17 dicembre 2018 ore: 14:44
Economia

Sicilia, il 42% dei bambini e adolescenti vive in povertà

Presentato a Palermo l'Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children. Pesano l'ambiente e le condizioni di vita delle famiglie. "Serve un patto che abbia approcci e metodologie nuove tra istituzioni e privato sociale".
Incontro minori palermo - Foto termini
Incontro minori palermo - Foto termini

PALERMO - Nel capoluogo siciliano  vivono nelle periferie 'urbane e sociali' il 60% dei bambini al di sotto dei 15 anni. “In Sicilia il 42% dei bambini e adolescenti vive in condizioni di povertà relativa. Ma non sono solo le condizioni economiche del nucleo familiare a pesare sul loro futuro. L’ambiente in cui vivono ha un enorme impatto nel condizionare le loro opportunità di crescita. Pochi chilometri di distanza, tra una zona e l’altra, possono significare riscatto sociale o impossibilità di uscire dal circolo vizioso della povertà.

A Palermo piccoli e grandi (15-52 anni) sono  senza diploma di scuola secondaria di primo grado segnando il dato più basso (2,3%) a Malaspina-Palagonia per impennarsi al 23% a Palazzo Reale-Monte di Pietà.  Differenze sostanziali tra una zona e l’altra riguardano anche i Neet, ovvero i ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano più, sono senza lavoro e non sono inseriti in alcun circuito di formazione: anche in questo caso le differenze tra aree della città sono significative e vanno dai numeri più bassi di Libertà (8,8%) a zone dove la concentrazione è più alta come Pallavicino (26,1%)5. Anche i dati tratti dai test INVALSI confermano il divario nell’apprendimento scolastico e questi stessi quartieri sono divisi da una distanza siderale di 21 punti INVALSI.

Questi sono alcuni dei dati messi in luce dal IX Atlante dell’infanzia a rischio “Le periferie dei bambini” di Save the Children che  è stato presentato ieri nei locali di CRE.ZI.PLUS presso i Cantieri Culturali alla Zisa di Palermo. Alla presentazione sono intervenuti Cristina Alga dell'Ecomuseo Mare Memoria Viva; Giulio Cederna, curatore dell'Atlante; Pasquale D’Andrea, Garante dei diritti dell'Infanzia del Comune di Palermo; Francesco Di Giovanni, Centro Tau - Associazione Inventare Insieme; Antonietta Fazio, San Giovanni Apostolo onlus; Marco Picone, Università degli Studi di Palermo. Ha moderato i lavori Mariangela Di Gangi del Laboratorio Zen Insieme. Save the Children è presente in Sicilia con tre Punti Luce, due a Palermo (Zisa e Zen2) e uno a Catania (San Giovanni Galermo), per un totale di quasi 1500 bambini e adolescenti che hanno potuto usufruire delle attività a loro dedicate

“Sicuramente possiamo fare ancora meglio e di più su un tema così delicato come questo – afferma l'assessore alla cittadinanza solidale Giuseppe Mattina -. Il contrasto alla povertà educativa si può fare solo se le istituzioni si impegnano insieme al privato sociale, rilanciando un patto che abbia approcci e metodologie nuove. Nonostante le difficoltà a mettere in campo tutte le misure perchè spesso la macchina burocratica si ingolfa riusciamo, anche se a fatica, a dare più risposte di prima. Da gennaio prossimo avremo altri 49 assistenti sociali in più sul territorio. Solo insieme a tutte le forze sociali possiamo attivarci sempre più concretamente senza fare disperdere le risorse nella prospettiva di fare crescere quel senso della comunità educante ampia”.

“A Palermo purtroppo, nonostante gli sforzi dell'amministrazione – incalza Mariangela Di Gangi del laboratorio Zen Insieme e da poco portavoce anche di Sinistra Comune – le risposte ai bisogni dei bambini e dei  ragazzi dei quartieri più difficili sono ancora purtroppo molto poche. Tutti i percorsi partecipativi sono importanti soltanto quando diventano poi concreti perchè solo così sono in grado di ingenerare cambiamento e trasformazione culturale”.

“Ancora le 'periferie' della città sono tante isole con tanti problemi e forti connessioni con la criminalità organizzata – sottolinea pure Francesco Di Giovanni del centro Tau della Zisa e impegnato anche a Danisinni -. Il rischio è che, se non si inquadrano gli incontri e gli interventi in una visione ampia, rischiamo di indebolirci tutti. Non si può parlare di investimenti sul sociale perchè, a livello regionale per esempio,  il problema ancora più grave oggi è che non si sono spese le somme dedicate facendo perdere tutte le opportunità di crescita dei territori. Il confronto con molte istituzioni dovrebbe essere continuo se le azioni concrete devono essere frutto di una visione dentro una Mission. Occorre allora rileggere l'Atlante confrontandolo con quello degli anni passati per capire come si è andati avanti e quanti nodi critici ci siano ancora da sciogliere se pensiamo  alla criminalità e a tutte le economie illegali parallele”. 

Da anni paghiamo il duro prezzo dell'assenza delle istituzioni dentro il quartiere – aggiunge pure Antonietta Fazio dell'associazione San Giovanni Apostolo del Cep -. Nonostante tutto con la tenacia e la passione di sempre siamo andati avanti nel sostenere le famiglie e i bambini. Proviamo a lavorare facendo tesoro di quel poco che abbiamo ben consapevoli che la microcriminalità è cresciuta e l'assenza degli interventi dentro le famiglie è fortemente deleteria. Occorre lavorare molto sulle giovani mamme per capire i loro bisogni e soprattutto i loro desideri spezzati spesso da un'infanzia mai vissuta. Oggi allora piuttosto che correre è arrivato il tempo di fermarci e di fare un passo indietro che ci permetta di capire come intervenire per evitare il peggio”. “A Palermo ancora è come se ci fossero dei mondi paralleli quando parliamo di risposte alla povertà educativa – conclude Giulio Cederna -. Se da una parte, infatti, rileviamo bellissime esperienze dall'altro continuiamo a chiederci come mai non si riescono a spendere  i soldi della legge 285 e poi ancora come mai non si è ancora aperto l'asilo a Danisinni e non vengono dati sostegni adeguati a chi opera nelle zone a rischio come l'associazione San Giovanni Apostolo del Cep”.

“Anche se sono ancora pochi va ricordato, come nota positiva che finalmente in città cominciano a vedersi i giovani che rischiano mettendosi in gioco – sottolinea il garante Lino D'Andrea – grazie alla rete di chi li sostiene. Dobbiamo però creare ancora di più le condizioni affinchè adulti e giovani diventino insieme attori del cambiamento. Con i minori stranieri, per esempio, abbiamo realizzato un modello educativo che ha dato buoni risultati. Non dobbiamo isolarci né andare in ordine sparso perchè è solo insieme, con proposte e idee concrete, che possiamo fare crescere le competenze e mettere a sistema i servizi”. (set)

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