3 luglio 2015 ore: 13:23
Immigrazione

Tendone degli afgani a Roma, le associazioni: “Sconfitta per la città”

Continua il botta e risposta fra assessore alle Politiche sociali e Municipio sulla chiusura della struttura. Chiesto un incontro urgente sul futuro dei migranti e degli operatori. “La prima emergenza è la loro dispersione sul territorio”. “Da piazza Vittorio mandati via dai carabinieri”
Roma - tensostruttura afghani 3

ROMA - Una lettera di richiesta di incontro urgente all'assessore alle Politiche sociali Francesca Danese con tutta la rete territoriale che nel tempo si è occupata degli afgani in transito, per chiedere spiegazioni di una chiusura senza alternative, e spiegata a mezzo stampa, e del destino degli afgani e degli immigrati “transitanti” in generale. È la decisione presa ieri sera nell'assemblea organizzata dal Municipio VIII presso la tensostruttura di Tormarancia, ormai in fase di smantellamento. Una trentina di rappresentanti del mondo associativo (Medu, A Buon Diritto, Medici contro la Tortura, Asinitas, San'Egidio, Agenzia dei diritti, Casa dei Diritti, Brigata Garbatella, Action), una delegazione di afgani, il minisindaco Andrea Catarci riuniti in cerchio alla ricerca di un po' di ombra, mentre dentro al tendone sono accatastati gli ultimi materassi da portare via. All'incontro era stata invitata anche Danese, che ha declinato, mentre continua il duro botta e risposta a distanza a suon di comunicati sempre più duri sulle motivazioni della chiusura e sul destino degli ex ospiti.

Roma, la struttura che ha ospitato gli afgani in transito ai giardini di piazza Vittorio
Tendone afgani ai giardini di piazza Vittorio4

È una sconfitta per tutta la città – esordisce Cristiano Bartolomei, presidente di Brigata Garbatella, associazione di protezione civile – e un dramma per questi ragazzi, che non vogliono restare in Italia e qui sono di passaggio, cercano un conforto e un domani. Qui non è in questione il Pd o Sel, qui è in questione la comunità, e prima di prendere la decisione di chiudere avrebbero dovuto fare un passaggio con il Municipio e con tutti noi, che conosciamo la situazione e la seguiamo fin dai tempi della stazione Ostiense”. Buona parte dei presenti, infatti, fa parte della rete territoriale nata una decina di anni fa con l'emergenza allo scalo ferroviario. Brigata Garbatella preparava pasti caldi e forniva coperte. “Ora a Tiburtina ci sono solo la Croce Rossa e l'esercito, noi ci occupiamo solo della raccolta beni che stiamo tutt'ora portando, ma immaginiamo la difficoltà per chi scappa dalle guerre a stare in un campo coi militari. Qui invece l'ambiente era familiare, e dopo le prime scazzottate si è creato un percorso di accoglienza”.

Si è passati dall'accoglienza allo sparpagliamento sul territorio – commenta Catarci -, in una maniera che non esito a definire vigliacca, perché i transitanti afgani sono i più deboli, non si organizzano come le comunità dei sudanesi, che a fronte di una ribellione compatta hanno ottenuto una proroga”. Il riferimento è al centro di Scorticabove, che doveva essere chiuso lo stesso giorno della tensostruttura. “Non si può chiudere un'esperienza unica e sperimentale come questa, che ha accolto oltre 11 mila persone, per burocrazia, spese eccessive o questioni con l'Ipab San Michele, proprietaria degli spazi. Se ci sono sospetti sulla cooperativa si cambi gestore, tutta rete territoriale ha diritto di chiedere conto del perché questa esperienza viene azzerata, per una scelta grave di Danese e nel silenzio assoluto del sindaco e della giunta. Questa chiusura qualcuno se l'accolla”. Qualcuno commenta che è curioso che ci si trovi a difendere situazioni come un tendone provvisorio, perché l'alternativa è la strada. “È anche strano che un municipio lotti per avere un centro di accoglienza, mentre cercano tutti di disfarsene”, aggiunge Catarci.

