Serve un carcere a misura di donna e di bambino: misure alternative e spazi ed hoc
PALERMO - Incrementare le misure alternative alla detenzione soprattutto se ci sono bambini molto piccoli e nello stesso tempo creare negli istituti di pena spazi più a misura di mamma e bambino. E' questo quello che più esperti hanno sottolineato oggi nel corso del seminario su “Quando figlie, mogli e madri incrociano il carcere”, organizzato dalla presidente della quarta commissione consiliare politiche sociali Giusi Scafidi nell'aula consiliare del comune di Palermo. Al centro del confronto, i drammi che le donne sono costrette ad affrontare dentro e fuori il carcere.
“Durante la giornata – riassume la Scafidi -, si è fatta un'attenta analisi del problema troppo spesso non trattato, parlando anche dei fondi europei e di come possono essere utilizzati dalle donne che hanno vissuto o stanno vivendo il dramma del carcere. Purtroppo, soprattutto a Palermo, non si ha una reale conoscenza delle possibilità di re-inserimento sociale che questi fondi possono offrire. Bisogna iniziare a parlarne. Sbagliamo nel non attingere da queste importanti risorse che permettono di rimettere in moto una società della legalità partendo dalle donne, figure importanti dentro e fuori il carcere.”
“Credo che ancora si debba fare molto a Palermo su temi che sono complessi. Un aspetto importante è senz’altro quello di incrementare tutti gli strumenti di tutela della relazione affettiva tra la donna e i figli – afferma il sostituto procuratore del tribunale di Palermo, Alessia Sinatra -. La donna in carcere ha diritto a recuperare le risorse necessarie per la gestione e per la cura della relazione familiare. E’ un tema certamente in cui non si può generalizzare, perché ogni detenuta porta la sua storia e ogni minore ha un equilibrio delicato da salvaguardare. Va tenuto in considerazione il tipo di reato commesso e la conseguenza che questo può avere avuto nei figli. Occorre favorire interventi multidisciplinari all’interno del carcere che, ad ampio raggio, favoriscano la motivazione al cambiamento per le persone detenute. Chi ha commesso un reato non può pensare di instaurare una buona relazione se non parte da una rivisitazione del proprio vissuto con l’ammissione delle proprie responsabilità nel caso in cui è stato arrecato anche un danno al minore".
"La tutela doverosa nei confronti della donna detenuta porta oggi a tutta una serie di interventi normativi che consentono alla donna madre, soprattutto se di un bambino piccolo, di mantenere la sua relazione affettiva - continua il sostituto procuratore Sinatra -. La dimensione carceraria oggi va pensata maggiormente anche nell’interesse del bambino consentendo spazi adeguati per favorire la crescita serena del bambino. Va limitata la custodia cautelare in carcere della donna in presenza di figli fino a dieci anni per favorire ove possibile un regime di detenzione domiciliare per la cura della relazione affettiva".
"In Sicilia abbiamo 23 istituti di pena - sottolinea Maurizio Veneziano, direttore generale del Prap Sicilia -. Abbiamo 6 mila detenuti con una presenza femminile del 2%, che corrisponde a 122 donne. Proprio per i numeri piccoli vanno favorite delle misure tali da garantire condizioni di permanenza femminile in carcere anche se il carcere è stato storicamente organizzato tutto al maschile. Per esempio, occorrerebbe di più sostituire una vigilanza ad personam con una vigilanza finalizzata alla responsabilizzazione della persona tesa al coinvolgimento attivo di questa. Vanno incrementate poi le misure alternative al carcere attivando maggiori strumenti che accompagnano la donna. Per il dopo carcere bisogna in maniera capillare lavorare anche con gli enti prevedendo maggiori progetti di reinserimento sociale".
"Il fenomeno delle minorenni in Sicilia non è particolarmente diffuso – sottolinea Angelo Meli, direttore del centro di giustizia minorile -. Le donne minorenni non hanno un’incidenza notevole sul piano dei reati. Nel 2014 abbiamo avuto 267 donne minorenni entrate nel circuito penale in Sicilia. Per un terzo si tratta di ragazze che hanno compiuto reati contro la persona all’interno del contesto familiare o contro il patrimonio. Di queste, pochissime sono entrare in istituto penale. La maggior parte di loro viene inserita, infatti, in comunità gestite da realtà che sono in convenzione con noi. In una prospettiva più ampia che riguarda i minori di entrambi i sessi, oggi occorre rafforzare le reti, le sinergie con le altre istituzioni ma anche con il privato sociale e con le associazioni di volontariato. Con il comune di Palermo ma anche con altri comuni vogliamo individuare percorsi personalizzati per questi minori, consapevoli che va data una risposta personalizzata al singolo disagio calibrata sulla singola esigenza e sulla singola personalità. Vanno, quindi, ottimizzate le risorse economiche lavorando in sinergia con pubblico e privato sociale". (set)