelle mani di tante istituzioni dello Stato. Decine di operatori della sicurezza, della giustizia e della sanità pubblica lo hanno incrociato in quei giorni che lo hanno portato alla morte. Eppure, secondo la Corte d’Appello, non c’è neanche un colpevole – sottolinea -Dunque, nessuno è responsabile per la morte di Stefano Cucchi –. Nei casi di tortura e di violenze istituzionali, nel nostro paese, perseguire i responsabili è operazione tragicamente impossibile. Mancano le norme, come il reato di tortura e manca una cultura pubblica di rispetto profondo della dignità umana. Anche in questo caso ha prevalso lo spirito di corpo che impedisce la ricostruzione puntuale dei fatti e il raggiungimento della verità storica. A questo punto non resta che sperare che la Corte Suprema di Cassazione annulli una sentenza, come quella odierna, che si muove perfettamente nel solco di una storia, quella italiana, che fa fatica a dare giustizia a chi ne ha diritto”.