16 gennaio 2014 ore: 12:33
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Sud Sudan, cosa c’è dietro una crisi che rischia di sfuggire di mano

Mancanza di volontà nella democratizzazione, bassa qualità dei servizi e soprattutto la lotta di potere tra il presidente Kiir e il suo ex vice Machar. Che lotta per nuove elezioni. L’analisi di News from Africa
Sud sudan, donna in un campo profughi

In esclusiva da News from Africa
NAIROBI – La crisi in Sud Sudan, iniziata come una rivolta il 14 dicembre, continua a minacciare la pace regionale, con entrambe le parti in causa che adottano una linea dura alle trattative di Addis Abeba. Mentre la delegazione del presidente Salva Kiir sostiene che le negoziazioni possono solo avvenire in maniera incondizionata, le fazioni ribelli alleate all’ex vicepresidente Riek Machar richiedono il rilascio dei sospetti cospiratori del colpo di stato prima di avviare qualsiasi trattativa significativa.

L’impasse non lascia presagire nulla di nuovo per la più giovane nazione dell’Africa che ha ottenuto l’indipendenza in seguito alla secessione dal suo vicino del nord dopo decenni di guerra civile che ha causato la morte di più di due milioni di persone. Appena nove anni dopo la firma del Trattato di pace che ha messo fine alla guerra fra il Partito del congresso nazionale (Splm) di Khartoum ed il Movimento per la liberazione del popolo del Sudan (Spla), una nuova guerra civile ora incombe sul Sud Sudan, con più di 1000 persone già rimaste uccise ed altre 200 mila allontanate in seguito al tentato colpo di stato che il Presidente Kiir attribuisce al suo ex vice, ora nemico, Machar.

Ma le cause alla base della crisi risiedono nella mancanza di volontà di democratizzazione e nella bassa qualità dei servizi di base forniti al pubblico. Inoltre, c’e sempre stata una tensione latente fra le comunità etniche dei Dinka e dei Nuer a cui Kiir e Machar appartengono rispettivamente. Quello che è stato poi identificato come un tentativo di colpo di stato da parte di Kiir era inizialmente una battaglia fra le guardie presidenziali provenienti dalle comunità Dinka e Nuer. Non si può negare che dall’indipendenza nel luglio del 2011, i settarismi tribali sono continuati regolarmente, in particolare nello stato dello Jonglei.

Secondo Mehari Taddele Maru, consulente internazionale per gli affari dell’Unione Africana e ricercatore al College per la difesa della Nato, i tratti etnici facilmente identificabili, in particolare la forma dei Dinka e dei Nuer, vengono usati per scopi politici e per il dominio all’interno del partito. “Con migliaia di persone presumibilmente uccise, e decine di migliaia allontanate per motivi etnici, il Sud Sudan è sull’orlo della guerra civile. In questa situazione, profittatori da ed oltre la regione potrebbero sfruttare la situazione a proprio vantaggio. Se non viene gestita in maniera responsabile da Splm e dallo Spla, e con uno sforzo concentrato da parte della comunità internazionale e di quella Pan-africana, questa crisi potrebbe portare alla guerra civile,” mette in guardia Maru.

Inutile dire che l’attuale crisi ha serie conseguenze ed implicazioni per tutto il Corno d’Africa. Mentre la situazione in Somalia rimane fragile, la Repubblica del Sudan e lo Stato di Eritrea vanno incontro a un futuro precario. La cosa più terribile per l’intera regione tuttavia è l’eventualità di un altro fallimento dello stato sotto forma del Sud Sudan.

Sostanzialmente, la pace nel Sud Sudan sarà restaurata soltanto con l’apertura dello spazio democratico, che permetta a Machar di sfidare Kiir nella corsa alla presidenza nel 2015. Allo stato attuale, la comunità Nuer in generale, inclusi i membri dello Splm e i soldati dello Spla, così come la Rete della Missione Cristiana Nuer appoggiano appieno le ambizioni presidenziali di Machar.

La comunità è stata particolarmente stimolata dal licenziamento di Machar e del governatore dello stato dello Unity (da dove previene Machar), Taban Deng. Un Sud Sudanese che vive nella città di Eldoret nella Rift Valley in Kenya e che ha chiesto di rimanere anonimo afferma che la comunità si sente frustrata e guarda a Machar come suo unico salvatore.

Abbiamo combattuto per l’indipendenza ma Salvar Kiir ha mostrato atteggiamenti dittatoriali ed arroganza nel nominare soltanto membri della comunità Dinka in posizioni di potere. Siamo pronti ad prendere la strada più dura sé questo è quello che serve per cambiare la situazione”, ha detto.

Dopo tutto, il problema del Sud Sudan può essere riassunto come una lotta per il potere all’interno del partito. “Questo importantissimo risvolto dei destini politici, per i due principali leader del territorio, ha preparato il campo per la prima e, certamente, la più litigiosa resa dei conti nei due anni di indipendenza della nazione avvenuta il 9 Luglio del 2011”, osserva Akshaya Kumar, analista delle politiche del Sudan e del Sud Sudan per Enough Project.

Secondo Kumar, Machar, ingegnere meccanico per formazione, ha citato numerose (apparentemente valide) ragioni e motivazioni per il suo a lungo coltivato desiderio di cacciare Kiir il prima possibile. Fra i vari motivi, Machar cita il “totale fallimento” di Kiir nel frenare il tribalismo sistemico e la corruzione nel paese; il fallimento nell’ideare piani nazionali politici ed economici efficaci e il misero fallimento nel progettare programmi politici per rinforzare la nuova identità nazionale e condividere i frutti dell’indipendenza fra tutte le comunità, come precedentemente auspicato.

In contrapposizione, Kiir, di professione generale dell’esercito, che si è raffigurato come vero rappresentante e guardiano delle aspirazioni del popolo del Sud Sudan come stato sovrano, sembra più determinato che mai a restare attaccato al “suo” trono, contrariamente alle precedenti dichiarazioni dove affermava che avrebbe dato le dimissioni una volta che la nazione fosse divenuta indipendente. Al contrario, Kiir ora afferma che la sua priorità durante il turbolento Periodo Provvisorio era stata quella di assicurare unicamente che il Sud Sudan divenisse indipendente, ma ora che il Sud Sudan si è saldamente assicurato la propria (forse politica) indipendenza, gli dovrebbero essere dati altri quattro anni per concentrarsi sugli aspetti più importanti dello sviluppo politico ed economico nazionale. (Zachary Ochieng. Traduzione di Sara Marilungo)

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