Stato di salute dei migranti: ecco i miti da sfatare
ROMA - Dalla tubercolosi all'Aids, dalla scabbia alle peggiori malattie. Quando si parla di immigrati è facile cadere nei luoghi comuni. Dettati dalla paura o da chi cavalca questo tema in termini elettorali. Per fare chiarezza abbiamo intervistato la professoressa Silvia Angeletti, responsabile dell'Unità operativa di laboratorio del Campus Bio-medico di Roma.
Professoressa i migranti portano malattie?
In relazione a questi allarmi abbiamo voluto scattare, già da qualche anno, una fotografia scientifica e verificare la possibilità che questi migranti potessero o meno essere portatori di malattie infettive o, più in generale, di patologie. Così abbiamo stretto una collaborazione con il centro 'Cara' di Castelnuovo di Porto che ci ha consentito di fare sorveglianza o microbiologica in gruppi di migranti. Inizialmente abbiamo messo sotto osservazione 48 migranti siriani che erano appena arrivati in Italia. Abbiamo realizzato una sorveglianza biologica, che facciamo in modo sistematico anche nel nostro ospedale, e abbiamo constatato che questi migranti arrivano come portatori sani e presentano solo lievi modifiche dei potenziali batteri patogeni. Soltanto in un caso abbiamo riscontrato un'infezione clinicamente manifesta da batterio multiresistente, curata e risolta poi presso il centro 'Cara'. Abbiamo anche svolto uno studio del genoma di questo batterio mettendolo a confronto con quello di altri batteri che abbiamo isolato sia nel nostro ospedale sia in altri paesi in cui il migrante si era spostato durante il suo viaggio. E' emerso che l'infezione non era stata contratta né in Italia né nel paese di origine del migrante bensì in Grecia, durante la migrazione appunto.
Nel centro di Castel Nuovo di Porto sono registrati 800 migranti. Dati alla mano è emerso che queste persone non veicolano più malattie degli italiani. Forse il problema è piuttosto quello della resistenza agli antibiotici, visto che ne facciamo un uso smodato...
Noi proponiamo lo stesso modello tipo di sorveglianza microbiologica anche nei nostri ospedali. Nel caso di pazienti portatori sani si registra spesso la presenza di germi multiresistenti, questo è correlato purtroppo alla situazione nel nostro paese. Nell'area del Mediterraneo la presenza di batteri che hanno sviluppato ad esempio resistenza ai carbapenenici, i quali sono l'ultima scelta di trattamento antibiotico in pazienti in terapia intensive, è alta. Per tale ragione noi sorvegliamo la popolazione nel nostro ospedale perché quando si registrano portatori sani di resistenze questi pazienti vengono evidenziati e viene subito limitata la successiva diffusione in ambito ospedaliero. Abbiamo pubblicato i nostri studi su riviste scientifiche internazionali, inj particolare quello relativo al movimento di questi batteri all'interno nel nostro nosocomio reparto per reparto, in modo da mettere in atto delle strategie preventive che ci hanno permesso di diminuire di molto l'incidenza di infezioni nella struttura.
Ad oggi si spendono 20 miliardi di euro l'anno per debellare queste infezioni dentro i nostri ospedali. Questa buona pratica che avete messo in atto può essere adottata da tutti?
Sì, con queste pratiche siamo riusciti ad abbattere tantissimo la diffusione di infezioni. Resta comunque il problema di mettere in atto dei programmi per l'uso appropriato dell'antibiotico in termine di composto ma anche di dose e durata della terapia. Al Campus Bio-medico si sta cercando di applicare questi modelli per evitare che si sviluppino ulteriori resistenze, al fine di preservare delle strategie terapeutiche che ci consentano di curare anche infezioni gravi.
Un appello ai medici?
Fate usare in modo appropriato gli antibiotici, perché sono un'arma molto importante. Ma come tutte le armi, se usate male possono causare danni peggiori. (DIRE)