Sindrome di down, a Torino l’Anffas apre un centro per l’educazione alla vita autonoma
TORINO - Non ha nulla di cui vergognarsi e la sua vita non è certo in pericolo, ma di dire il suo cognome ai giornalisti non ne vuole sapere. E, anzi, del suo gesto ne parla pure di malavoglia, ché “certe cose si fanno, non si dicono e tantomeno bisogna vantarsene”. Perché la signora Nicoletta, come le dame di carità di seicentesca memoria, è una benefattrice all’antica: è stata lei a concedere l’appartamento torinese di via Groscavallo 9, in cui l’Anffas ha appena inaugurato un centro residenziale che verrà utilizzato per progetti di educazione alla vita autonoma a beneficio dei ragazzi con sindrome di Down.
“In realtà - spiega la presidente Piera Parnigoni Civallero - questo posto è attivo già da un anno. Lo abbiamo ristrutturato nel 2013, dopo che Nicoletta ce lo ha lasciato in comodato d’uso. All’inizio l’idea era di utilizzarlo per attività di diverso tipo, anche con i disabili motori: ma non c’è ascensore, per cui abbiamo deciso di destinarlo esclusivamente a percorsi di massima autonomia”.
Detto in altri termini, una o più volte la settimana i ragazzi vengono qui, dopo la scuola o il lavoro, e vivono per qualche giorno senza la supervisione dei genitori: con loro c’è soltanto un’operatore, che in genere si limita a buttare un occhio, senza interferire in nulla di ciò che fanno. E così, in via Groscavallo si impara a cucinare, a stirare, a farsi il letto ma anche a ridere, a scherzare e, quando è il caso, a sopportarsi a vicenda. Le attività non è l’Anffas a organizzarle: “a Torino - continua Civallero - ci sono già molti enti, tra associazioni e cooperative, che organizzano programmi di questo genere: noi ci limitiamo a fornir loro uno spazio, che possono utilizzare finché vogliono”.
Sono sei, al momento, le realtà che stanno usufruendo della struttura: tra queste, l’associazione AirDown e le cooperative l’Arco e Valemour. Molte altre sono transitate nei mesi scorsi, prima di trovare delle sedi stabili, e così In via Groscavallo sono già passati almeno 50 ragazzi: “il cambiamento è impressionante” assicura Civallero. “Questi ragazzi arrivano a volte in età adulta con dei genitori iperprotettivi, che non si rendono conto che, pur col loro amore, possono finire per danneggiarli. Il senso di libertà, la sensazione di diventare indipendenti è una delle esperienze fondamentali nella vita di chiunque, ed è giusto che qualcuno si preoccupi di farla fare anche a loro”.
Il tutto, ancora una volta, grazie alle molte signore Nicoletta di questo mondo: “senza le quali - conclude Civallero - le associazioni come la nostra oggi non potrebbero sopravvivere. La politica non fa altro che riempirsi la bocca col valore del volontariato; peccato che poi ci taglino il fondo per le non autosufficienze, costringendo i malati di sla a scendere in piazza. Il ‘dopo di noi’ in Italia rischia di diventare un’utopia; e non fosse per le donazioni ,oggi faremmo fatica perfino ad esistere. Io ormai non faccio altro che chiedere soldi ad amici e parenti - si schernisce - e son sicura che tra qualche Natale nessuno vorrà invitarmi più alle cene” (ams)