Spreco alimentare: nuova legge, una "sfida" per il terzo settore
ROMA – Con la nuova legge sugli sprechi per le imprese sarà più facile donare: l’obiettivo è raddoppiare il recupero delle eccedenze alimentari in Italia. A poco più di un mese dall’entrata in vigore della nuova legge sulla limitazione degli sprechi (n.166 del 19 agosto 2016), la promotrice del testo, la deputata del Pd Maria Chiara Gadda, rilancia la sfida durante la tavola rotonda organizzata ieri a Roma dalla Coop per presentare i risultati di alcuni dei progetti messi in campo dall’azienda per ridurre le eccedenze alimentari. Una legge che ha trovato terreno fertile sia nel mondo delle aziende, sia in quello delle organizzazioni del terzo settore, ma che ora ha il compito di invertire le tendenze finora registrate.
“Questa legge dici dà la possibilità di mettete in discussione tante cose che hanno rappresentato lo scenario di questi ultimi anni – ha raccontato Gadda -. Tuttavia non partiamo dall’anno zero. La legge non fa altro che riconoscere il lavoro troppo silenzioso fatto da imprese e associazioni che si sono assunte la responsabilità di donare pur con i tanti ostacoli. Non erano scuse, ma ostacoli veri, una burocrazia ridondante e una normativa che non consentiva di donare in modo sereno. La legge mette a sistema le esperienze più virtuose nate nel nostro paese. Siamo i primi in Europa ad aver adottato un provvedimento di questo tipo”.
I numeri. I dati sul recupero delle eccedenze alimentari, intanto, sono ancora lontani dagli obiettivi del legislatore. “Ogni anno si recuperano di circa 500 mila tonnellate di eccedenze – ha spiegato Gadda -. Un numero considerevole, ma non se paragonato all'eccedenza che è pari a circa 5,6 milioni di tonnellate. Abbiamo ancora tanta strada da fare e il nostro obiettivo provare a raddoppiare questo quantitativo, soprattutto su quei prodotti che è più difficile recuperare e gestire, che sono quelli che si sprecano di più”. Il tema della lotta agli sprechi, ormai è all’ordine del giorno non solo in Italia. A livello mondiale la Fao, l’organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha quantificato lo spreco alimentare in 1,3 miliardi di tonnellate l’anno, pari ad un terzo dell’intera produzione agroalimentare. Una quantità che se riutilizzata potrebbe idealmente sfamare per un anno intero metà dell’attuale popolazione, ovvero 3,5 miliardi di perone. Circa 88 milioni di tonnellate di cibo, invece, vengono sprecate in un anno in Europa per un valore di 143 miliardi di euro.
In Italia, lo spreco fra le mura domestiche riguarda 8,4 miliardi di euro ogni anno, pari a 350 euro a famiglia in una anno, secondo i dati riferiti al 2015 dell’Osservatorio sugli sprechi delle famiglie italiane Waste Watcher. Che sia il contesto domestico quello maggiormente responsabile del fenomeno spreco lo conferma anche Matteo Guidi, amministratore delegato Last Minute Market, spinoff dell’Università di Bologna. “I dati di alcune organizzazioni internazionali ci dicono che si spreca in tutta la filiera, ma principalmente all'inizio e alla fine – ha spiegato -. Si spreca di più nella produzione e nei contesti domestici. L'ultimo dato uscito da un progetto europeo al quale abbiamo partecipato ha quantificato l'incidenza dello spreco domestico su tutta la filiera di oltre il 50 per cento. Se poi aggiungiamo quello che viene gettato via a livello di altri livelli del consumo, come la ristorazione collettiva, pubblica e privata, ristoranti e mense, arriviamo a circa il 77 per cento di spreco su tutta la filiera. Una situazione caratteristica dei paesi più industrializzati, mentre quelli in via di sviluppo l'incidenza principale l'abbiamo nei primi passaggi della filiera, nei casi di raccolta e post raccolta dei prodotti”. Per questo, ha aggiunto Guidi, è necessario “insistere sulla sensibilizzazione e formazione del consumatore e sulle leggi e normative”.
La sensibilizzazione dei cittadini e delle imprese è proprio una delle novità introdotte dalla nuove legge, magli altri strumenti previsti sono ancor più interessanti. Il testo, infatti, prevede l’estensione della facoltà di donare a tutte le organizzazioni con finalità solidaristiche (non soltanto alle Onlus) e a nuove categorie di prodotti (come quelli destinati a igiene, pulizia della casa e della persona, indumenti e farmaci). Prevista anche la semplificazione delle procedure amministrative a carico delle imprese donatrici. Le donazioni, inoltre, sono consentite per i prodotti alimentari secchi anche oltre il termine minimo di conservazione e per i prodotti finiti della panificazione entro le 24 ore successive alla produzione. Infine, la legge prevede un monitoraggio e una regia in capo a un Comitato ministeriale partecipato dalle organizzazioni imprenditoriali.
Una legge che promette bene e che ha già innescato il cambiamento, come ha raccontato Enzo Costa, presidente nazionale Auser. “Questa legge rappresenta un momento di svolta – ha spiegato Costa -: qualcosa è già cambiato. Ad esempio i bandi per le mense pubbliche danno un vantaggio a chi dichiara di avere una rete di distribuzione degli sprechi alimentari. Siamo stati contattati da aziende che partecipano a bandi per la realizzazione dei pasti nelle caserme in tutta Italia che ci hanno chiesto di firmare una convenzione per la rete nel riutilizzo degli sprechi”. Per Costa, la legge rappresenta anche un primo passo per arrivare ad una “conquista civile che il questo paese manca che è il diritto al cibo – ha aggiunto -. Cosa serve insieme alla legge oggi? Quella organizzazione territoriale strutturata. Mi rivolgo principalmente ai comuni. Serve far rete e che tutte le associazioni si mettano insieme e che i comuni aiutino le associazioni a dotarsi di centri di accumulo e distribuzione”. Al terzo settore e non solo, ora il compito di attivarsi per poter trasformare un testo di legge in realtà. “La legge che mette al centro la dimensione del dono – ha commentato Monica Tola, di Caritas italiana -. Rende più facile donare e di conseguenza elimina gli sprechi. Non è un dettaglio di poco conto per chi, come la Caritas o altri enti, incontra tutti i giorni le persone che non ce la fanno, quelle per le quali il diritto al cibo è una speranza. La legge, però, per noi è anche una sfida: ci apre molte opportunità, ma richiede molta responsabilità”. (ga)