Strutture per anziani, le tre “rivoluzioni” imposte dalla pandemia
ROMA – Le strutture per anziani non potranno più essere come erano prima del Covid. Ne è certo Franco Pesaresi, attento osservatore e conoscitore di questo mondo, che in una riflessione sul suo blog mette a fuoco proprio le “tre cose che abbiamo imparato dalla vicenda Covid-19. “L'esperienza delle strutture per anziani è stata drammatica in Italia, anche se in Europa è andata molto peggio – ricorda - Cosa ci portiamo nella nuova fase di questa esperienza?”, si domanda? Ed ecco le quattro piccole, grandi rivoluzioni rese necessarie dalla pandemia.
Primo, la formazione: “Il personale delle strutture residenziali per anziani non è personale di serie B – afferma - La formazione di questi operatori va fa fatta con la stessa con cui si forma il personale dell'ospedale”.
Secondo, un nuovo equilibrio. “La seconda questione è quella relativa a fare le cose giuste: in questo periodo vediamo molti eccessi – osserva Pesaresi, riferendosi alle misure preventive adottate all'interno delle strutture -Vanno riviste le procedure per trovare il giusto equilibrio tra sicurezza e attenzione alle esigenze dell'ospite della struttura residenziale”. Ci spiega a tal proposito Pesaresi: “Occorre adottare tutte le misure e le precauzioni della gestione della pandemia ma nel contempo, laddove non ci siano casi positivi, con le precauzioni necessarie si riapra senza indugio alle visite dei parenti nelle strutture residenziali. Perché le visite dei parenti, dopo tanti mesi di isolamento, hanno un grande valore terapeutico e definiscono la qualità della vita degli ospiti delle strutture residenziali”.
Terzo punto, l'isolamento, che quando non può essere evitato, deve essere adeguatamente gestito. A tale isolamento infatti “le strutture residenziali non erano abituate: non hanno spazi, non hanno dedicato attenzione alla fese dell'isolamento. Da domani non potrà essere più così – afferma Pesaresi -: ogni struttura dovrà essere spazi e organizzazioni per curare la necessità dell'isolamento, quando ci sono rischi, quando un anziano va in ospedale e poi ritorna, quando c'è da monitorare una situazione. Questo cambierà radicalmente l'organizzazione delle strutture per anziani, ridurrà i loro spazi e occorrerà fare in modo che si ripensi all'organizzazione”.
Quarto e ultimo punto, il ruolo del Servizio sanitario nazionale, che “deve coordinare e supportare in modo molto più incisivo il settore della residenzialità. Questo settore è fatto di strutture che non hanno avuto e non hanno neanche ora la forza di far fronte da sole ad un evento come quello che abbiamo vissuto – osserva Pesaresi - Inoltre i settori della sanità e della long-term care sono troppo separati nel nostro sistema. Il servizio sanitario deve ora porsi l'obiettivo di coordinare in modo importante il settore e, laddove necessario, supportare le strutture più in difficoltà nel caso di situazioni di positività importanti”.