Stazioni attrezzate per i disabili: la battaglia di Elisa tra sogni e promesse
Elisa Bortolazzi
Al centro Elisa Bortolazzi |
BOLOGNA – Un inizio d'anno in sordina per Elisa Bortolazzi, 20 anni e in lotta da 12 mesi con le Ferrovie alle quali chiede di attrezzare per i disabili la stazione di San Felice sul Panaro, dove vive. A mobilitarsi per lei l’università di Bologna, dove studia Giurisprudenza, e i media locali e nazionali. Un tam tam che ha fatto il giro della penisola e che ha fatto sì che Elisa trovasse prime risposte sia in Rfi che nel governo: si parlava infatti di una messa a punto della stazione in tempi brevissimi. Dopo circa un mese di promesse non arrivano però nuove notizie e il 2014 non inizia certo con buone prospettive. "Non ho perso la speranza perché so che nella mia battaglia non sono sola - racconta Elisa che sogna un futuro fatto di mezzi pubblici veramente attrezzati per i disabili -. Sicuramente però non sono entusiasta come quando ho ricevuto la prima telefonata: ora vorrei delle risposte concrete che mi assicurino la messa a punto della stazione".
Elisa, stai lottando tanto per raggiungere le aule universitarie. Come va con lo studio?
Sono in regola con le materie e ho la media del 28. Direi che va bene. Adesso sto preparando tre esami da sostenere tra gennaio e febbraio. Mi sembra il minimo che possa fare dati i sacrifici che fa mia mamma per accompagnarmi a lezione e tutti i permessi che prende dal lavoro. A lei, d’altronde, non pesa proprio perché vede che non la prendo in giro. box
Come raggiungi solitamente l'Università?
Di solito parto alle 8.30 in auto grazie alla compagnia di mia madre. Quando prendo il treno posso fare tutto con più calma e svegliarmi un po’ dopo perché partirei alle 9.06. È anche per questo che ci tengo molto alla mia indipendenza. Sono nata di 7 mesi e ho avuto una paralisi che mi ha colpito gli arti inferiori. Mi sposto con una sedia a ruote manuale perché è decisamente più leggera e maneggevole, anche da caricare in macchina, rispetto a quella elettrica. Non ho una paresi completa e con dei supporti adatti ed aggrappandomi riesco a fare qualche passo, ma con molta difficoltà e, in ogni caso, i tutori sono molto fastidiosi.
San felice sul Panaro è uno dei comuni colpito dal terremoto dello scorso anno. Come hai vissuto quel momento?
Ho avuto molta paura anche perché vivo in una casa su più piani. Io ero al piano di sopra e si sono rovesciati parecchi mobili che ostruivano il servo scala. Mi hanno presa in braccio e portata al piano inferiore. Così abbiamo potuto evacuare la casa. Poi ho vissuto un mese in automobile. È stato un po’ come un gioco, c’erano i miei cugini e tutta la famiglia era unita nella stessa zona. Noi però non siamo andati in tende o moduli abitativi perché per me sarebbe stato molto difficile. Abbiamo vissuto in affitto e da pochissimo tempo siamo rientrati in casa. Inizialmente avevo l’ansia a stare al piano di sopra, un minimo rumore o anche un camion che passava e faceva tremare i vetri mi spaventava. Ora va molto meglio. Sto ricominciando ad abituarmi.
Come vivi adesso nel tuo paese?
Quando non sono a Bologna passo molto tempo a studiare. Poi il pomeriggio, o la sera, faccio la volontaria all’Avis. Sto in segreteria, mando mail e faccio chiamate. Non posso donare il sangue ma mi piace aiutare in questo modo. Poi capitano anche le sere che esco con le mie amiche, anche se San Felice non è proprio il massimo dell’accessibilità.
Hai fatto scoppiare un caso intorno a te. Sei contenta dei risultati raggiunti?Sono molto contenta dell’attenzione che ho suscitato e dell’interesse ricevuto. Anche se ancora da Rfi non mi hanno richiamata ho più fiducia. Vorrei però delle certezze e spero che i risultati arrivino davvero. Inoltre, sono contenta, perché nei paesi limitrofi adesso ci sono altri ragazzi disabili che hanno iniziato a denunciare disagi relativi ai mezzi pubblici. Penso però che certi disservizi non si debbano risolvere solo con delle denunce… Servirebbe altro.
Però hai tanti alleati nella tua battaglia…
Sì, la mia famiglia in primis, poi il gruppo di studenti/colleghi, una decina in tutto, che mi aiutano e mi spingono tra le varie sedi universitarie. Anche se la strada è piena di buche e scomodi ‘sanpietrini’ e non è sempre facile trasportarmi ridiamo tanto e, per fortuna, non sono mai caduta. Poi, ho trovato molto sostegno anche nell’Università di Bologna. Ora servirebbe un segnale concreto che le cose promesse si stiano realmente avverando. (irene leonardi)