Servizio civile, chi rinuncia si è iscritto all’Università o ha trovato lavoro
ROMA - Un’esperienza “positiva” per avvicinarsi “mondo del lavoro, di crescita a livello personale e formativo, che consente l’accrescimento di competenze professionali e di arricchimento del curriculum vitae”. È il giudizio espresso sul Servizio Civile Universale Provinciale (SCUP) in una ricerca condotta dalla Provincia autonoma di Trento su un campione rappresentativo di giovani iscritti a questa esperienza, la prima in Italia a connotarsi del termine “universale” nel 2013.
L’indagine, condotta tra giugno e settembre scorso, ha voluto analizzare – secondo quanto ricordato dagli stessi ricercatori – “le motivazioni soggiacenti alla disponibilità allo SCUP dei giovani iscritti (ma non in servizio), esplicitando i fattori che incidono sulla (mancata) candidatura ai progetti; operare un confronto tra giovani iscritti non in servizio e coloro i quali sono in servizio circa le rappresentazioni del servizio civile; fornire le chiavi di lettura del fenomeno al fine di agire, eventualmente, sulle progettazioni future in senso migliorativo”. Per fare questo è stato selezionato un campione rappresentativo di 62 soggetti iscritti al servizio civile (ma non in servizio, al momento dell’indagine) e di circa 90 giovani iscritti ma, in quest’ultimo caso, in servizio al momento della conduzione dell’indagine.
Dall’indagine, oltre all’apprezzamento complessivo per questa esperienza, emerge tra i giovani (sia tra chi è in servizio che non) anche la forte consapevolezza a considerarla “un’opportunità per gli enti di impiegare manodopera a basso costo” e “un’alternativa al lavoro vero e proprio, per non stare a casa inoccupati”. “I giovani in servizio tendono, similmente a quelli non in servizio, a concepire l’esperienza a forte valenza formativa e professionale e come opportunità di avvicinamento al mondo del lavoro, ma, addirittura, questi tendono a vivere l’esperienza più intensamente dei coetanei non iscritti poiché essa può rivelarsi un’opportunità pratica di arricchimento del curriculum vitae”, spiegano i ricercatori.
Dalle risposte dei giovani risulta inoltre che le modalità più frequenti attraverso cui sono entrati in contatto con il servizio civile sono il “Passaparola di amici, parenti/conoscenti che lo hanno fatto” (37,2%) e “navigando in Internet” (20,9%). “Meno consistente – si può leggere nella sintesi della ricerca - è l’esserne venuti a conoscenza attraverso il Centro per l’impiego (8,1%), Giornali/tv/radio (7%), mediante Scuola o Università (4,7%) o Social network (3,5%). Pare inoltre interessante il dato secondo il quale alcuni giovani hanno conosciuto l’opportunità attraverso le Politiche Giovanili del Comune di Trento e mediante conoscenze e/o parenti che lavorano in Provincia (“Altro”, 7%)”.
Tra le principali motivazioni per le quali i giovani si iscrivono al servizio civile, si identifica il desiderio di assecondare i propri interessi formativi e professionali verso specifici progetti/attività (“La ritenevo un’esperienza ed un progetto interessante”, risponde il 33,9% di loro). Questa spinta risulta essere maggiormente forte e sentita tra i giovani in età compresa tra i 26-29 anni e i 22-25 anni. “I ragazzi più giovani (18-21 anni) risultano – secondo quanto commentano i ricercatori -, in misura maggiore, più incerti ed insicuri rispetto al futuro e si mostrano per lo più spinti da amici/parenti/conoscenti all’iscrizione (17,70% di risposte), rispetto che alle altre coorti d’età considerate”. Coesistono poi soprattutto tra i giovani dai 22 ai 25 anni, due “leve” motivazionali polari: si decide di iscriversi poiché si cerca un lavoro qualsiasi (12,90%), ma anche perché vi era il desiderio di fare qualcosa di socialmente utile (12,90%).
Interessanti, visto il dibattito di questi giorni sulla riforma del servizio civile nazionale e la proposta di ridurre le ore di servizio settimanali a 20, le risposte dei giovani trentini che pur essendosi iscritti al programma proposta dalla Provincia, non intendono portare avanti la candidatura al momento del bando. Le motivazioni sono legate al fatto “di aver incontrato altre opportunità, come essersi iscritto all’Università (26,9%), l’aver trovato lavoro (19,2%) o perché si ha svolto/si sta svolgendo un’altra esperienza di stage/tirocinio (non curriculare) (11,5%). Alcuni rivelano che si sono iscritti senza una motivazione definita, volendo dunque dare una semplice disponibilità di massima (19.2%)”.
“Richiedendo ai giovani (sia a coloro che hanno tentato almeno una volta, sia a coloro che non ci hanno mai provato) che cosa potrebbe incoraggiare loro a candidarsi, viene risposto, con maggiore frequenza, che tenterebbero se tra quelli proposti vi fosse un progetto che si occupa di cose che si ha studiato (62,9%). In secondo luogo si candiderebbero se vi fosse la certezza di essere assunti al termine del progetto (12,9%), oppure se fosse un’organizzazione di prestigio a proporre il progetto (12,9%)”, spiega la ricerca. (FSp)