21 giugno 2016 ore: 12:04
Giustizia

Telemedicina e cartella informatizzata per migliorare la salute in carcere

Intervista a Francesco Maisto, coordinatore del Tavolo 10 degli Stati generali che ha centrato i primi due obiettivi. “Risultato importante, dobbiamo garantire ai detenuti gli stessi diritti dei liberi”
Telemedicina

ROMA - La telemedicina e la cartella unica sanitaria informatizzata in carcere diventano realtà. Con un emendamento inserito nella legge di Stabilità e uno stanziamento annuo di 400 mila euro, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha segnato uno dei punti più significativi nella complessa rivoluzione del sistema penitenziario italiano avviata con gli Stati generali sull’esecuzione penale. Un risultato importante che migliorerà le condizioni di salute degli oltre 50 mila detenuti rinchiusi negli istituti di pena della penisola (53.873 al 31 maggio 2016), condiviso con chi il progetto di una sanità penitenziaria informatizzata l’ha pensato, strutturato e proposto ma finora solo immaginato, all’ombra dell’ostacolo maggiore: la prevedibile mancanza di risorse.

“Fino a qualche mese sembravano impensabili da realizzare in tempi brevi, ora invece la telemedicina e la cartella sanitaria unica informatizzata per i detenuti sono realtà”. Francesco Maisto, già presidente del tribunale di sorveglianza di Bologna, coordinatore del Tavolo 10 degli Stati generali, “Salute e disagio psichico”, non nasconde la propria soddisfazione. Il progetto di introdurre uniformemente l’informatica nel sistema sanitario penitenziario, affidato da qualche anno al servizio sanitario nazionale, è arrivata dal suo Tavolo ed è il risultato di mesi di lavoro e di ricerca.
Le prime due proposte avanzate dagli esperti sono state accolte a pochi mesi dalla chiusura della prima fase degli Stati generali. E il risultato è notevole, come ha sottolineato anche lo stesso ministro nella riunione con il coordinatore del comitato scientifico, Glauco Giostra, e i coordinatori dei 18 Tavoli per dare seguito al lavoro di ricerca e individuare “gli interventi in materia penitenziaria da poter mettere in campo nel breve periodo attraverso prassi amministrative, circolari e regolamenti di rapida adozione”.

Cosa cambia. Con l’introduzione della telemedicina in carcere sarà possibile realizzare esami diagnostici a distanza, riducendo i tempi di attesa, migliorando le prestazioni e abbattendo i costi di trasferimenti, scorte e piantonamenti. Con la cartella unica sanitaria informatizzata invece si ha la possibilità di garantire la continuità terapeutica e la comunicazione dei dati da un istituto all’altro, con notevole apporto al lavoro del personale sanitario.

Dipartimenti e Federsanità nella convenzione al centro dell’emendamento. Ecco il testo dell’emendamento con il quale sono stati stanziati 400 euro l’anno per il progetto:  “E’ autorizzata a decorrere dal primo gennaio 2016, nel limite massimo di spesa di 400 mila euro annui, la stipulazione di una convenzione tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia, il dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità del medesimo ministero, le aziende socio-sanitarie e i comuni (Anci – Federsanità), per l’integrazione socio-sanitaria e per la realizzazione all’interno del Servizio sanitario nazionale di una piattaforma informatica di trasmissione dei dati sanitari delle persone detenute sviluppata dalla direzione generale per i sistemi informativi automatizzati del ministero della Giustizia cui sono assegnate le risorse. La piattaforma è finalizzata alla gestione di un servizio di telemedicina in ambito carcerario, sia adulto che minorile”.

Il detenuto viene trasferito, ma i dati sanitari restano “imprigionati” nell’istituto precedente. Ecco perché la piattaforma è così importante. “Non è solo una questione tecnologica - spiega il presidente Francesco Maisto - . Il nodo di fondo è assicurare il diritto fondamentale alla salute ai detenuti e agli internati nella stessa misura in cui lo si assicura, per quanto ridotto oggi, ai cittadini liberi. Per i detenuti c’è una ulteriore riduzione che dipende dalla detenzione e dalla situazione istituzionale perché accade anche, paradossalmente, che dove c’è stato un passo in avanti dal cartaceo all’informatico, per esempio in Emilia Romagna in cui da un anno si è realizzata la cartella sanitaria unica a livello regionale, quando un detenuto viene trasferito, e succede spesso, non trasmigrano anche i dati sanitari insieme a lui. Così si crea una regressione: perché un tempo insieme al curriculum giudiziario e penitenziario trasmigravano anche la cartella sanitaria e il diario clinico. Adesso, abolito il cartaceo, per le norme sulla privacy la Asl che si occupa del detenuto per esempio nel carcere di Bologna, non mette a disposizione gli stessi dati in informatico se il detenuto entra nel carcere di Vigevano. Per cui, quando il detenuto arriva, diventa un nuovo giunto anche se soffre per gravi patologie e con la cartella clinica bisogna ricominciare daccapo. Questo accade non solo perché non c’è una piattaforma nazionale ma anche perché ogni Asl ha la competenza e la responsabilità sui dati sensibili del detenuto in carico”.

Questione di privacy. Chi può accedere ai dati sanitari dei detenuti? “Il problema della trasmigrazione dei dati sanitari sensibili dei detenuti è fondamentale. Ci sono state almeno due Asl censurate dal garante della privacy. Il nodo è individuare chi può accedere a questi dati sensibili: da medico a medico, da Asl ad Asl. Ma anche da parte dell’autorità penitenziaria carceraria – continua Maisto -. In questo ambito ci sono due delibere del garante della privacy. E’ il caso della delibera che riguardava due semilibere con problemi di tossicodipendenza che rientravano a Sollicciano: il direttore aveva imposto le analisi a tutte le donne della sezione semiliberi ma la decisione è stata censurata dal garante. Ora che sono stati stanziati i fondi per la piattaforma, resta da risolvere il problema della riservatezza dei dati, ma per quello bastano le circolari e il parere del garante della privacy”.

Un gruppo di lavoro dovrà indicare cosa inserire nella cartella sanitaria informatizzata. “Nella riunione con il ministro Orlando - racconta il presidente Maisto -, per il Tavolo 10 ho dato atto dell’impegno del Guardasigilli per l’emendamento sulla telemedicina in carcere introdotto nella legge di stabilità, ma ho anche fatto presente che, coperti i costi e avviata la convenzione, ora bisogna affrontare il problema della gestione della piattaforma. Per questo ho proposto la creazione di un gruppo di lavoro preliminare che dica cosa deve contenere la cartella sanitaria informatizzata. Il gruppo dovrebbe essere costituito da professionisti di diverse competenze, come quello del nostro Tavolo ad esempio: giuristi, penitenziaristi, medici, ingegneri e tecnici perché sia il portale che le schede sanitarie siano formulate secondo le necessità. Non basta, assolutamente, creare la piattaforma e fare copia-incolla dal cartaceo”.

Chiusura Opg, superare le categorie: l’infermità mentale diventi patologia psichiatrica. “Il terzo punto che ho trattato – conclude Maisto -, in questa fase di chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e di collocazione delle persone nelle Rems, riguarda la necessità di modificare i capi di differimento della pena per motivi di disabilità psichica: in pratica, superare il concetto di infermità e semi infermità a favore della ‘patologia psichiatrica’, accezione più ampia che facilita l’accesso alla detenzione domiciliare dei detenuti con patologie psichiatriche”. (Teresa Valiani)

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news