30 ottobre 2024 ore: 14:32
Salute

Sindrome di Rett, l'Intelligenza artificiale “impara” a riconoscerla

Al via la raccolta di video amatoriali per ‘addestrare‘ l’Intelligenza Artificiale a individuare precocemente la malattia. L'iniziativa nell'ambito del progetto “Anticipated”, finanziato dall'Unione europea e coordinato dall’Azienda ospedaliero-universitaria Senese
intelligenza artificiale

ROMA - Utilizzare tecniche avanzate di intelligenza Artificiale (IA) per riconoscere, fin dai primi mesi di vita, gli impercettibili segnali della sindrome di Rett, una rara malattia genetica che viene generalmente diagnosticata fra i due e i tre anni d’età. È l’obiettivo del progetto ‘Anticipated’, che ora ha bisogno dell’aiuto di tutti: al fine di insegnare all’IA come riconoscere i comportamenti atipici durante lo sviluppo post-natale, i ricercatori stanno promuovendo una campagna di raccolta di video amatoriali retrospettivi di neonate/i fino a sei mesi di età, sia sane/i che con diagnosi di sindrome di Rett.

Il progetto, finanziato dall’Unione europea nell’ambito del bando Next Generation EU – PNRR M6C2, è coordinato dall’Azienda ospedaliero-universitaria Senese (Aous), e partecipano oltre all’Istituto Superiore di Sanità (col Centro di riferimento per le Scienze comportamentali e la Salute mentale), l'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR e l'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Associazione oasi Maria SS. Onlus" di Troina.

La sindrome di Rett colpisce prevalentemente bambine, che crescono normalmente fino ai 6-18 mesi di vita, quando iniziano a manifestare la regressione delle abilità motorie precedentemente acquisite, come gattonare e afferrare o lanciare oggetti, e la graduale comparsa dei sintomi tipici della patologia, quali le disfunzioni respiratorie e cardiache, epilessia, difficoltà comunicative e intellettive.

“Quando i sintomi sono ormai manifesti, il quadro clinico viene confermato da un test genetico – spiega Bianca De Filippis, leader del gruppo ISS che partecipa allo studio - Ciò significa che la diagnosi viene raggiunta dopo i due anni di età nella maggior parte delle bambine, ritardando l’accesso alle opzioni terapeutiche disponibili. Pochissime informazioni sono state raccolte sullo sviluppo dei primissimi mesi di vita delle pazienti. Le indicazioni che abbiamo ci danno tuttavia ragione di credere che esistano alterazioni precoci, seppur lievi, la cui caratterizzazione aiuterebbe ad anticipare i test genetici e ottenere una diagnosi precoce”.

Una diagnosi tempestiva, seguita da cure più precoci, spiegano Livia Cosentino e Chiara Urbinati, ricercatrici del gruppo ISS, potrebbe incidere fortemente sul decorso della malattia. I video amatoriali, e i relativi dati sensibili, raccolti nell’ambito del progetto “Anticipated”, verranno trattati in modo sicuro e anonimo, nel rispetto dei principi etici e delle vigenti normative sulla riservatezza. Per partecipare allo studio con i propri video, o per richiedere informazioni, scrivere a: bianca.defilippis@iss.it o livia.cosentino@iss.it.

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