Siria, sei anni dopo "ancora nessuna via di fuga per la popolazione"
ROMA - A sei anni dall’inizio della crisi che portato la Siria in una sanguinosa guerra civile, milioni di persone si ritrovano oggi intrappolate, vittime di politiche restrittive che innalzano muri e di fatto impediscono una chance di futuro a chi ha dovuto lasciarsi tutto alle spalle. I quasi cinque milioni di siriani che sono riusciti a scappare dal paese oggi vivono sulla propria pelle le conseguenze delle decisioni dei paesi più ricchi del mondo che si traducono per moltissimi nell’impossibilità di trovare un luogo sicuro in cui vivere: da inizio anno Stati Uniti, Unione europea e Gran Bretagna hanno variamente modificato, sospeso o cancellato tutte quelle politiche in grado di garantire accoglienza a decine di migliaia di rifugiati. A denunciarlo è Oxfam in un nota.
Siriani in trappola. Secondo l’organizzazione allo stato attuale ci sono 78.000 siriani bloccati al confine con la Giordania, centinaia di migliaia respinti alla frontiera con la Turchia, 640.000 in Siria, sotto l’assedio militare imposto dal governo e i suoi alleati, dai gruppi armati di opposizione e dall’Isis.“Invece di porre fine alle incredibili violenze che affliggono la Siria da 6 anni, si impedisce ai siriani di mettersi in salvo da quelle stesse violenze. È il generale consenso che accomuna il mondo oggi. – ha detto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia – Il risultato è che centinaia di migliaia di persone vivono nelle aree di guerra o in un paralizzante stato di assedio, mentre in tantissimi non hanno nessuna speranza di reinsediamento in altri paesi o di ritorno a casa, a causa di un conflitto che sembra non dover finire mai.”
Nessuna via di fuga: porte chiuse in Usa e Ue. Oxfam ricorda cheil presidente Usa Donald Trump ha recentemente firmato un nuovo ordine esecutivo che blocca il programma di reinsediamento per i rifugiati nel paese per 120 giorni. Un bando senza precedenti che pone a serio rischio la vita dei siriani e di altri rifugiati, per via delle complicatissime procedure di ingresso che rendono insufficiente la finestra di 2 mesi di tempo messa a disposizione per espletarle. Inoltre, proprio a partire dal 15 marzo, nel sesto anniversario dall’inizio della crisi, l’Unione europea revocherà la sospensione sul ritorno dei rifugiati in Grecia, ripristinando così il regolamento di Dublino (sospeso dal 2011), con la conseguenza che chi si troverà in altri paesi europei dopo quella data, rischierà di essere rimandato in Grecia per presentare la sua domanda di asilo. Tutto ciò, nonostante la stessa Commissione europea abbia ammesso che le politiche attuate sinora, creino un’enorme pressione sul sistema di asilo greco, costringendo decine migliaia di persone a vivere in condizioni disumane. Il 15 marzo coincide anche con l’anniversario dell’accordo UE-Turchia, che ha causato enormi sofferenze a tantissimi profughi, in buona parte siriani, che cercavano in Europa una possibilità di futuro. “La scia che l’accordo si lascia dietro sono le migliaia di persone costrette a vivere in condizioni disumane nei campi sovraffollati delle isole greche, i ritorni forzati in Turchia, la volontà dell’Europa a non prendersi carico delle richieste d’asilo di chi è in fuga dalla guerra. A rendere il quadro ancora più sconfortante, un emendamento alla legge sull’immigrazione in Gran Bretagna, varato l’anno scorso, impedisce l’ingresso a minori migranti non accompagnati provenienti da altri paesi europei” sottolinea l’organizzazione.
La morsa siriana: “servono corridoi umanitari”. “All’interno della Siria, i civili nelle aree assediate sono stretti in una morsa micidiale. Come ad Aleppo dove a fine 2016, dopo la riconquista della città da parte delle forze governative e i suoi alleati, la scelta era evacuare lungo strade pericolose verso aree altrettanto insicure, o rimanere con il rischio di essere accusati di connivenza con gli oppositori”, continua la nota. Gli operatori umanitari civili che hanno assistito le loro comunità in questi anni di guerra non sfuggono a questa condizione di pericolo e sempre più spesso sono a rischio di rappresaglia. “Siamo di fronte alla più grande tragedia umanitaria dal secondo dopo guerra. Come rappresentanti della società civile non potevamo rimanere con le mani in mano - ha detto Alessandro Bechini, direttore dei programmi in Italia di Oxfam - Da aprile Oxfam aderisce al progetto Corridoi umanitari, inaugurato più di un anno fa dalla Diaconia valdese e dalla Comunità di S. Egidio, che ha già portato in Italia 700 rifugiati siriani vulnerabili, attraverso una via sicura e grazie a visti umanitari previsti dal diritto internazionale. L’obiettivo è ospitarne 1.000 entro la fine del 2017 in varie città italiane e il primo gruppo di rifugiati di cui Oxfam si farà carico, sarà accolto nel Comune di Rosignano Marittimo. L’appello che rivolgiamo ai leader del mondo è di smettere la politica dei muri e di rispettare gli impegni di reinsediamento assunti nei confronti di chi fugge dalla guerra.”