Shoah, "attenzione a non cadere nella retorica del mai più"
PALERMO - In che modo oggi si può fare memoria della Shoah alla luce delle tragedie attuali? A questa domanda oggi si è cercato di rispondere nel corso dell'incontro promosso dall'Università di Palermo su “Shoah: declinazioni del trauma”. Per l'occasione diversi studiosi e docenti universitari si sono confrontati sul tema dai punti di vista storico, giuridico e sociologico. "Per certi versi credo che oggi non abbiamo rielaborato pienamente il lutto sulle conseguenze gravi che nel 1900 hanno avuto le guerre mondiali e anche la Shoah - afferma Pierluigi Consorti dell'Università di Pisa e presidente Adec -. Soltanto se cresce la responsabilità sugli orrori del passato si può avere maggiore consapevolezza che non si deve riproporre nella storia in modo diverso ciò che già l'umanità ha subito. Purtroppo però ancora sappiamo che non siamo arrivati a questa maturazione e a dimostrarlo sono state le altre forme di violenze estreme che sono avvenute nei Balcani e che continuano a verificarsi nei campi di detenzione nei paesi africani. Oggi è proprio la paura che porta alle maggiori chiusure nei confronti degli immigrati per salvaguardare il proprio piccolo benessere e le proprie sicurezze. La paura connessa alla insicurezza spinge oggi ad alzare muri che separano ma che non sono certo risolutivi".
"Allora - ha proseguito il docente - ciò ci spinge a pensare che l'orrore della guerra e dell'Olocausto non è stato rielaborato come lutto ma soltanto come insieme di traumi e ferite da rimuovere. La conseguenza più grande è proprio quella di non essere stati ancora in grado di produrre quella spiritualità collettiva di reazioni costruttive affinchè certe cose non accadano più. L'auspicio quindi è sicuramente quello di prendere insegnamento dall'orrore della Shoah perché il lutto si possa trasformare in scelte propositive e costruttive concrete affinchè realmente si possa dire 'mai più'".
"La memoria sicuramente ci aiuta a renderci conto - sottolinea Giuseppe Verde dell'università di Palermo - che ancora ci sono diverse forme di razzismo che come un virus sono presenti nella nostra società e ci coinvolgono. E' davvero preoccupante che la parola 'razza bianca' sia tornata nel dibattito politico dei nostri giorni. Da qui la memoria storica dell'Olocausto ci deve spingere realmente a prendere consapevolezza di ciò che non dobbiamo fare più. La mancanza di consapevolezza matura sugli eventi della storia può portare oggi inevitabilmente ad avere un atteggiamento molto superficiale e non aderente alla comprensione di alcuni fenomeni complessi che oggi si vivono come per esempio l'immigrazione".
Il punto di vista particolare di chi oggi risponde ai traumi delle persone straniere sarà dato domani da Mario Affronti responsabile del servizio medicina delle migrazioni dell'azienda Policlinico di Palermo. "Negli anni a poco a poco siamo riusciti a capire che buona parte degli immigrati dietro un apparente disturbo fisico avessero delle ferite aperte declinate in veri e propri traumi nascosti di tipo psicologico ancora più grandi - dice -. Ci si è aperto un mondo che ci ha fatto comprendere e guardare con occhi diversi queste persone distrutte sul piano della loro identità. Proprio per questo è stato aperto un ambulatorio di etnopsicologia che oggi segue ed accompagna tanti immigrati facendo prevenzione del disagio psichico. Noi che siamo impegnati nella medicina delle migrazioni riteniamo che principalmente oggi siamo davanti ad un problema politico. Ancora nel mondo continuano ad esserci guerre, pulizie etniche e violenze inaudite a carico non più degli ebrei ma oggi dei musulmani, cristiani e di tanti altri. Stiamo attenti quando parliamo di shoah a non cadere nella retorica del 'mai più' che in pratica è stato disatteso perché la violenza è stata declinata in altre forme. Nonostante ciò il nostro ruolo di medici continua ad essere quello di denunciare questo clima di chiusura sociale e politica nei confronti dei migranti che fuggono dal loro paese per avere una vita migliore". (set)