La cronaca parla di immigrazione, ma gli immigrati non possono intervenire. I problemi più raccontati dal giornalismo italiano sono quelli legati all’ordine pubblico, alla difficoltà in termini legislativi del fenomeno e ai problemi di convivenza
ROMA - Stranieri senza voce sia sulla carta stampata sia nell’informazione televisiva, ma molto più identificabili degli italiani. Un ulteriore dato che emerge dalla ricerca “Immigrazione e asilo nei media italiani”, realizzata dalla facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università La Sapienza di Roma e presentata oggi alla Camera, è la mancanza di “voce” dei protagonisti stranieri su quotidiani e telegiornali - e quindi l’assenza di un loro spessore umano - che si traduce nella mancanza del diritto di parola per chi è citato o interpellato all’interno del servizio o della notizia. “L’immigrazione quindi viene fatta parlare dalla cronaca ma non può intervenire, così come uno spazio quasi nullo viene dato agli studiosi del settore, al mondo dell’associazionismo e della società civile che di questi problemi quotidianamente si occupa”, si legge nel rapporto. E le dimensioni problematiche di gran lunga più raccontate dalla cronaca giornalistica sono quelle legate all’insicurezza e all’ordine pubblico (nel 70% dei telegiornali e nel 56,5% dei quotidiani), alla difficile gestione in termini legislativi del fenomeno migratorio (il 33% nei quotidiani e il 32% nei tg), ai problemi di convivenza (nel 29% degli articoli e nel 22% dei servizi).
Se poi si osservano i trend relativi al totale delle notizie di cronaca – cioè quelle che non riguardano solo i migranti – dalla ricerca si evince anche come “la percentuale di immagini o informazioni che possono portare all’identificazione di persone colpevoli di atti di violenza sia maggiore per gli stranieri”. Lo studio rileva ad esempio che, rispetto ai 97 servizi di tg in cui si cita la provenienza non italiana del colpevole di un crimine, 55 riportano informazioni o fotografie che possono portare a identificare la persona colpevole della violenza. I quotidiani invece si segnalano per un ricorso meno frequente alle immagini di minori stranieri di quanto non accada nei tg, “probabilmente per il diverso peso che hanno le foto sulla stampa e per la necessaria semplificazione che talvolta impone il formato televisivo”. L’indagine ha permesso quindi di individuare anche le violazioni dei codici deontologici della professione giornalistica: attraverso le analisi sugli articoli e i servizi “si rafforza l’idea che la deviazione dalla prassi sia una routine e che per la descrizione delle vicende, criminali e non, che riguardano i migranti non occorrono tutele particolari”. (mt)