19 ottobre 2017 ore: 14:53
Non profit

Servizio civile, progetti aperti a 3 mila giovani rifugiati. "Reale integrazione"

Nel 2018 saranno avviati al servizio ragazzi stranieri titolari di protezione internazionale e umanitaria. La sottosegretaria Biondelli: "Un arricchimento per tutti, anche per i nostri giovani”
Servizio civile giovani stranieri

ROMA - “Un progetto che punta tramite il servizio civile all’integrazione di 3 mila giovani stranieri titolari di protezione internazionale ed umanitaria  accanto ai loro coetanei italiani, e che vuole creare nella loro vita un legame di riconoscenza con l’Italia, oltrechè offrire loro un’opportunità di crescita sociale e di formazione civile”. Per il Sottosegretario al Ministero del Lavoro, con delega al servizio civile, on. Luigi Bobba è questo uno dei punti rilevanti della nuova progettazione aperta dal Dipartimento della Gioventù e del servizio civile nazionale martedì scorso.

Bobba lo ha dichiarato oggi in occasione della conferenza stampa indetta per presentare gli aspetti concreti del Protocollo di intesa firmato su questo tema tra Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, Ministero dell’Interno e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Oltre a Bobba presenti all’incontro anche l’on. Franca Biondelli, Sottosegretaria anch’essa al Ministero del Lavoro, e il loro omologo del Ministero dell’Interno, Domenico Manzione.

Il Sottosegretario Bobba ha anche sottolineato la “novità di un bando di progettazione del servizio civile dedicato per la prima volta a questa categoria di giovani, utilizzando i finanziamenti europei FAMI (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione) ad essi destinati, sviluppando così la collaborazione tra Ministeri e senza incidere sul Fondo nazionale del servizio civile”. “Con questi 3 mila posti aggiuntivi al fianco dei giovani italiani – ha spiegato ancora -, si vuole puntare ad una reale integrazione dei giovani rifugiati, pur con l’attenzione particolare per la loro natura specifica e la loro qualificazione, ma senza creare competizione  con i giovani italiani”.

Per la Sottosegretaria Franca Biondelli, che ha la delega per l’inclusione, le politiche sociali e l’immigrazione, questa iniziativa costituisce un “tassello importante anche per il mondo del lavoro, l’accesso al quale sarà sicuramente favorito per questi giovani. Ma sarà un arricchimento per tutti, anche per i nostri giovani”. “Ho avuto modo già all’indomani della firma del Protocollo d’intesa di dichiararmi molto soddisfatta per il risultato raggiunto. Oggi non posso che ribadirlo: è il percorso giusto perché conduce i giovani coinvolti nei progetti verso maggiori competenze e autonomia, contribuendo fortemente alla loro integrazione nel nostro tessuto sociale attraverso una maggiore conoscenza e la condivisione di valori”, ha concluso la Sottosegretaria.

Domenico Manzione, da Sottosegretario al Ministro dell’Interno con delega alle libertà civili e per l’immigrazione, ha voluto sottolineare come questa nuova progettualità punti proprio all’integrazione di questi giovani “tutelati”, sapendo che essa ha una serie di ricadute positive non solo in termini di lavoro e di ricchezza prodotti, ma anche di sicurezza per il nostro Paese. “L’idea – ha detto Menzione - è quella di aprire questa opportunità, collegandola al recente Piano nazionale per l’Integrazione varato lo scorso settembre, senza mettere in conflitto i giovani tra di loro, bensì facendoli incontrare su tematiche sociali e nell’aiuto ad altre persone”.

Per don Giovanni D’Andrea, presidente di Salesiani per il Sociale – Federazione SCS/CNOS, che ha già gestito in passato alcuni giovani rifugiati proprio in progetti di servizio civile, “punto di forza di questa proposta è l’abbattimento dei pregiudizi, perché questi ragazzi ti raccontano tutte le vicissitudini che hanno dovuto superare per arrivare in Italia. Punti critici possono essere il loro impatto con la nostra cultura, quasi sempre diversa dalla loro di origine, nel momento in cui sono inseriti in determinati servizi sul territorio, e l’aspetto burocratico che bisogna affrontare nella loro gestione”. “Sicuramente però – prosegue don D’Andrea - è un’esperienza positiva per loro e per chi li gestisce, anche se molto è demandato alle capacità e all’accompagnamento dell’Operatore Locale di Progetto, che cura l’attuazione del progetto concreto”. “La nostra esperienza ci dice che è stato un modo di concretizzare nei fatti l’inclusione, anche contro gli stereotipi che alcune realtà locali potevano avere nei confronti di questi ragazzi, e come ritorno in termini di relazione una volta terminato l’anno di servizio civile. Alcuni di loro sono infatti rimasti affezionati alle nostre Opere, tanto da ritornare a darci una mano come volontari”, conclude il Presidente di Salesiani per il Sociale. (FSp)

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