Roma, la struttura che ha ospitato gli afgani in transito ai giardini di piazza Vittorio
Tendone afgani ai giardini di piazza Vittorio6

Dall'Assessorato arrivano ulteriori precisazioni, sul fatto che l'alternativa proposta dal Municipio negli anni, a Tor Carbone, risultava eccessivamente onerosa e non c'erano i finanziamenti, e sulla presa in carico di tutte le situazioni di fragilità e monitoraggio degli afgani senza punti di riferimento, mente la maggioranza è stata indirizzata in strutture alternative, sottolineando che non si potesse tenere in piedi un centro che ospitava solo 13 persone. La versione degli operatori e del Municipio è invece che i numeri fossero così diminuiti a causa del rifiuto di accettare nuovi ingressi, nonostante anche durante l'incontro arrivi un giovane afgano che scopre con espressione dispiaciuta che il posto per dormire non esiste più.

Il tendone per noi era molto importante, va trovato un punto di riferimento, sennò è un casino per noi ma anche per voi – spiega Shadam, traducendo in simultanea le parole della delegazione di afgani intervenuti, che si stanno costituendo in associazione, Afghan Community Italia, e completeranno le procedure alla fine del Ramadan -. Ieri abbiamo incontrato gruppi di ragazzi che andavano a piedi da Centocelle a Torpignattara, e a piazza Vittorio adesso non c'è nessuno perché sono stati sgomberati dai carabinieri”.

Spiega che sono circa cinquemila gli afgani presenti sul territorio, che però hanno difficoltà ad aiutare i connazionali in transito a causa delle precarie condizioni abitative e lavorative. “Sono circa 200, ma nonostante il passaparola non riusciamo a parlare con tutti”. Un altro delegato aggiunge la preoccupazione legata a questo sparpagliamento: “Al tendone si era creato anche un codice di comportamento e di convivenza, ora se qualcuno si mette nei guai o delinque non ne abbiamo cognizione, ognuno è da solo”.

Anche Maria Chiara Turrin, della Comunità di Sant'Egidio, sottolinea la necessità immediata di fare una ricognizione della situazione: “La prima emergenza è la dispersione su territorio, ora dobbiamo capire dove stanno. Vi è inoltre un problema di accoglienza su tutta la città”. Il rischio è anche che si crei allarme sociale a causa di persone che cercano giacigli di fortuna.

Giovanna Cavallo, di Action, che fa parte anche della commissione territoriale delle richieste di asilo, allarga il discorso alla gestione complessiva del fenomeno in città: “Lo scorso settembre, quando era assessore Cutini, sono stati stanziati tre milioni di euro per la questione transitanti, ma gli alloggi non sono mai stati realizzati, e si è fatto invece un tendone a Tiburtina gestito dalla Cri nella solita logica emergenziale. Inoltre abbiamo già denunciato che il centro Baobab è gestito da un delatore dell'ambasciata eritrea, cosa molto grave. Si dovevano trasformare i centri di accoglienza in Sprar, il contributo è passato da 20 a 38 euro, che dovevano servire a progetti di inclusione, ma le condizioni sono rimaste le stesse, alcuni sono aperti solo 12 ore al giorno. Con Mafia Capitale si è poi bloccato tutto, e solo il 20 giugno ci è stato chiesto un aiuto come volontariato. Ma dobbiamo costruire un dibattito pubblico che prescinda dall'emergenza e coinvolga gli enti di prossimità, chiedere conto a Danese di quei tre milioni di euro e del futuro degli Sprar. Ma se non otteniamo un incotro andremo in presidio”. Le fa eco Valentina Brinis, di A Buon Diritto, che sottolinea la necessità di trasparenza. “Si è parlato del Ferrhotel prima ancora del tendone di Tiburtina, ma si creano soluzioni già sapendo che sono insufficienti”.

Anche Simona Panzino, dell'Agenzia dei Diritti del Municipio, spinge per un'azione più politica: “C'è un grande avvilimento, dagli sgomberi, alla chiusura di Schengen, fino alla chiusura del tendone. Dobbiamo fare un presidio per la dignità, raccontare cosa succede e promuovere un modello di accoglienza diversa. Ora non trattano l'argomento, lo cancellano, così come per le altreemegenze, abitativa, lavorativa eccetera”

Dino Gasperini, assessore alle Politiche Sociali del Municipio Roma VIII, confida nell'ascolto dell'assessora: “Viene dal mondo del volontariato. Chiediamo immediatamente un tavolo di confronto, entro la prossima settimana, per soluzioni concrete e propositive sull'esperienza fatta, e chiededendo quale sia la proposta sui transitanti, chiarezza sui costi, e il futuro dei lavoratori della cooperativa”. (Elena Filicori)

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