Strage migranti, Cospe: “Cinismo criminale delle istituzioni europee”
Foto: Emiliano Mancuso/Contrasto
ROMA – “L’ennesima strage di persone che cercano di arrivare in Italia e in Europa attraverso il Mediterraneo esige l’individuazione di tutti i soggetti che avrebbero potuto prevenirla ma si sono astenuti dal farlo. Dalle cronache degli ultimi sette mesi, appare chiara la responsabilità, per inazione, della Commissione europea la quale, alla vigilia del primo anniversario del naufragio del 3 ottobre 2013 che causò la morto di 366 persone, chiese al governo italiano d’interrompere le operazioni di ricerca e salvataggio nel mar Mediterraneo di profughi, richiedenti asilo ed aspiranti migranti”. Lo sottolinea in una nota il Cospe, che dopo la strage di sabato scorso punta il dito contro il “cinismo criminale delle istituzioni europee”.
“In sostituzione dell’iniziativa italiana che aveva salvato oltre 150 mila persone in 12 mesi, l’Ue ha lanciato la sua Operazione Triton – continua la nota - Senza giri di parole, più di un rappresentante delle istituzioni dell’Unione sostenne che l’operazione “Mare Nostrum” avviata e gestita dall’Italia era la causa delle partenze dalla Libia. Mettere fine a tale operazione avrebbe, secondo la logica cinica del Frontex, messo fine alle partenze perché le persone partono perché sanno che verranno salvate. Sostennero inoltre gli esperti della Commissione che con l’arrivo dell’inverno le partenze sarebbero cessate. Entrambe le previsioni sono state smentite perché le persone hanno continuato a partire e purtroppo, in migliaia da allora, sono morte in mare".
“Non possiamo continuare con la contabilità dei morti e la commozione e rabbia che accompagna queste tragedie e coloro che hanno il potere/dovere di decidere se salvare le persone in pericolo continuano a non decidere” continua il Cospe che chiede l’attivazione da parte delle istituzioni europee di un’operazione di ricerca e salvataggio tra le coste libiche e quelle italiane; una corsia preferenziale ed accelerata sotto il controllo dell’Unhcr, per identificare e consentire l’ingresso in Europa alle persone intrappolate in Libia e nei paesi vicini in attesa di partire per l’Europa, ripartendole fra tutti i paesi Ue e , infine, la sospensione di Dublino per consentire ai richiedenti protezione internazionale di poter raggiungere familiari in altri Paesi diversi da quello di approdo.
“Le persone partono dalla Libia, paese in conflitto armato e disgregato, senza autorità certa in grado di controllare le attività di chi si arricchisce organizzando il trasporto clandestino attraverso il Mediterraneo – conclude la nota - Chi fugge dal proprio Paese natale in guerra non ha motivo per fermarsi in Libia ed è costretto a prendere l’unica possibilità di trasporto che può trovare per raggiungere l’Europa: il servizio dei trafficanti. I Paesi del sud Mediterraneo non sono in condizione di assumersi l’onere di fermare le partenze perché sopportano anche quello di avere sui propri territori molto più richiedenti protezione internazionale di quanti ne partano effettivamente”.