28 ottobre 2020 ore: 11:29
Salute

Senza dimora, l'accoglienza a Palermo nel "tempo sospeso della pandemia"

di Serena Termini
Accolte quasi 80 persone nei quattro poli diurni e notturni. Guttilla (coordinatore): "Lavoriamo sui piccoli numeri per garantire la qualità della relazione con le persone accolte". Fondamentale il lavoro di rete
Domus Carmelitana Palermo Onlus 2

PALERMO - Quasi 80 persone senza dimora con gravi situazioni di emarginazione sociale, circa 20 per ogni struttura, sono accolte nei quattro poli di accoglienza diurni e notturni: il centro San Carlo, il centro Agàpe, Casa San Francesco e la Domus carmelitana.  Il numero, rispetto al fabbisogno nel capoluogo siciliano, sembra basso, ma è frutto di una scelta operativa precisa, che punta a valorizzare la relazione con le persone accolte nel loro delicatissimo percorso di accompagnamento all’autonomia di vita. I poli sono inseriti nel progetto realizzato nell’ambito dell’Asse 3 – Servizi per l’inclusione sociale del PON Metro Palermo, sviluppato in partenariato da Opera Don Calabria, Centro diaconale valdese “La Noce” – Istituto Valdese, Coop. Sociale La Panormitana come braccio operativo della Caritas e Croce Rossa Italiana – Comitato di Palermo.

In questo momento è stato ridotto il numero delle persone accolte da 24 a 20 per mantenere una stanza di eventuale isolamento in emergenza sanitaria se dovesse essere necessario. Le persone accolte sono in prevalenza uomini ma ci sono anche 13 donne. Gli inserimenti avvengono con una lista di attesa che gestisce l'ufficio marginalità adulta del comune di Palermo, che è di circa 50 persone. Nei poli ad ottobre erano previste delle dimissioni programmate di alcune persone che però, a causa dell'emergenza covid, sono state per il momento sospese.

"In questo momento l'interesse principale è quello di tutelare tutti i nostri ospiti dei poli da eventuali contagi - sottolinea Marco Guttilla coordinatore dei quattro poli e referente dell'Opera Don Calabria ente capofila del progetto - attivando tutte le misure preventive di sicurezza. Lavoriamo in rete con tutti i partner, il comune con l'ufficio marginalità adulta e altre associazioni che si occupano di unità di strada. Purtroppo, non possiamo accogliere subito in emergenza ma facciano solo inserimenti programmati tramite la lista di attesa. Le persone che entrano prima vengono sottoposte ad un triage  dell'Asp che prevede pure un tampone rapido. Non è sempre tutto facile ed immediato. Oggi, per esempio per fare i tamponi di monitoraggio, considerato i diversi impegni dell'Asp, ci stiamo avvalendo dell'ausilio della Croce rossa che utilizzerà quelli rapidi acquistati da noi.  Il nostro punto di forza è quello di lavorare sui piccoli numeri per garantire la qualità della relazione con le persone accolte e anche dei servizi. La persona, così, inizia un percorso non solo assistenziale ma di autonomia di vita futura. Ci sono fragilità diverse e per ognuna si attivano percorsi differenti. C'è chi è riuscito ad avere una casa, chi a ritornare in famiglia e chi è andato in comunità terapeutiche. Fondamentale è il lavoro di rete  e di coordinamento tra tutti".

"Come centro San Carlo gestito da La Panormitana, continuiamo le attività con una rimodulazione organizzativa di tutta l'azione della carità - dice p. Sergio Ciresi uno dei vice direttori della Caritas diocesana insieme a Gregorio Porcaro - da quando a marzo è avvenuto il lockdown. Mi riferisco per esempio al nostro servizio mensa che si trova dentro il polo San Carlo. Purtroppo, a causa della emergenza sanitaria, abbiamo dovuto infatti chiudere la cucina e la sala da pranzo per effettuare soltanto la distribuzione di 120 pasti da asporto al giorno. Il servizio che facevamo era un momento di convivialità significativo e anche di impegno per i diversi volontari che avevamo. Confidiamo per questo in un tempo migliore. Nel polo di San Carlo abbiamo accolto 20 persone di età compresa tra 30 e 50 anni. Dentro fanno diverse attività oltre a contribuire alla manutenzione della struttura. Interessante è anche l'integrazione in alcuni casi tra il Pon Metro e il Pon Inclusione; un altro braccio operativo della Caritas è, infatti, la Confraternita San Giuseppe dei falegnami che ha vinto il progetto Pon inclusione La mia casa. Il Pon inclusione ha 14 centri di ascolto dove arrivano le segnalazioni. La cosa bella è che tra tutti gli attori del Pon Metro e Pon inclusione si fa un buon lavoro di rete che dà risultati positivi. Solo lavorando insieme si possono dare risposte significative alle persone con diverse fragilità sociali".

"In questo momento di forte emergenza sanitaria che ingenera ansie e paure - ha aggiunto pure Anna Ponente, direttrice del Centro diaconale valdese La Noce - il ruolo dei quattro poli di accoglienza diurni e notturni è di grande valore. Attraverso l'impegno di operatori, si cerca, infatti, di dare maggiore serenità a queste persone, liberandole in parte proprio dalle paure dettate dal momento. Si lavora quindi, al di là delle competenze, pure alla valorizzazione della relazione (ascolto, condivisioni di momenti e parole di conforto) che le fa sentire meno sole. C'è la riscoperta graduale della fiducia in loro stessi e in chi si prende cura di loro. In questo 'tempo sospeso' dettato dalla pandemia la permanenza nei poli li protegge e dà nello stesso tempo una certa sicurezza. Le persone che, prima della pandemia, sono riuscite a raggiungere un autonomia continuano ad essere, inoltre seguite e monitorate. Anche loro hanno bisogno di sentire, a volte con una telefonata, una voce amica e una rassicurazione sul percorso che stanno facendo. La cosa bella è pure che, grazie alla sintonia con tutti i partner del Pon Metro, anche noi non ci sentiamo soli e riusciamo quindi solo insieme ad essere un punto di forza per riuscire ad aiutate nel migliore dei modi queste persone".

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