31 ottobre 2014 ore: 16:50
Immigrazione

Stop al Moas, soccorsi 3 mila migranti. "Per ripartire servono 400 mila euro al mese"

Ultimo giorno in mare per la Phoenix I, l’imbarcazione del Migrant offshore aid station, prima esperienza di soccorso “privato” di migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Catrambone: “Ora bisogna trovare il modo di rendere sostenibile il progetto”
Barcone blu carico di immigrati, sbarchi

ROMA – In 60 giorni di missioni in mare soccorsi 3 mila migranti in difficoltà nello stretto di Sicilia, ma per continuare le operazioni servono almeno 400 mila euro al mese. È questo il primo bilancio del Moas, Migrant offshore aid station, la prima organizzazione di soccorso per migranti in difficoltà in mare finanziata completamente da privati, che oggi termina le proprie operazioni in mare. In due mesi di attività la Phoenix I, l’imbarcazione di 40 metri utilizzata dal Moas per soccorrere i migranti, è tornata nel porto della Valletta a Malta e non ripartirà finché l’organizzazione non avrà raccolto fondi necessari per poter rifinanziare le operazioni. Ma per quest’anno, spiega l’organizzazione, non ci saranno altre missioni. “Come previsto – spiega una nota dell’organizzazione -, il Moas chiuderà le sue operazioni per l'inverno per imbarcarsi in una campagna di raccolta fondi con la speranza di ricominciare a salvare vite umane anche il prossimo anno”.

Nato da un’idea di una coppia di imprenditori italoamericani residenti a Malta, Regina e Christopher Catrambone, il Moas ha dato il via alle operazioni in mare il 25 agosto scorso. Da allora, in tre distinte missioni di 20 giorni sono stati soccorsi e ospitati a bordo della Phoenix 1.415 migranti a cui è stata fornita anche assistenza medica, oltre ad assicurare loro beni di prima necessità. Il Moas, inoltre, ha assistito le autorità italiane contribuendo a trasferire circa 1.400 migranti su imbarcazioni italiane e della Marina. Tutti i migranti assistiti dal Moas, spiega l’organizzazione, sono sbarcati in Italia sotto il controllo delle autorità italiane.

Per quest’anno, spiegano i coniugi Catrambone, le operazioni sono state finanziate interamente con fondi propri, ma per continuare le attività servono altre risorse che attualmente la raccolta fondi avviata online sul proprio sito internet (www.moas.eu) non è riuscita a garantire. Nonostante questo, il progetto ha avuto una risonanza mondiale e i coniugi Catrambone si dicono soddisfatti. “È stato un successo – spiega Christopher Catrambone -. Abbiamo dimostrato al mondo che abbiamo le risorse e le professionalità per effettuare salvataggi in mare. Tutte le nostre operazioni di soccorso hanno avuto successo. Ora abbiamo bisogno di trovare un modo per rendere il progetto sostenibile nel lungo periodo”.

Gli appelli dei due imprenditori diffusi attraverso la stampa internazionale, però, ad oggi non hanno raccolto risposte in grado di sostenere le attività finora sostenute di tasca propria. “Christopher e sua moglie Regina Catrambone hanno finanziato l'intera operazione di quest'anno – spiega una nota del Moas -. Tuttavia, non sono in grado di continuare a finanziare il progetto per conto proprio”. Per i Catrambone, quindi, si prospetta una nuova sfida, quella della raccolta fondi per far sì che la Phoenix I possa tornare in mare il prossimo anno. “Abbiamo già ricevuto alcune donazioni – spiega Regina Catrambone -, ma quella del Moas è una missione che costa almeno 400 mila euro al mese per operare in modo efficace. Per questo abbiamo bisogno di trovare altri donatori e partner intenzionati a salvare vite umane”.(ga)

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