Suicidio all’Opg di Napoli. Antigone: “Dubbi sull’effettiva vigilanza”
NAPOLI - La scorsa notte un internato di 35 anni, all’ultimo stadio dell’Hiv, si è tolto la vita nell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Napoli, impiccandosi con delle lenzuola. L’estremo gesto sarebbe stato realizzato con l’aiuto di alcuni compagni che avrebbero dato fuoco ad alcune suppellettili, creando una situazione di confusione tale da agevolare il suicidio. “Dopo quello di E.A. deceduto il 19 giugno 2013, è il secondo suicidio a mezzo impiccagione che si verifica nell’Opg di Napoli-Secondigliano nell’arco di soli tre mesi”. E' quanto dichiara Mario Barone, presidente di Antigone-Campania e componente dell'Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione. “Nel rispetto della magistratura inquirente – continua - la dinamica della morte avvenuta la scorsa notte fa sorgere seri dubbi in ordine all’effettivo adempimento del potere-dovere di vigilare sui sofferenti psichici”.
“La legge n. 9/2012 aveva fissato al 31 marzo 2013, la definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari: il termine, già prorogato una volta, scadrà nuovamente il primo aprile 2014. Ad oggi, a due anni dalla legge di chiusura dei manicomi criminali, i sei opg italiani sono ancora in funzione ed è serio il rischio che lo saranno ancora. Del resto - sottolinea Barone la riforma Marino, pur introducendo delle strutture sostitutive di tipo sanitario, che pure ci lasciano dubbiosi, non ha modificato il meccanismo della misura di sicurezza”. “Essere sottoposti a misura di sicurezza significa avere incertezza sulla data di uscita dal manicomio – spiega - Le misure di sicurezza sono prorogabili all’infinito, con la conseguenza di determinare nel sofferente uno stato di prostrazione che può portare al gesto estremo”. “Chiediamo che venga fatta piena luce sull’episodio verificatosi l’altra notte nella struttura di Secondigliano - conclude il presidente di Antigone-Campania - Attiveremo in tal senso sia le figure istituzionali del territorio che quelle nazionali”.