Siccità, l’Osservatorio risorse idriche di Anbi: “Il fronte della ‘sete’ si estende al centro Italia”
ROMA - Se al Nord compaiono le prima autobotti per la distribuzione potabile, l’emergenza acqua sta rapidamente estendendosi al Centro Italia: è questo l’ulteriore dato di preoccupazione, che emerge dal report settimanale dell’Osservatorio Anbi (Associazione nazione dei consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) sulle Risorse Idriche nella prima stagione, in cui si evidenziano in maniera massiva le conseguenze dei cambiamenti climatici sulla Penisola.
“Esemplare è la situazione di quello, che ‘era’ il secondo fiume della Toscana (il primo, l’Arno, ha flussi dimezzati rispetto alla media mensile e, in particolare, quasi 50.000 litri al secondo in meno rispetto al giugno 2020) ridotto ormai ad uno stato torrentizio dopo mesi di sofferenza idrica: l’Ombrone registra attualmente una portata di 890 litri al secondo, quando il minimo per garantire la vita in alveo è indicato in l/s 2000! – evidenzia l’Anbi -. Nelle Marche, il fiume Sentino tocca già il minimo storico (-37 centimetri), registrato nell’Agosto 2021, anno considerato idricamente critico per la regione; anche Esino e Nera sono ai livelli più bassi del recente quinquennio, mentre gli invasi ancora trattengono volumi idrici superiori a quelli di 12 mesi fa”.
Ed ancora: “In Umbria, le scarse precipitazioni di maggio trascinano livelli bassi nei corpi idrici della regione (gli invasi del lago Trasimeno e della diga Maroggia sono praticamente dimezzati rispetto agli anni scorsi), ma non solo: il fiume Tevere, nel suo tratto iniziale, registra il livello più basso (cm. 35) dal 1996. L’andamento deficitario del corso d’acqua tiberino prosegue nel Lazio, dove più grave, però, è la situazione dell’Aniene, ridotto ad una portata di circa 3.000 litri al secondo contro una media di oltre l/s 8.000; crolla anche la portata del Sacco, così come in calo sono i livelli dei laghi romani (Nemi scende a cm. 47 contro m.1,66 del Giugno 2021 e Bracciano ha un livello inferiore di 25 centimetri all’anno scorso)”.
Al Nord “capitola” il delta del Po, “conquistato” ormai per 30 chilometri dalla risalita del cuneo salino, registrata a Goro con l’alta marea mentre, lungo tutta l’asta, il più importante fiume italiano è al di sotto dei minimi storici, registrando una “magra” epocale. “In rapida decrescita sono anche i grandi laghi del Nord Italia (ad eccezione del Benaco), il cui bilancio idrico è deficitario – sottolinea l’Anbi -: in una settimana, il Maggiore si è abbassato di 20 centimetri, il Lario di oltre 30 e l’Iseo di cm. 7; il lago Maggiore trattiene il 23,2% di acqua e con cm. -7,5 segna il record minimo dal 1946, mentre la portata erogata dal lago di Como nel fiume Adda ha toccato punte doppie rispetto agli afflussi da monte ed il riempimento del bacino è sceso in una settimana dal 54,7% al 30,6%. Restando in Lombardia, sono ormai completamente esaurite, con 2 mesi d’anticipo, le riserve di neve: quest’anno, per altro, la quantità nivale, normalmente presente in quota agli inizi di giugno (738 milioni di metri cubi), non è mai stata raggiunta, toccando un picco massimo di soli 640 milioni di metri cubi. E’ questa la grande differenza con l’estate 2021 che, pur avendo presentato lunghi periodi con assenza di precipitazioni, poteva contare su una riserva di neve, che ad inizio giugno era doppia rispetto alla media. Anche gli invasi idroelettrici sono ai minimi storici”.
“La grave situazione d’emergenza nel bacino padano necessita di un’assunzione di responsabilità che, nel rispetto delle priorità di legge, coinvolga tutti i soggetti interessati. Per questo, è necessaria l’attivazione di una cabina di regia sotto il coordinamento della Protezione Civile”, ribadisce Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque Irrigue.
In Valle d’Aosta, dove sono in leggero rialzo le portate della Dora Baltea e del torrente Lys, uno studio della Società Meteorologica ha certificato la grave condizione, in cui versano i ghiacciai del Grand Etrét (Valsavarenche) e Ciardoney (Val Soana): nel primo, l’accumulo di neve medio è di 127 centimetri, vale a dire il livello più basso finora registrato ed inferiore di circa il 62% rispetto alla media del periodo 2000-2021 (cm. 331) e dell’11% per quanto riguarda la normale densità; anche sul ghiacciaio Ciardoney, le misure di accumulo confermano la situazione di scarsità estrema con spessori di neve, che vanno da cm. 165 nel punto più elevato ad appena 25 centimetri nel settore mediano, cioè il 25% dei livelli generalmente rilevati, segnandoo il record negativo in tempi recenti.
L’ulteriore tracollo delle portate dei fiumi piemontesi (da diverso tempo inferiori del 30% alle portate medie) testimonia come i benefici apportati dai brevi, ma intensi fenomeni meteo, registrati la settimana scorsa, vengano vanificati dalla perdurante ondata di calore, che da oltre un mese “soffoca” tutta la Penisola con temperature tra i 3 ed i 4 gradi superiori alla media e, in molte zone, con massime stabilmente ben al di sopra dei 30°. Il deficit pluviometrico estremo rilevato su tutto il Piemonte provoca livelli di falda quasi ovunque al di sotto dei minimi storici e, anche in Piemonte, la riserva di neve risulta azzerata con 2 mesi d’anticipo.
Stessa situazione (niente più neve sui monti e falde a secco) si registra in Veneto, dove il fiume Adige si mantiene su livelli minimi rispetto al passato così come gli altri corsi d’acqua della regione.
Scendendo a Sud, a fare da cuscinetto con la grave situazione idrica, che si registra nell’Italia centro-settentrionale, è la Campania, dove permane il rischio di siccità nel bacino idrografico del Liri-Garigliano e Volturno, ma salgono i livelli idrometrici dei principali fiumi, anche se si segnalano in deciso calo i volumi dei bacini del Cilento. In Puglia, i bacini trattengono volumi d’acqua in linea con quelli del positivo 2021.
Si differenzia altresì la vicina Basilicata, il cui volume di risorsa stoccata cala di oltre 16 milioni di metri cubi in 12 giorni, confermando la tendenza a consumare maggiori quantità d’acqua rispetto al 2021 (+ 5 milioni di metri cubi) a causa delle alte temperature.
Infine, in questa annata idricamente straordinaria, la Sicilia è sorprendentemente al riparo dai rischi di un’estate “assetata”, grazie ai buoni livelli registrati nei bacini nel mese di maggio (+20% rispetto all’anno scorso).