Terremoto: riaffiora il trauma, psicologi volontari per superare la paura
- ROMA - Le nuove scosse hanno riattivato il trauma tra i terremotati accolti lungo la costa adriatica, ma la voglia di ritornare sulla propria terra “supera la paura”. A parlare è il team di 18 psicologi dell’associazione Psy + Onlus che insieme a InterSos è impegnata in un progetto di sostegno psicologico a favore delle popolazioni colpite dal terremoto del Centro Italia a partire dal 24 agosto dello scorso anno, data della prima violenta scossa. Un trauma, quello vissuto da quanti sono oggi accolti negli alberghi di alcuni paesi che si affacciano sull’Adriatico, che è tornato a galla dopo le quattro forti scosse di terremoto di ieri. “Smarrimento e totale precarietà” sono i due principali stati d’animo registrati tra i terremotati, spiegano le organizzazioni. “Le nuove scosse hanno avuto un impatto abbastanza forte - racconta Giuseppe Scurci, psicologo e segretario generale di Psy + Onlus -. Abbiamo visto fenomeni regressivi, persone raccolte nelle hall degli alberghi o che hanno trascorso la notte in macchina. Anche se si tratta di un trauma è collettivo, però, ci sono persone che hanno fragilità precedenti al sisma e necessitano di un supporto maggiore. Per loro è stato un tornare indietro e rimettersi nella giusta direzione sarà una fatica in più”.
Sono quasi 300 le persone seguite dal progetto che ha visto due fasi di intervento. Una prima fase di supporto psicologico di emergenza, subito dopo il sisma del 24 agosto; la seconda ha visto gli psicologi volontari seguire i terremotati sulla costa adriatica per assisterli nell’elaborazione del trauma, nell’affrontare la difficile vita da sfollati e nel facilitare il progressivo ritorno alla normalità. “Siamo impegnati dall’immediata emergenza, subito dopo il primo sisma - racconta Scurci -. A fine agosto avevamo già una squadra sul posto per valutare l’intervento. Siamo stati coinvolti da InterSos e abbiamo accompagnato le persone lungo le due fasi dell’intervento. Due lavori molto diversi: il primo di contenimento emotivo, un lavoro psicologico integrato alle attività della protezione civile e costruito sulla presenza costante 7 giorni su 7, come accade anche ora. Le persone hanno avuto come punto di riferimento sempre gli stessi psicologi. All’inizio era uno stare lì a disposizione parlando della quotidianità, del freddo, della pioggia o della scomodità dei moduli bagno. Poi emergeva il vero vissuto su cui fare un lavoro psicologico”. Diverso il lavoro fatto nella seconda fase. “Facciamo il giro degli alberghi dove sono ospitati gli sfollati e poi c’è uno sportello di ascolto, un presidio fisso in una ex scuola di San Benedetto del Tronto in cui si prendono gli appuntamenti e ci sono persone che vengono anche due volte alla settimana”.
Sono i bambini e gli anziani quelli ad aver avuto maggiori difficoltà. “I bambini sono sottoposti allo stress del trauma dovuto al sisma e del trasferimento - spiega Scurci -. Vivono una realtà artificiale e soprattutto sono inseriti in un contesto che non è così di supporto, perché anche i genitori sono traumatizzati”. Ed è così, continua Scurci, che il lavoro fatto con i bambini diventa un intervento più ampio rivolto all’intera famiglia. Poi ci sono gli anziani. “Nei loro contesti di origine sono molto radicati alla routine quotidiana - aggiunge Scurci -. Parliamo di comunità legata a prassi tradizionali, all’allevamento. Quando manca questo soffrono molto la sedentarietà, la monotonia della vita in albergo. Uno dei primi interventi della protezione civile per alleviare l’angoscia degli anziani nei campi, ricordo bene, è stato quello di spostare i piccoli animali domestici dentro il campo. Le galline, ad esempio. Sembra banale ma ha un risvolto importante”.
Intanto, tra le hall e le stanze d’albergo di San Benedetto del Tronto qualcosa di positivo sta riemergendo e i segnali sono confortanti. “Abbiamo avuto segnali importanti - racconta Scurci - . Come quello della banda musicale di Accumoli. Piano piano, dalla tendopoli, si sono riorganizzati mostrando una forza enorme. Hanno cominciato a suonare e fare le prove e ad essere invitati da paesi circostanti, ma non solo. Ultimamente sono stati invitati anche in Trentino. La banda rappresenta uno spaccato interessante del tessuto sociale di quei posti perché i componenti vanno dall’anziano al bambino che frequentata la scuola di musica”. Ci sono poi alcune esperienze di artigianato, come quella di empowerment comunitario attraverso un laboratorio di maglieria, chiamato “Accumoli in gomitolo”, ma non solo. Allo studio anche un gruppo falegnameria. “Ci sono delle attività che li tengono uniti e danno loro l’occasione di sperimentare in una fase che altrimenti sarebbe di stasi”. La voglia di ritornare e ricostruire il proprio territorio, però, è forte. “E’ nettamente superiore alla paura - racconta Scurci -. C’è la paura di ritornare in determinare condizioni, la paura della propria abitazione, che è qualcosa di lacerante a livello psicologico perché la casa rappresenta il luogo sicuro per eccellenza, ma il fatto di essere legati alla propria terra è quasi commovente per chi non li conosce. Sicuramente attendono con ansia il ritorno, anche nei moduli abitativi di legno”. Un percorso, quello del ritorno nelle casette, che vedrà impegnati anche gli psicologi di Psy + Onlus che accompagneranno le popolazioni colpite dal sisma fino al termine dell’estate. (ga)